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SINTESI IN PRIMO PIANO – 18 gennaio 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:

– Caso Gregoretti: lunedì il voto su Salvini in Senato;
– Legge elettorale: il no della Consulta al referendum sul maggioritario;
– Fisco: in arrivo sconti per 16 milioni di contribuenti;
– Bankitalia: nel 2020 Pil +0,5%, rischi di ribasso;
– Crisi libica: domani a Berlino Conferenza Internazionale;
– Iran: ieri la preghiera anti Usa di Khamenei.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Iossa Mariolina
Titolo: Voto su Salvini, ira Pd-M5S – Processo a Salvini: si vota lunedì Casellati decisiva, ira di Pd e M5S
Tema: Voto su Salvini
La Giunta per le immunità del Senato voterà lunedì 20 sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, accusato dalla Procura di Agrigento di sequestro di persona per aver impedito, per tre giorni, quando era ministro dell’Interno, lo sbarco di 131 migranti tratti in salvo dalla nave della Marina Militare Gregoretti. La decisione, dopo giorni di polemiche politiche travestite da schermaglie procedurali, e dopo che la maggioranza aveva chiesto il rinvio del voto sull’autorizzazione a procedere per bypassare le elezioni regionali in Calabria e in Emilia-Romagna ed evitare così a Salvini di giocarsi la carta mediatica dell’«agnello sacrificale» in campagna elettorale, è stata presa ieri dalla Giunta del Regolamento con il voto favorevole e determinante della presidente del Senato Elisabetta Casellati, a conclusione di un durissimo confronto che si è protratto per tre ore. Subito la maggioranza, Pd e M5S ha gridato allo scandalo perché Casellati «non ha scelto la via dell’imparzialità», sbloccando l’esito del voto. Ia presidente si è difesa dicendo di averlo fatto per garantire «il corretto funzionamento del Senato» ma il Pd è insorto. Nicola Zingaretti ha stigmatizzato il comportamento della presidente del Senato, ritenuto «molto scorretto e grave», in quanto «è venuta meno alla sua funzione super partes e si è schierata su un punto così delicato dalla parte di una componente del Senato», ovvero dalla parte del centrodestra.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Galluzzo Marco
Titolo: Il retroscena – «Dovevo garantire il Senato»
Tema: Voto su Salvini
Che la vicenda sia in qualche modo kafkiana lo dimostra il fatto che appena ventiquattr’ore prima il presidente del Senato, quando decide di integrare con due componenti la Giunta per il regolamento, riceve apprezzamenti con diversi sms sulla sua imparzialità, proprio dagli esponenti della maggioranza, da Faraone ad altri. Eppure non passa neppure un giorno e scoppia una sorta di bufera istituzionale, con la seconda carica dello Stato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, nel mirino della stessa maggioranza per aver espresso un voto che consente lunedì alla Giunta per le immunità di riunirsi e decidere sul caso Gregoretti, Salvini a processo o meno per aver bloccato una nave di migranti.. Un voto fra l’altro provvisorio, che la maggioranza voleva a tutti i costi si tenesse dopo le elezioni in Emilia-Romagna per non dare altre armi di propaganda elettorale a Salvini. La Casellati in un primo momento si difende con una nota ufficiale: «In riferimento alla seduta odierna della Giunta per il regolamento, il presidente del Senato respinge con forza ogni ricostruzione dei fatti che in qualche modo possa mettere in discussione la terzietà della sua azione ovvero connotarla politicamente perché non si può essere terzi solo quando si soddisfano le ragioni della maggioranza e non esserlo più, quando si assumono decisioni che riguardano il corretto funzionamento del Senato».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Cremonesi Marco
Titolo: Intervista a Matteo Salvini – «Io e la presidente? Abbiamo parlato di altro» – «Io e la presidente? Vero, ci siamo visti Ma per parlare di altro»
Tema: Voto su Salvini
«Per quanto mi riguarda, io sono tranquillissimo. Soltanto, mi vergogno come italiano» anche perché «è un grande spreco di denaro pubblico». Matteo Salvini sta raggiungendo Spezzano della Sila, in Calabria, dove terrà uno dei tanti comizi della sua campagna per le Regionali. Ma «la grande vergogna» è il processo per i fatti della Gregoretti su cui lunedì dovrà votare la Giunta delle immunità del Senato, dove è eletto il capo leghista. Perché la «grande vergogna»? Il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere e il Senato dovrà esprimersi. «Ma non vede l’enorme spreco di denaro pubblico? lo questa mattina sono andato a trovare il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, con cui ho parlato della giustizia vera, dei sequestri alla criminalità e della lotta alla mafia. Il pensare che ci siano magistrati di una decina di tribunali in Italia che hanno tempo e denaro da perdere con me, che ho soltanto fatto il mio dovere, mi preoccupa in quanto italiano». Non è meglio per lei che si voti subito in Giunta e non in Aula? «E perché? Se Pd e Cinque Stelle voteranno come dicono, vorrà dire che andrò a processo. Trovino un tribunale grande…». Lei lo ripete da settimane, ma che cosa intende esattamente? «Significa che coinvolgeremo il popolo. Il 90% per cento dei cittadini delle più varie posizioni politiche ha apprezzato il mio sforzo di proteggere i confini italiani».
