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SINTESI IN PRIMO PIANO – 10 gennaio 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:

– M5S nel caos, la rivolta contro Di Maio e Casaleggio. Altre defezioni nei 5 Stelle.
– Genova, indagine choc: a rischio 200 gallerie sulle autostrade italiane.
– Libia, Haftar dice no alla tregua e va all’offensiva.
– Aereo caduto, Trudeau accusa: colpito da un missile iraniano. “Ho le prove”.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Stampa 
Autore:  Capurso Federico 
Titolo: 5S, la rivolta contro Di Maio e Casaleggio –
Un testo contro i capi Alcuni senatori M5S provano a far fuori Di Maio e Casaleggio
Tema: M5S

È iniziata la resa dei conti nel Movimento 5 stelle. Un documento durissimo, condiviso da un nutrito gruppo di senatori e presentato durante una loro riunione interna, dà corpo al malessere che da tempo stritola il corpaccione parlamentare grillino. Cinque punti, sbattuti in faccia a Luigi Di Maio, mettono in stato d’accusa il capo politico e il figlio del fondatore, Davide Casaleggio, chiedendo a entrambi di farsi da parte. Ma ai senatori la decapitazione dei vertici non basta. Chiedono anche che si intraprenda un confronto con tutte le forze progressiste, mentre Di Maio da sempre frena ogni possibile avvicinamento al Pd. Poi, sul tema restituzioni, che sta dilaniando il gruppo da settimane, si pretendono regole nuove, metodi più trasparenti. E ancora, si esige dal governo uno stop ai decreti legge, che soffocano il lavoro parlamentare e sui quali «non potranno più pretendersi voti al buio». Ma il primo colpo nello stomaco è per Di Maio: «Serve una netta separazione tra le cariche interne al Movimento e quelle di governo — si legge nel documento -.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vitale Giovanna 
Titolo: Altri due addii nel M5S Rivolta contro Rousseau “È un corpo estraneo”
Tema: M5S

Reduce dal tour diplomatico in Nord Africa, Luigi Di Maio è livido. Il mezzo flop della missione internazionale e il bentornato ricevuto dai suoi parlamentari — che intendono sfilargli la guida del Movimento per sostituirlo con «un organo collegiale democraticamente eletto» — lo hanno messo di cattivo umore. Il M5S è una polveriera. E all’orizzonte, di caschi blu in grado di riportare la pace, non se ne vede nessuno. Il ministro degli Esteri era ancora in aereo quando i senatori grillini si riuniscono per ascoltare dal “ribelle” Emanuele Dessi i contenuti del documento in cinque punti che contesta il ruolo del capo politico, l’ancoraggio a Rousseau (definito «un corpo estraneo»), le restituzioni. Proprio nelle stesse ore in cui, sul fronte di Montecitorio, altri due deputati — Massimiliano De Toma e Rachele Silvestri — formalizzavano il loro addio al gruppo 5S per aderire al Misto.
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Testata:  Il Fatto Quotidiano 
Autore:  De Carolis Luca 
Titolo: Di Maio vicino a lasciare la guida dei Cinquestelle – L’era Di Maio in crisi Il capo verso l’addio alla guida dei 5 Stelle
Tema: M5S

Il capo a cui pesa maledettamente esserlo stavolta è davvero vicino all’addio. Presto, forse prima del voto del 26 gennaio in Emilia-Romagna. Cioè prima della possibile, ennesima frana elettorale. Luigi Di Maio potrebbe lasciare la carica di capo politico dei Cinque Stelle attorno al 20-21 di questo mese, appena eletti i nuovi facilitatori regionali del Movimento. Innanzitutto, perché non vuole subire il milionesimo processo politico per il probabile, pessimo risultato del M5S in Emilia-Romagna, dove i 5Stelle sono spettatori della sfida all’ultimo voto tra Pd e Lega. Un 4-5 per cento nelle urne per il Movimento sarebbe disfatta e per lui l’abituale ritorno nel ruolo di unico imputato, della sconfitta. Soprattutto, Di Maio è stanco degli infiniti problemi e delle mille battaglie interne.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Piccolillo Virginia 
Titolo: Chiesto il rinvio sul caso Gregoretti Emilia, Salvini chiuderà a Bibbiano
Tema: Il caso Gregoretti

Un rinvio, ma forse no. Non è ancora chiaro se il voto della Giunta per le immunità sull’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini sul caso Gregoretti sarà il 20 gennaio, ovvero una settimana prima delle Regionali, come aveva annunciato il presidente forzista Maurizio Gasparri. O se slitterà a dopo le elezioni come chiesto da M5S, Pd e Leu, che temono influenze sull’appuntamento elettorale. Gasparri si è riservato la decisione dopo un approfondimento con la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati. Ma i toni dello scontro sono alle stelle. «Sono senza onore e dignità», accusa Matteo Salvini che chiuderà la campagna elettorale a Bibbiano, il paese dell’inchiesta sul presunto giro illecito di affidi di minori. «Salvini usa la giustizia per far politica», controreplica il leader del Pd, Nicola Zingaretti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Polito Antonio 
Titolo: Il commento – Sotto inchiesta prende più voti Lo strano caso del capo leghista
Tema: Il caso Gregoretti

