L’acquisizione di Esso Italiana da parte dell’dell’Italiana Petroli (Gruppo Api) è un bel modo di celebrare i novant’anni di attività della società della famiglia Brachetti Peretti, ricorrenza che scatterà con l’anno nuovo. A differenza dei Garrone e dei Moratti, alla fine, delle tre dinastie imprenditoriali italiane del petrolio, quella dei Brachetti Peretti è stata 1 unica a essere riuscita a realizzare il proprio sogno industriale, dopo averlo accarezzato nel tempo, di creare il più grande gruppo privato nazionale degli idrocarburi. Un big che è riuscito addirittura a superare il colosso di Stato Eni nel business downstream delle stazioni di servizio.
Già, perché nel mercato italiano della vendita dei carburanti che vale oltre 100 miliardi di euro di fatturato (e garantisce ogni anno all’Erario circa 40 miliardi di incassi, fra accise e Iva) la compagnia di San Donato controllata dal Tesoro rimane il leader per erogato, ma dopo il colpo di mercato del 2018 sulle 2.600 pompe di benzina a marchio TotalErg, Ip vanta la più grande rete di distributori della Penisola. Tra le principali in Europa. L’ultimo grande deal appena messo a segno dall’antica famiglia marchigiana,i che nel `46 ha ottenuto il titolo di conte, è stato l’acquisto delle attività italiane del colosso petrolifero statunitense Esso, operazione di cui non è stato rivelato il prezzo, ma che ha consentito al gruppo Api-Ip di fare il terzo grande salto dimensionale della propria novantennale storia di crescita. Una storia che ha intrecciato i grandi cicli economici del Paese.
Partito come rappresentante di una multinazionale del greggio per la provincia di Parma, Ferdinando Peretti, uno dei futuri fondatori nel Dopoguerra dell’Unione petrolifera, rilevò nel 1933 l’Anonima petroli italiana (Api), società attiva nella commercializzazione di prodotti petroliferi nelle Marche, per realizzare un deposito costiero sull’Adriatico, a Falconara Marittima (Ancona). Lì, tra il `47 e il `48,
Api costruì i primi impianti di raffinazione e stoccaggio, con la nascita di Api Raffinena. Negli anni `50 sempre a Falconara, a quattro km dalla costa venne realizzata un’isola artificiale collegata alla terraferma da tubi sottomarini per consentire l’attracco delle petroliere, fase in cui la crescita del business si accompagnò allo sviluppo della rete delle stazioni di benzina. La capacità di raffinazione toccò un milione di tonnellate annue di greggio, volumi che raddoppiarono durante il boom economico, a metà degli anni `60. All’epoca, la rete contava 900 stazioni di servizio e, tra queste, c’era anche la prima stazione autostradale.
Un decennio dopo, quando nel `77 Aldo Brachetti Peretti prese le redini dell’azienda alla morte del fondatore (di cui ha sposato la figlia Mila), la rete aveva già quasi raddoppiato la dimensione: 1.700 punti vendita, mentre alla raffineria marchigiana venne aggiunto un oleodotto di 16 km per 1 ormeggio delle petroliere più grosse. Nell’89 a monte della catena societaria, fu fondata Api Holding, la cassaforte di famiglia ora presieduta da Mila Peretti che introdusse nelle attività industriali la diversificazione energetica (da rinnovabili), un business che dopo collaborazioni -anche con società estere fra cui la spagnola Iberdrola- è rimasta sempre marginale rispetto al settore core dell’oil.
I primi 20 anni del nuovo millennio, che hanno visto i figli di Aldo (Ferdinando e Ugo) assumere la guida, sono stati mvece il periodo del grande consolidamento per linee esterne. Tre grandi ondate di mea al termine delle quali il colosso degli idrocarburi ha assunto la fisionomia odierna. La prima è nel 2005 quando Api ha comprato dall’Im la società IP, una mossa che ha portato la rete dei distributori Api-Ip a raggiungere le 4.500 stazioni di servizio, incrementando la quota di mercato dal 5% a oltre il 12%. Dopo lo shopping la rete Api ha cambiato colore: addio al verde e giallo, per adottare il blu e l’arancio di Ip che da allora è diventato l’unico marchio commerciale dei Brachetti Peretti sulle strade italiane.
Tentata la quotazione nel 2006 per finanziare le centrali elettriche di Falconara e il rafforzamento della rete, ipo archiviata per un’accoglienza fredda degli investitori, le crisi economiche del 2008 e del 2011 hanno fatto dimagrire la dorsale dei punti vendita. Male circa 2.000 stazioni andate in fumo dopo lo tsunami dei subprime e dell’eurodebito sono state recuperate grazie all’operazione TotalErg di inizio 2018. Il nuovo mea è stato finanziato dalle banche, Unicredit in testa. Mettendo sul tavolo 450 milioni, i Brachetti Peretti hanno riguadagnato stana rilevando la joint venture fra i Garrone, convertiti 100% alle rinnovabili, e il gruppo petrolifero francese. La rete ha inglobato le oltre 2.600 pompe di benzina a insegna TotalF g, su cui è stata fatta subito sventolare la nuova bandierina Ip. Col deal hanno messo in portafoglio anche il polo logistico di Roma, il 25,16% della raffineria Sarpom di Trecate (Novara) e la logistica distribuita lungo il Tirreno. Prima dell’operazione TotalErg, il fatturato del gruppo Api era di circa 2,3 miliardi, la quota nel mercato italiano della distribuzione viaggiava intorno all’8% e la capacità di raffinazione era di 3,9 milioni di tonnellate annue.
Con la nuova dote industriale, i ricavi sono saliti a 6,8 miliardi, la quota è raddoppiata al 16% e la capacità di raffinazione è salita a sei milioni di tonnellate. Dopo la fusione per incorporazione di dicembre 2018 della controllante Gruppo Api nella controllata Italiana Petroli (denominazione della nuova azienda dopo l’acquisizione di TotalErg), la nuova Italiana Petroli (Ip)-Gruppo Api -l’attuale ragione sociale- è diventata un colosso leader nel settore dei carburanti e della mobilità anche green (con le colonnine di ricarica elettrica). Realtà da 1.100 dipendenti che rifornisce i principali aeroporti italiani e numerosi porti del Paese. A dicembre di quest’anno è andata in scena la terza ondata di consolidamento.
Articolo pubblicato il 24 dicembre da Milano Finanza