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Testata:  Giornale
Autore:  Napolitano Pasquale
Titolo: Gregoretti, lunedì si vota su Salvini: Pd e M5s in fuga – Gregoretti, sì al voto su Salvini I giallorossi pronti a disertare
Tema: Voto su Salvini
Il centrodestra mette in fuga la maggioranza giallorossa sul caso Gregoretti. Le opposizioni bloccano il tentativo di Pd, Cinque stelle, Italia Viva e Leu di rinviare il voto sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini: si deciderà lunedì 20 gennaio nella giunta per le Immunità. Poi l’Aula di Palazzo Madama avrà trenta giorni per ratificare o respingere la decisione assunta dalla giunta. L’ex ministro dell’Interno è accusato di sequestro di persona perché, quando era titolare del Viminale nel precedente governo, non avrebbe assegnato un porto di sbarco alla nave della Marina Militare Gregoretti. La maggioranza, che già si è espressa a favore dell’autorizzazione a procedere, potrebbe disertare la seduta del 20 gennaio. Pd e Cinque stelle temono che il via libera al processo sia un’arma in mano a Salvini a cinque giorni dal voto in Emilia Romagna. La partita decisiva si è però giocata ieri nella giunta per il Regolamento del Senato: dopo tre ore di polemiche e caos, la giunta ha approvato l’ordine del giorno, presentato dal centrodestra (Fdi, Lega e Forza Italia), che conferma il voto per il 20 gennaio. Lo scontro si è chiuso con il risultato di 7 a 6 per il centrodestra. Decisivo il voto del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.
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Testata:  Stampa
Autore:  Bei Francesco
Titolo: La scelta a metà di Salvini
Tema: Salvini
Del molto che è stato scritto sul convegno contro l’antisemitismo promosso da Matteo Salvini in Senato, a nostro parere una cosa è mancata. Il ricordo e il confronto con l’altro leader della destra italiana che compì gesti molto significativi – storici verrebbe da dire se non fosse un aggettivo abusato – verso gli ebrei: Gianfranco Fini. Il paragone non è improprio e diventa anzi necessario viste le rumorose assenze all’appuntamento di giovedì a palazzo Madama, dove mancavano proprio gli ebrei italiani. Non c’era la senatrice a vita Liliana Segre, ma anche i rappresentanti istituzionali della comunità – Noemi Di Segni e la romana Ruth Dureghello – non si sono fatte vedere. Ecco dunque la prima differenza tra l’operazione odierna di Salvini e quella di Fini dei primi anni Duemila. Il rapporto con gli ebrei italiani. Salvini ha puntato subito tutto su Israele, sul rapporto speciale che ha saputo costruire con Benjamin Netanyahu anche a costo di smentire le posizioni ufficiali della diplomazia europea (per esempio sulla capitale dello Stato ebraico). Finì invece non saltò nessuna tappa, passò mesi a costruire un dialogo intenso e riservato con gli ebrei italiani, fino ad arrivare a quella personalità gigantesca che era Elio Toaff, massima autorità morale e religiosa degli ebrei italiani dal dopoguerra a oggi. Non fu semplice per lui, perché gli ebrei non gli fecero certamente sconti. «Mi sentii sotto esame – confidò a un amico -, un esame anche morale, perché la Shoah è una questione anzitutto morale».