Un tempo finire sotto processo faceva perdere voti al politici. Oggi glieli fa guadagnare? E il sospetto che viene leggendo delle furiose polemiche che si sono accese tra maggioranza e opposizione sull’ipotesi di rinviare il voto su Salvini nella Giunta per le immunità del Senato. Sul leader leghista pende Infatti una richiesta di autorizzazione a procedere per n reato di sequestro di persona, che avrebbe compiuto quando era ministro ritardando lo sbarco di 131 migranti dalla nave Gregoretti. I Cinquestelle, Il Pd e anche Leu vorrebbero rinviare la seduta della Giunta, fissata per il 20 gennaio, a dopo le elezioni emiliane. Il potenziale imputato e tutto il centrodestra vogliono invece a tutti i costi il voto, anche se il Senato ha sospeso le sue attività dal 20 al 24 gennaio proprio per le elezioni regionali. Cinquestelle e Pd intendono mandare Salvini sotto processo, ma sanno che questa decisione sarebbe abbastanza impopolare da far guadagnare voti a Salvini. Il quale, pur volendo legittimamente evitarsi il processo, sarebbe invece fence di esserci spedito al più presto, così da poter sostenere, come già fa, che «vogliono eliminarmi per via giudiziaria».
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Testata:  Giornale 
Autore:  Minzolini Augusto 
Titolo: L’analisi – Gregoretti, referendum e urne Per Salvini in arrivo tre siluri
Tema: Analisi

Transatlantico di Montecitorio, ieri mattina. Da pochi minuti 4-5 senatori di Forza Italia, che avevano firmato il referendum confermativo sulla riduzione dei parlamentari, hanno fatto dietrofront e ritirato la firma. La sera prima Mara Carfagna, punto di riferimento di questo drappello azzurro guidato da Massimo Mallegni, ha avuto contatti con il Quirinale che gli ha confermato che con il referendum in piedi, in caso di crisi di governo, il capo dello Stato manderebbe il Paese alle urne con l’attuale legge che prevede ancora 630 deputati e 315 senatori: un argomento efficace in mano a Matteo Salvini, che punta alle elezioni in primavera, per convincere i recalcitranti al voto e per arruolare parlamentari promettendo collegi.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Vecchio Concetto 
Titolo: Referendum sui parlamentari, sfida all’ultima firma – Taglio dei parlamentari referendum nel caos
Tema: Referendum sui parlamentari

Ieri doveva essere il giorno della consegna delle firme di 66 senatori per chiedere il referendum confermativo della legge sul taglio dei parlamentari approvata ad ottobre dal Parlamento (600 eletti invece che gli attuali 945); il referendum comporta lo slittamento dell’entrata in vigore della riforma, che altrimenti scatta il 12 gennaio. Ma all’ultimo momento la storia ha preso un’altra piega. Quattro senatori di Forza Italia si sono tirati indietro, ritirando la firma, costringendo i tre promotori (Andrea Cangini, Nazario Pagano, Tommaso Nannicini) a fare dietrofront sulla soglia della Cassazione. Sono quattro senatori di Forza Italia, legati a Mara Carfagna: Franco Dal Mas, Massimo Mallegni, Laura Stabile e Barbara Masini. «Così intendiamo impedire a qualcuno di farsi prendere dalla tentazione di andare a votare senza ridurre il numero dei parlamentari», ha spiegato Mallegni. Il riferimento è alla Lega, che avrebbe tutta la convenienza politica di andare a votare con un Parlamento di 945 eletti, corteggiando quella parte di Forza Italia e del M5S attratti dalle sirene di Salvini.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Verderami Francesco 
Titolo: Il commento – Il quesito scompare dietro lo scontro sulle sorti della legislatura
Tema: Referendum sui parlamentari

Il referendum sul taglio del numero dei parlamentari — che solleva una delicata questione di principio — si è trasformato ormai in un terreno di scontro politico tra chi lavora per stabilizzare la legislatura e chi mira ad andare al più presto alle elezioni. La riprova sta nella decisione a sorpresa (si fa per dire) di alcuni senatori, che avevano aderito alla richiesta della consultazione popolare e che ieri hanno deciso di ritirare le proprie firme. C’è ancora tempo perché i promotori del referendum raggiungano il numero minimo di parlamentari necessari a presentarsi in Cassazione, ma il problema costituzionale che intendevano porre — quello cioè del «funzionamento della democrazia» — è scomparso dietro i giochi di Palazzo.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Grignetti Francesco 
Titolo: Giustizia, Conte convince la maggioranza Stop della prescrizione solo per le condanne
Tema: Giustizia

Si sono guardati negli occhi per tre ore. Di nuovo tutti insieme appassionatamente a palazzo Chigi, a parlare di giustizia e soprattutto di prescrizione. Le cronache riferiscono che al vertice con il presidente del Consiglio e il ministro Alfonso Bonafede sono arrivati in 12, e forse il conto è sbagliato per difetto. Il mattatore, però, era uno solo: Giuseppe Conte. Atteso al varco dal versante di sinistra della coalizione giallo-rossa per sentire qual era la sua proposta per uscire dallo stallo, Conte non li ha delusi. Con la classica misura salomonica, ha dato ragione metà agli uni e metà agli altri: lo stop alla prescrizione dopo una sentenza di primo grado, come vuole la riforma Bonafede, può resistere, ma solo in caso di condanna. Se si tratta di assoluzione, allora la prescrizione correrà come prima. E in ogni caso con una pausa ulteriore di 2 anni. Il tutto accompagnato da un monitoraggio attento degli effetti di questa riforma, per intervenire nel caso si verificassero effetti indesiderati.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bertini Carlo 
Titolo: “Con la nuova legge proporzionale nascerà un bipolarismo più sano”
Tema: Intervista a Dario Franceschini

«Anche se fosse ammesso il referendum maggioritario dalla Consulta, il Parlamento mantiene ovviamente tutta la sovranità per approvare una legge elettorale. E con una nuova legge proporzionale con sbarramento al 5% nascerà un nuovo bipolarismo più sano». Dario Franceschini tesse le lodi dell’accordo che porterà ad approvare una legge proporzionale, capace a suo dire, di stabilizzare il governo. Ma i venti di protesta contro Di Maio non sono certo di buon auspicio sulla vita dell’esecutivo. O no? «No, penso sia questa una fase di transizione per un movimento nato anti-sistema e che oggi è di governo. E che Di Maio sta guidando al meglio». Anche sul teatro della politica estera il governo sembra debole. Sbaglia Renzi a dire che sia assente in Libia? «Il tema casomai è l’assenza europea. L’Italia sta costruendo una posizione in linea con quella tenuta negli ultimi 50 anni. Consapevoli della fedeltà all’Ue, ma anche di essere geograficamente un molo nel Mediterraneo. E quindi la maggiore attenzione al dialogo tra le parti c’è sempre stata e il ruolo principale lo deve giocare l’Europa».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ascione Marco 
Titolo: «Io in futuro al Quirinale? Mi piaceva stare a Palazzo Chigi»
Tema: Intervista a Romano Prodi

«Prodi, un nonno al Quirinale. C’è chi dice così? Bene: di questa espressione mi interessa solo la parola nonno. Un nonno felice. Prima di andare in pensione a me piaceva fare il premier. Questo sì che mi piaceva, ma non ho mai puntato alla presidenza della Repubblica. E non ci penso certo ora. Peraltro, quegli oltre ioi che in Parlamento votarono contro di me, ci sono ancora». ll Professore allarga le braccia in un’espressione stupita, seduto sul divano nell’abitazione di via Gerusalemme, a Bologna. Resterà un papabile per il Colle? Risolutamente risponde di no. I suoi pensieri sono rivolti alla Libia, all’Iran e all’Europa. E all’Emilia-Romagna che va a votare. «Quando nel 2009 ho iniziato a insegnare alla China Europe International Business School di Shanghai l’Unione era uno degli argomenti preferiti. Negli ultimi anni nessuno mi ha più chiesto di parlare di Europa». Bruxelles si è condannata all’irrilevanza? «Certo, finché procediamo separati. Questa impossibilità di trovare una linea comune produce la paralisi».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Fregatti Tommaso – Grasso Marco 
Titolo: “Duecento gallerie autostradali a rischio Non sono state rispettate le disposizioni Ue”
Tema: Autostrade

Duecento gallerie “fuorilegge” in tutta Italia. Per la precisione 105 sulla rete in concessione ad Autostrade per l’Italia, 90 alle altre società. L’indagine sul crollo della galleria Bertè, avvenuta il 30 dicembre sulla A26, nei pressi del comune ligure di Masone, potrebbe allargarsi a macchia d’olio, un nuovo ciclone giudiziario che potrebbe abbattersi sulla società concessionaria, già sotto inchiesta per il crollo del Ponte Morandi e per lo scandalo dei falsi report sulla sicurezza dei viadotti. Sotto la lente degli investigatori è finito il mancato adeguamento alla direttiva Ue recepita dall’Italia nel 2006, i cui obiettivi dovevano essere raggiunti nell’aprile del 2019. E il primo censimento operato dalla Guardia di Finanza inquadra una situazione drammatica che, di fatto, accomuna tutti i concessionari.  Il cedimento della galleria sembra avere innescato una reazione a catena, simile al canovaccio dei viadotti autostradali. La Procura di Genova, indagando sul Morandi, scopre che i rapporti sulla sicurezza del viadotto erano dei “copia-incolla”: i voti erano sistematicamente “ammorbiditi”.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Galvagni Laura 
Titolo: Autostrade declassata da Fitch Ora Bei e Cdp possono chiudere i fidi
Tema: Autostrade declassato da Fitch