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Patta Emilia
Titolo: Proporzionale: Pd-M5S frenano sui tempi Lega sull’Aventino, asse Renzi-Calenda
Tema: Legge elettorale
«Pedro, adelante con juicio». L’invito manzoniano di Ferrer al suo cocchiere descrive bene l’input di Pd e M5s ai loro parlamentari sulla legge elettorale. Già, perché se lo stesso premier Giuseppe Conte ha premuto assieme al segretario dem Nicola Zingaretti per avviare l’iter dellla legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 5% o prima della pronuncia della Consulta sul quesito pro-maggioritario della Lega, ora che la pronuncia c’è stata e il respiro di sollievo è stato tirato non c’è più fretta. «Mettiamola così – si spiega da Largo del Nazareno -. Che bisogno c’è di mettere subito sul tavolo la pistola carica della legge elettorale? Potrebbe sempre partire un colpo per sbaglio.-». Insomma si andrà avanti nella discussione parlamentare, ma appunto con prudenza. Anche perché sono ancora da definire alcuni dettagli importanti, come la scelta tra listini bloccati e preferenze, e su alcuni punti non c’è l’unanimità dei quattro partiti della maggioranza: resta il no della sinistra di Leu alla soglia al 5%, considerata troppo alta, e la contrarietà di Italia Viva al cosiddetto diritto di tribuna per i piccoli partiti, opzione che ridurrebbe la capacità di attrazione del partito renziano nell’area centrista. A dimostrazione che il tema si vuole affrontare con tutta calma il Pd mette in campo anche la cornice costituzionale ideale per la nuova legge elettorale già rinominata Germanicum: il cancelleriato alla tedesca, appunto.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  …
Titolo: Il Parlamento col Germanicum
Tema: Legge elettorale
Come cambierebbe il Parlamento con il cosiddetto Germanicum, basato sull’assegnazione proporzionale dei seggi (con l’eccezione di quelli riservati all’estero e alla Valle d’Aosta), con uno sbarramento del 5% e un diritto di tribuna perle formazioni minori? Lo scenario avrebbe un cambio radicale come emerge dalla simulazione (sulla base della media dei sondaggi) realizzata da YouTrend e Cattaneo Zanetto&Co, che già tiene conto del taglio dei parlamentari. Alla Camera il centrodestra avrebbe una solida maggioranza: Lega 143 seggi, Fdl 49 e FI 30 (totale 222). Scenario simile in Senato (con il centrodestra a quota 112). Sull’altro fronte Pd a 43 senatori, il M5S 37, Italia viva 1, Svp 2.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Verderami Francesco
Titolo: Settegiorni – La lite a sinistra nel nuovo mondo – La sinistra divisa su tutto e il nuovo mondo del proporzionale
Tema: Legge elettorale
Anche ieri a sinistra hanno continuato a litigare. Ma in un mondo che è cambiato. In vista della terra promessa, che sarà il proporzionale, assumono un altro significato gli scontri quotidiani tra Zingaretti e Renzi, l’appello di Bersani alla costituzione di un nuovo partito della sinistra, i botta e risposta tra «compagni e amici» del Pd, le iniziative movimentiste che oggi si chiamano Sardine. Il futuro modello elettorale, se il Parlamento lo approverà, non sarà un ritorno al passato, perché dopo ventisei anni di bipolarismo e di sistemi più o meno maggioritari, per tutti i leader (vecchi e nuovi) sarà come inoltrarsi in una selva inesplorata. L’unica certezza – come dice un ministro dem – è che «si sta per avviare un processo di scomposizione e di ricomposizione. Ma non si sa quanto durerà questo processo e come sarà il futuro». Sono troppe le incognite. Eppoi ci sono due variabili che nessuno può adesso calcolare, e di cui però già si discute nel Pd, come riferisce uno dei suoi dirigenti più autorevoli: «Non è chiara la sorte dei 5 Stelle e in che modo verrà gestita una loro eventuale implosione. In più andrà verificata la capacità di Salvini di gestire la sua spinta propulsiva in una sfida di medio-lungo termine». In mezzo a tante incertezze, la sinistra si aggrappa al motto che contraddistingue la sua storia: «Competition is competition».