Alla fine su Atlantia è arrivata anche la scure di Fitch, con quali ripercussioni, al momento, è tutto da stabilire. Ma per ora il taglio del rating su Autostrade per l’Italia da “BBB+” a “BB+” e quello sulla controllante da “BBB” a “BB” ha un effetto immediato: consentire a Cdp e alla Bei di chiedere il ripagamento anticipato dei finanziamenti concessi. Come comunicato da Atlantia, infatti, la decisione di Fitch,«unitamente ad analoga azione recentemente presa da un’altra agenzia di rating, potrebbe determinare, come potenziale effetto, la richiesta da parte della Banca Europea per gli Investimenti e della Cassa Depositi e Prestiti del ripagamento anticipato- sulla base dei contratti di finanziamento in essere – di prestiti erogati ad Autostrade per l’Italia per un importo di circa euro 2,1 miliardi di cui circa 1,8 miliardi garantiti da Atlantia, con conseguente assorbimento di linee di credito di Atlantia e di Autostrade per l’Italia».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Revoca o revisione: i sette nodi della trattativa – Revoca o revisione, no una tantum
Tema: Autostrade

Cosa può decidere il governo a breve? Questa è la prima complessa domanda in una vicenda intricata come poche. In teoria, sul tavolo politico, la domanda è: revocare o non revocare la concessione dopo Ponte Morandi? Le cose, però, non sono bianche o nere, almeno in questa fase. Non solo perché gli effetti della revoca sarebbero comunque pesantissimi in termini di gestione delle tratte e di contenzioso amministrativo ma anche perché la revoca è un procedimento amministrativo previsto – con regole e tempi – dalla stessa convenzione di Aspi e quel procedimento amministrativo, nonostante se ne parli da 18 mesi, non è mai stato avviato. Tuttavia, l’avvio del procedimento di revoca va messa al primo posto fra le possibili decisioni del governo. La seconda possibilità tecnica che pure è stata evocata nelle scorse settimane (ma oggi è meno probabile) è quella di una caducazione della convenzione, decisa dal governo fuori della procedura fissata dalla convenzione.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide – Marroni Carlo 
Titolo: Bankitalia:  «Per salvare PopBari anche altri soci privati»
Tema: Bancitalia e la PopBari

L’operazione di salvataggio della Popolare di Bari deve procedere su un cronoprogramma definito, che parta dalla conversione in legge del decreto di dicembre e prosegua con la trasformazione della BPB in società per azioni. Un passaggio cruciale, quest’ultimo, per consentire ai nuovi investitori (Mediocredito Centrale e Fitd) di assumere «da subito» un forte ruolo di direzione «per orientare con determinazione la banca verso prospettive industriali credibili in un’ottica di medio-lungo termine». Il quadro dell’intervento è stato tracciato dalla vicedirettrice della Banca d’Italia, Alessandra Perrazzelli, nel corso dell’audizione davanti alla Commissione Finanze della Camera. Un intervento ampio quello della banchiera centrale, che è servito non solo per fare il punto sull’amministrazione straordinaria decisa lo scorso 13 dicembre ma anche per ricordare i fattori di contesto in cui s’è aperta l’ennesima crisi bancaria, l’azione svolta dalla Vigilanza e le prospettive di rilancio che ora si aprono per il credito nelle regioni del Mezzogiorno.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Davi Luca 
Titolo: Il costo totale dei salvataggi bancari sale a 36 miliardi per Stato e sistema
Tema: Salvataggi bancari

Il conto non è ancora definitivo, anche perché vanno considerate eventuali riprese di valore ad oggi non stimabili. Ma è un fatto che fino ad oggi, per salvare le banche finite in crisi negli ultimi cinque anni, lo Stato e il sistema bancario abbiano dovuto tirare fuori 36 miliardi di euro circa. Di questi, 28 miliardi circa vanno considerati definitivamente persi ma il conto potrebbe peggiorare ulteriormente (almeno a 33,5 miliardi) qualora gli Npl veneti comprati da Amco, ex Sga, non dessero i ritorni sperati. La somma non considera ovviamente i capitali persi nel corso del tempo da azionisti e obbligazionisti. E tanto meno può contemplare gli eventuali (benchè residuali) rischi legati alle altre 16 banche minori del Meridione in difficoltà, come denunciato ieri da Bankitalia, che hanno un totale attivo di soli 2 miliardi di euro, e a cui fa capo il 12% dei prestiti alle imprese del Sud.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide – Rogari Marco 
Titolo: Progetto Quota 102, pensione a 64 anni con 38 di contributi
Tema: Pensioni

Evitare lo scalone tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 garantendo comunque una pensione anticipata flessibile ma con almeno 64 anni d’età. Aumentano i consensi, non senza alcune variabili, a questa soluzione per rendere il più indolore possibile la conclusione della sperimentazione triennale di Quota ioo. Proprio l’innalzamento del requisito anagrafico a 64 anni rappresenta il denominatore comune, insieme con il calcolo interamente contributivodel trattamento anticipato, come già accade per “Opzione donna”, delle soluzioni alle quali guardano una parte del Pd e dei tecnici di area Dem. Ma anche di esperti indipendenti o vicini al Centro-destra È il caso di Alberto Brambilla, già sottosegretario al Lavoro nel Governo Berlusconi e attuale presidente di Itinerari previdenziali, secondo il quale per scongiurare il rischio-scalone sarebbe necessario un pensionamento agevolato a64 annidi età, adeguata alla speranza di vita con 37/38 anni di contributi. Quindi: Quota ioi o, più probabilmente,102 interamente “contributiva”.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Tucci Claudio 
Titolo:  «Il jobs act funziona, migliorarlo sulle politiche attive»
Tema: Intervista a Tommaso Nannicini – Lavoro

Jobs act è un cantiere aperto, va completato, altro che abolito. Alcuni elementi di quella riforma, come le tutele crescenti in caso di licenziamenti illegittimi, non ci sono praticamente più, dopo la pronuncia del 2018 della Corte costituzionale, adesso c’è un semplice meccanismo risarcitorio tomato alla discrezionalità del giudice. Altri elementi dobbiamo completarli senza tomare indietro, come nel caso degli ammortizzatori sociali, che vanno sì rafforzati ma col taglio universalistico del Jobs act, evitando quindi di ripristinare una cassa integrazione discrezionale, senza limiti temporali e solo per pochi. Altri ancora, è vero, non li abbiamo mai fatti sul serio, come politiche attive e della formazione degne di questo nome, perché noi abbiamo disegnato un impianto innovativo senza, tuttavia, il coraggio di metterci i soldi e superare la resistenza di Regioni e burocrazie.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salvia Lorenzo 
Titolo: Giovani e donne, la spinta per la nuova occupazione
Tema: Lavoro

È stato un mese con il segno più, quello di novembre, per il lavoro. Secondo i dati pubblicati dall’Istat, il tasso di occupazione ha toccato il 59,4%, facendo segnare un aumento di o,1 punti percentuali rispetto ad ottobre. Come sottolinea lo stesso istituto di statistica, si tratta del valore più alto dall’inizio delle serie storiche, che partono dal 1977. In numeri assoluti, le persone che hanno un lavoro in Italia sono 23 milioni 486 mila. I posti in più, sempre rispetto al mese precedente, sono 41 mila. Quasi tutti, 35 mila, riguardano donne. Gli altri sei mila sono relativi agli uomini, ma il loro numero è così contenuto da essere considerato statisticamente non rilevante. Per quanto riguarda l’età a salire sono soprattutto gli under 34. Ma di che tipo di lavoro parliamo? Ad aumentare sono i “posti fissi” cioé i lavoratori dipendenti con un contratto stabile, anche se senza il vecchio articolo 18: +67 mila. Mentre diminuiscono sia i dipendenti con un contratto a termine sia gli autonomi.
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Testata:  Foglio 
Autore:  Cerasa Claudio 
Titolo: Salvare l’economia dalla repubblica dei pm
Tema: 
Lavoro
Cambiano gli esecutivi, cambiano le maggioranze, cambiano i ministri, cambiano i premier, cambiano le manovre ma alla fine la scelta di fronte alla quale si ritrovano periodicamente i partiti che tentano di governare l’economia del nostro paese è sempre la stessa: una politica con la testa sulle spalle deve assecondare o deve respingere la via giudiziaria alla crescita economica? Negli ultimi giorni ci sono almeno cinque notizie gustose che ci ricordano perché la politica interessata a rimuovere gli ostacoli che rendono difficile la crescita è quella che tenta in tutti i modi di limitare i poteri di supplenza della nostra magistratura. La prima è doppia ed è relativa ad alcuni numeri sul lavoro. Da una parte ci sono i dati positivi sugli occupati, che a novembre del 2019, ha detto ieri l’Istat, sono cresciuti di 41 mila unità rispetto al mese precedente portando il tasso di occupazione al valore più alto mai registrato dall’inizio delle serie storiche: 59,4 per cento, che in valori numerici si traduce in 23 milioni e 486 mila occupati. In molti ieri hanno tentato di attribuirsi i meriti di questo boom ma è sufficiente osservare il grafico storico sull’occupazione offerto dall’Istat per notare che la crescita dell’occupazione ha cominciato ad accelerare nel 2015 ai tempi del Jobs Act (governo Renzi). Il Jobs Act, come molti ricorderanno, andò a rimuovere l’articolo 18, introdusse il contratto a tutele crescenti e tolse potere contrattuale alla magistratura abolendo il reintegro giudiziario in caso di licenziamento per motivi economici. Si disse che quella riforma avrebbe creato molti disastri, sia in termini di occupazione sia in termini di licenziamenti. Ma anche sul secondo punto le cose non sono andate come previsto dagli apocalittici. E come riportato ieri sul Corriere della Sera da Enrico Marro, i dati dell’Inps esposti nell’Osservatorio sul precariato dicono che il tasso di licenziamento calcolato rispetto all’occupazione esposta al rischio a inizio anno è costantemente calato.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Haftar dice no alla tregua E l’Italia cerca di recuperare
Tema: Libia