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Testata:  Messaggero
Autore:  Gentili Alberto
Titolo: Il retroscena – Proporzionale, l’intesa già scricchiola E il Pd adesso rilancia il cancellierato
Tema: Legge elettorale
Ora che è passata la Grande Paura. Adesso che la Consulta ha bocciato il referendum leghista per II maggioritario, già comincia a scricchiolare l’accordo di maggioranza per il proporzionale con sbarramento al 5%. E Nicola Zingaretti, per rispondere a chi l’accusa come Matteo Salvini e Giorgia Meloni di favorire l’ingovernabilità, lancia la proposta del cancellierato: una legge costituzionale con la sfiducia costruttiva e la preminenza del presidente del Consiglio sui ministri. Ma andiamo con ordine. Il nodo che divide i rosso-gialli è la soglia di sbarramento al 5%. Non piace a Liberi e uguali (Leu). E anche se Matteo Renzi continua a ripetere di non temere questa soglia («supereremo il 10%»), Italia Viva è sospettata di lavorare nell’ombra per scendere al 4%. Esattamente come Forza Italia che, comunque, vorrebbe inserire una piccola quota di maggioritario per non perdere «l’aggancio coalizionale». Traduzione: riuscire a tenere agganciato Salvini in un’ottica di coalizione per poter incassare una manciata di collegi sicuri. «In maggioranza sul proporzionale con sbarramento al 5% non c’è accordo», dice Federico Fornaro, capogruppo di Leu, «e questo è dimostrato dal fatto che la proposta di riforma è stata presentata dal presidente della commissione Affari costituzionali e non dai capigruppo della maggioranza».
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Testata:  Messaggero
Autore:  Ricolfi Luca
Titolo: L’analisi – Trasformismo serve un argine nella legge che verrà
Tema: Legge elettorale
Curioso. La Consulta ha dichiarato inammissibile il referendum volto a cancellare la quota proporzionale dell’attuale sistema elettorale in quanto il quesito sarebbe “manipolativo”, ma proprio la decisione della Consulta – ora che è stata presa – spiana la strada al più spettacolare tentativo di manipolare le regole del gioco mai messo in atto nella storia della Repubblica. Probabilmente la Consulta, stante il principio dell’autoapplicatività (la legge elettorale uscita dal referendum deve essere immediatamente applicabile), non aveva altra scelta. Ma questo non toglie che la situazione che si è venuta a determinare sia estremamente preoccupante. Per l’ennesima volta assistiamo al tentativo di una parte politica di fare ciò che, quando le acque sono calme, si promette di non fare mai, e poi – appena si hanno i numeri per farlo – si finisce per fare sempre: il cambiamento unilaterale delle regole del gioco, e in particolare della regola più importante, la legge elettorale. Questo e’ quel che sta succedendo. Questo governo è nato, per ammissione dei suoi stessi esponenti, per impedire che gli avversari politici possano influire sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica. Ora però quell’obiettivo, già di perse ben poco democratico, non basta più: si vuole anche impedire che, nella prossima legislatura, il governo che verrà venga scelto dai cittadini attraverso il voto.