Un’ora di conversazione, fra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è servita a fare il punto sui rispettivi contatti e sulla strategia diplomatica italiana, ma non ha prodotto grandi risultati sul fronte che appare più scoperto, il rapporto dell’Italia con Fayez Sarraj, che sembra al momento compromesso a causa dell’incontro di due giorni fa del premier con il generale Haftar. Dopo il tour di Di Maio fra Turchia, Algeria e Tunisia, da lunedì toccherà a Conte avere contatti diretti in una due giorni che lo porterà prima ad Istanbul, per un incontro con Erdogan, quindi al Cairo, per vedere Al Sisi, quindi infine negli Emirati Arabi Uniti. Un ulteriore tentativo della nostra diplomazia di ritagliarsi un ruolo non secondario, dopo l’incidente diplomatico con il governo legittimo della Libia, che continua ad avere contatti con Roma. La gaffe diplomatica di due giorni fa non si è ancora sanata. Finora Sarraj ha risposto picche a tutti i tentativi di contatto o di incontro da parte del nostro governo, si è legato al dito l’incontro di tre ore con il suo nemico Haftar, avvenuto a Palazzo Chigi mentre lui sorvolava Roma senza fermarsi, come promesso in un primo momento. Sarraj, secondo fonti libiche, sarebbe molto irritato con Roma.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Battistini Francesco 
Titolo: La scelta del generale che snobba Erdogan e disobbedisce a Putin
Tema: Libia

In Libia ieri stava per entrare in vigore la Pax Turca e il sultano Erdogan già ripensava a quando qui comandavano il Bey e il Pascià. A quei tre secoli e mezzo di dominio ottomano, interrotto nel 1911 dagli italiani. Un secolo dopo la storia sembrava riscriversi e i neo-ottomani, aiutati dai russi, stavolta pensavano d’averla spuntata sull’Europa: col primo cessate il fuoco, concordato mercoledì fra Erdogan e Putin; col successo ostentato d’un accordo fra i cirenaici di Khanfa Haftar, armati da Mosca, e i tripolini di Fayez Sarraj, mantenuti dalla Turchia. Invece no. Brutti tempi. I primi soldati turchi saranno anche sbarcati e la storia attenderà pure d’essere riscritta, ma per la cronaca non s’intravvede nemmeno una piccola pace. Perché a sorpresa Haftar, rientrato in patria dalla visita a Roma, ha respinto ogni proposta dl tregua, che pure era stata accettata poche ore prima da Tripoli. Snobbando Erdogan, considerato in Cirenaica e dall’alleato egiziano un pericolo. Ma soprattutto disobbedendo a Putin: «Ringraziamo la Russia per il suo sostegno — ha detto Haftar —, ma non possiamo smettere di combattere II terrorismo».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: Di Maio: «Libia, basta attacchi al premier Conte» – «Attacchi gratuiti al premier La Ue parli con una voce sola»
Tema:  Intervista a Luigi Di Maio – Libia e Iran

Luigi Di Maio, l’incontro fallito con Sarraj e Haftar è stato un pasticcio. Cosa non ha funzionato? «L’impegno dell’Italia è massimo, in questi giorni sono stato a Bruxelles, Istanbul, Il Cairo e sono appena rientrato da Algeri. Dall’Iran alla Libia ci troviamo di fronte a cornici complesse, serve prudenza, bisogna agire con responsabilità. Gli attacchi rivolti a Conte sono gratuiti e ingiustificati, il presidente sta dando il massimo. Ricordo a tutti che è lui l’autore della Conferenza di Palermo». L’incaricato di Mosca per la Siria ha spiegato che «l’Italia non è riuscita a organizzare in modo corretto l’incontro». La Farnesina ha organizzato o coordinato l’incontro? «Il presidente ha la sua agenda, specie se deve ricevere un omologo. Il governo si muove in sintonia». Perché si è deciso di incontrarli nello stesso giorno e di vedere prima Haftar, accusato tra l’altro della strage dei cadetti? Scelta di Conte o Di Maio? «Non provate a metterci l’uno contro l’altro, perché non è così. Con Conte ci coordiniamo costantemente. Così come ho sentito ripetutamente il ministro Guerrini. Oggi ho visto Conte e abbiamo fatto il punto sui dossier. Anche la situazione iraniana preoccupa fortemente».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Conti Marco 
Titolo: Il retroscena – Il vertice Conte-Di Maio: serve più coordinamento
Tema: Vertice Conte-Di Maio – Libia

Un vertice a due, Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, per cercare di coordinarsi ed evitare che si ripetano i pasticci del giorno prima. Malgrado la Farnesina abbia preso le distanze dall’organizzazione attribuendola tutta a palazzo Chigi, la decisione dell’irritato premier libico Serraj di non recarsi a palazzo Chigi – perché poche ore prima Conte aveva incontrato il generale Haftar – ha finito col costruire una gaffe internazionale di considerevoli proporzioni alla quale ieri si è cercato di porre rimedio inseguendo telefonicamente l’uomo forte della Tripolitania. Non sarà però facile far calare l’irritazione di Serraj nei confronti di Roma, anche se alcune delle motivazioni che filtrano dai libici per giustificare l’affronto subito da palazzo Chigi, sembrano costruite a posteriori.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ansaldo Marco 
Titolo: La spartizione tra il Sultano e lo zar Putin Erdogan: “Torniamo nei nostri luoghi”
Tema: Libia

La diplomazia della forza ha la meglio sulla diplomazia del dialogo. E il pugno sulla mano tesa, soprattutto se tardiva. Questa è la prima lezione che Russia e Turchia impartiscono urbi et orbi sul caso Libia. L’Unione europea balbetta, l’Italia dove un tempo si cantava “Tripoli bel suol d’amore” si divide inconcludente fra governativi e ribelli, mentre Mosca e Ankara sorpassano tutti e mettono a segno un pieno successo diplomatico e strategico. La loro proposta di un cessate il fuoco tra le due fazioni in guerra, in programma da domenica, ha ricevuto il primo si da parte del governo di Tripoli. Ed era illusorio non pensare così, essendo diventati i due presidenti Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin i padrini politici, militari e ora pure finanziari del premier Fayez al-Sarraj e del suo rivale Khalifa Haftar. Manca solo l’assenso alla tregua da parte del generale di Bengasi, e poi il via alla spartizione del suolo libico potrà partire indolore, almeno per chi è stato capace di giocare le sue mosse in anticipo, dosandole con saggezza politica mista a spregiudicatezza negoziale.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Tito Claudio 
Titolo: Il commento – L’ Italia ha perso la sua guerra – L’Italia perde la sua guerra
Tema: Libia

C’è un dato di fatto che ormai va acquisito per quanto riguarda la situazione in Libia: l’Italia non è più in grado di riguadagnare il ruolo esercitato fino a pochi anni fa. Non lo è perché il quadro dei rapporti di forza nel Mediterraneo è cambiato. Ma soprattutto per la sequenza di errori che il precedente governo ha commesso e che l’attuale esecutivo sta commettendo. Il nostro Paese ha perso peso in quell’area per sue colpe. Il terreno si è sfaldato sotto i piedi quasi senza che se ne accorgessero. Come se il nostro più delicato dossier internazionale potesse davvero essere affrontato e vinto con la proverbiale fortuna dei principianti. Purtroppo non è così. I primi due fondamentali sbagli hanno segnato il percorso della maggioranza gialloverde. La Libia è stata declinata in un solo senso: l’emergenza migranti. Invece di affrontare complessivamente la crisi di quel Paese, Lega e M5S si sono accontentati di trasformarla in una univoca guerra contro gli approdi. Utile solo dal punto di vista della propaganda. Gli effetti sul lungo periodo, però, sono chiari: le posizioni di privilegio conquistate negli anni nel rapporto con Tripoli sono andate via via evaporando. Il solco si è poi allargato ulteriormente con un’altra scelta ancora meno lungimirante. L’Italia ha progressivamente abbandonato il sostegno a Serraj, capo dell’unico governo ufficialmente riconosciuto e controllore della zona con i nostri maggiori interessi (ossia la Tripolitania), ma non per sostenere pienamente Haftar. Solo per provare a bilanciare le posizioni rispetto a un contendente che faceva valere la sua potenza sul campo.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Semprini Francesco 
Titolo: Libia, Haftar rifiuta la tregua: “Combattiamo i terroristi” – Haftar rifiuta la tregua “Combattiamo i terroristi” Battaglia a Misurata
Tema: Libia

Khalifa Haftar rifiuta il cessate il fuoco fissato da Turchia e Russia e prosegue la sua offensiva a tutto campo contro le forze del Governo di accordo nazionale (Gna) che dice invece si all’invito giunto due giorni fa da Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Pu tin. Il Consiglio presidenziale del Gna «accoglie con favore qualsiasi appello alla ripresa del processo politico e ad allontanare lo spettro della guerra, in conformità con l’Accordo politico libico e il sostegno alla Conferenza di Berlino patrocinata dalle Nazioni Unite», recita una nota del governo riconosciuto dalla comunità internazionale. Di bel altro tenore il messaggio giunto da Bengasi: «Ringraziamo la Russia per il suo sostegno ma non possiamo smettere di combattere il terrorismo». «Pura tattica» si sussurra tra i corridoi delle Nazioni Unite, dove si ritiene che Haftar stia tentando di alzare la posta per incassare il più possibile, prima della tregua fissata per domenica.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Berberi Leonard 
Titolo: Aereo caduto, Trudeau accusa: colpito da un missile iraniano –
Trudeau e gli 007 americani: «Un missile contro il jet ucraino»
Tema: L’Aereo caduto

Un missile di fabbricazione russa sparato — forse per errore — dall’esercito iraniano contro un aereo civile. Sarebbe questa la causa dell’incidente del Boeing 737-800 di Ukraine International Airlines precipitato mercoledì mattina, sei minuti dopo il decollo dall’aeroporto di Teheran, con 176 persone a bordo. A sostenerlo è l’intelligence americana dopo aver ricevuto le informazioni raccolte dai satelliti. Gli 007 conservano un po’ di prudenza e ritengono «altamente probabile» che il velivolo ucraino sia stato abbattuto da «missili antiaerei» anche se soltanto uno avrebbe centrato la fusoliera. «Qualcuno dall’altra parte (quella iraniana, ndr) potrebbe aver commesso un errore», ha spiegato il presidente Usa Donald Trump scartando i problemi meccanici. Scenario che il Canada ha confermato in serata attraverso il primo ministro Justin Trudeau («L’aereo è stato abbattuto da un missile terraaria iraniano»). Nello schianto sono morti 63 cittadini canadesi, mentre Teheran smentisce. Fonti dell’Easa, l’Agenzia europea per la sicurezza aerea, riferiscono al Corriere che quella di Washington «è una ricostruzione che coincide con il materiale a disposizione dei servizi segreti» del Vecchio Continente, tanto da suggerire di evitare l’area. I voli Lufthansa e Austrian Airlines diretti in Iran sono tornati indietro.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Olimpio Guido 
Titolo: Dalle tracce radar alle scatole nere: quali sono gli indizi
Tema: L’Aereo caduto

Come nasce il sospetto di un atto doloso? Il dramma si è verificato qualche ora dopo la rappresaglia iraniana in Iraq e questo ha portato a considerare sin da subito lo scenario che il jet sia stato abbattuto per errore. Lo hanno scambiato per un velivolo nemico — è l’accusa — impegnato in una missione. In passato Teheran ha denunciato violazioni, pochi mesi fa ha distrutto un drone americano nel Golfo. I militari potrebbero aver pensato ad una situazione analoga in un momento di alta tensione ed attivato le loro batterie. Come nell’88, allora fu un Airbus iraniano ad essere polverizzato da un missile di una nave Usa. Ci sono indizi per dimostrarlo? Satelliti e intelligence Usa avrebbe captato un radar che illuminava un bersaglio, quindi hanno seguito due tracce collegabili al lancio di una coppia di missili, infine registrato l’esplosione del jet. E’ un’indiscrezione interessante (di parte) che attende riscontri mentre Teheran nega con decisione.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Del Re Pietro 
Titolo: “Il Boeing ucraino abbattuto dall’Iran” – “L’aereo abbattuto da un missile” Da Trump a Trudeau accuse all’Iran
Tema: L’aereo caduto

Soltanto le autorità iraniane escludono a priori l’ipotesi che il Boeing 737-800 della Ukraine International Airlines sia stato abbattuto da un missile. «Sono solo fantasiose supposizioni che non ha senso esternare», dice il presidente dell’Organizzazione dell’aviazione civile di Teheran, Ali Abedzadeh, «perché nello stesso momento e alla stessa altitudine di 8.000 piedi c’erano nello spazio areo iraniano altri apparecchi in volo». Eppure la terribile ipotesi che l’aereo ucraino precipitato subito dopo il decollo da Teheran sia stato abbattuto da un missile antiaereo iraniano comincia a prendere forma. Secondo una fonte del Pentagono, un ufficiale dell’intelligence statunitense e uno dei servizi iracheni, il volo PS752 decollato dall’aeroporto internazionale Imam Khomeini e diretto a Kiev ha perso i contatti poco dopo l’attacco lanciato mercoledì dall’Iran contro basi militari che ospitano le forze Usa in Iraq. L’aereo, avanzano le fonti, sarebbe stato colpito dal sistema missilistico terra-aria Tor-M1 di fabbricazione russa.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Tramballi Ugo 
Titolo: L’analisi – La crisi in Medio Oriente non scalfisce la popolarità di Trump
Tema: Trump

La vendetta “telefonata”, affinché i missili iraniani colpissero le basi americane in Iraq senza uccidere soldati nemici, offre qualche ragione di ottimismo. La risposta all’omicidio di Qassem Soleimani non finisce qui: gli iraniani compiranno altre azioni in una regione dove gli obiettivi non mancano. Ma l’insieme di parole e opere fa legittimamente credere che per ottenere giustizia Teheran si affidi soprattutto al tempo e al sistema elettorale americano. Sono molti nel mondo a sperare come gli iraniani che il primo martedì di quel mese – il 3 gli americani scelgano un altro presidente. Il Pew Research Center di Washington ha quantificato l’attesa con un sondaggio in 33 paesi. La sintesi della sfiducia in Donald Trump è 64% a 26. Punta massima il Messico (89%), minime in Israele, Filippine, India e in tre europei: Polonia, Lituania e Ungheria. Più di ogni altro leader o presunto tale, il presidente americano è l’esempio e la sintesi della battaglia fra modello liberale e sovranismo in Occidente e in molte altre parti del mondo. Sarà una lotta difficile se, come ancora ricorda il Pew Center, negli Stati Uniti il consenso per Trump rimane invariato attorno al 45%: nonostante l’impeachment e la palese incapacità di governare i suoi istinti nell’amministrare la potenza globale americana.
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