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Testata:  Stampa
Autore:  Grignetti Francesco
Titolo: Intervista a Luciana Lamorgese – Lamorgese: “Task-force contro la mafia in Puglia” – “Una task force della Dia a Foggia per restituire fiducia ai cittadini”
Tema: Task force Dia
«E’una situazione che non va sottovalutata e che merita la massima attenzione, non lo nascondo». Luciana Lamorgese è un ministro dell’Interno di pochissime parole e zero esternazioni via social. «Non ho tempo per Twitter, da qui passano tantissimi problemi al giorno», si limita a dire. Ed è già una rivoluzione copernicana rispetto al suo bulimico predecessore. E mentre la politica italiana si accapiglia su leggi elettorali, il futuro delle alleanze, quando votare e futilità simili, Lamorgese sta nel suo studio e lavora. In questi giorni si dedica a Foggia. Ieri, poi, una prima assoluta: un comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, con i magistrati e i vertici delle forze di polizia, alla presenza del commissario straordinario anti-racket, il prefetto Porzio, e oltre 500 persone:studenti e professori, sindacalisti e imprenditori, l’associazionismo. Il prefetto, Raffaele Grassi, un super-poliziotto, uno tosto, ha lanciato un appello: «Dobbiamo fare un muro, eretto da tutte le componenti sociali, contro le organizzazioni mafiose. E venuto il momento di schierarsi nella lotta al crimine. Leghiamoci nella legalità». Il ministro approva: «Bellissimo». Ma a Foggia non possono bastare le belle parole. «Lo Stato – dice Luciana Lamorgese – farà la sua parte. Il 15 febbraio si inaugura una sezione operativa della Dia, la direzione investigativa antimafia. Saranno una ventina di investigatori. Intanto ho concordato con il Capo della polizia, il prefetto Gabrielli, che manderemo consistenti rinforzi nell’immediato, per accompagnare questa reazione e dare un segnale tangibile alla comunità con la presenza delle forze di polizia». L’arrivo della Dia in città è un passo importante per rafforzare il contrasto alla mafia in città e provincia.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Pagnoncelli Nando 
Titolo: Scenari – Italiani più attenti all’ambiente
Tema: Ambiente

Venerdì prossimo sarà una data importante per il futuro del nostro Paese: verrà infatti presentato il Manifesto di Assisi che intende promuovere un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica. ll Manifesto, ideato dalla Fondazione Symbola e dal Sacro Convento di Assisi, annovera tra i promotori i vertici di associazioni imprenditoriali e di primarie imprese italiane; in queste settimane ha raccolto l’adesione di oltre 1.600 esnonenti di ambiti diversificati, dall’economia alla cultura, dalle istituzioni ai mondi associativi, alle amministrazioni locali. Non vuole essere un libro dei sogni, ma un impegno concreto dei firmatari a contribuire, ciascuno nel proprio ambito, al miglioramento sociale e ambientale del nostro Paese. Da alcuni anni il tema della sostenibilità è oggetto di un’attenzione crescente da parte degli italiani; riguarda innanzitutto l’ambiente ma anche le diseguaglianze e la coesione sociale. Indubbiamente le preoccupazioni per la crisi climatica hanno contribuito ad aumentare l’importanza attribuita al tema e ai rimedi che possono essere adottati.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Pogliotti Giorgio
Titolo: Fisco, per 16 milioni di contribuenti sconti da 16 a 100 euro al mese – Per 16 milioni di dipendenti sconto in busta da 16 a 100 euro
Tema: Fisco
Dal prossimo luglio il taglio del cuneo fiscale produrrà un vantaggio economico per 4,3 milioni di lavoratori dipendenti con redditi da 26.600 fino a 40 mila euro, attualmente esclusi dal bonus di 80 euro, che beneficeranno di una detrazione che oscilla tra i 100 e i 16 euro mensili. Inoltre gli 11,7 milioni di lavoratori con redditi da 8.200 a 26.600 euro che già hanno in busta paga il cosiddetto “bonus Renzi” continueranno a riceverlo, ma in forma “potenziata”: con gli ulteriori 20 euro, il vantaggio complessivo salirà a too euro mensili. Coinvolge nel complesso 11,7 milioni di lavoratori l’operazione finanziata dalla legge di Bilancio con 3 miliardi per il 2020 e 5 miliardi nel 2021, illustrata ieri a palazzo Chigi dal premier Giuseppe Conte, i ministri Roberto Gualtieri (Economia), Nunzia Catalfo (Lavoro) ilviceministro Laura Castelli (Economia), ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. È previsto un meccanismo a décalage: per i redditi da 8.200 euro a 28 mila euro il beneficio complessivo in busta paga equivale a 1.200 euro in più su base annua, mentre da 29mila euro il vantaggio si attesta su 1.166 euro l’anno. Con l’aumentare dei redditi la detrazione diminuisce progressivamente fermandosi a 192 euro annui a 39 mila euro di reddito, fino ad azzerarsi per chi dichiara 40 mila euro.
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Mobili Marco – Trovati Gianni
Titolo: Così l’impatto in busta paga: premiati di più i redditi nella fascia 26-29mila euro – Il nuovo taglio al cuneo premia di più i redditi tra 26 e 29mila euro
Tema:
I vincitori effettivi della lotteria del taglio al cuneo fiscale sono i titolari di redditi fra 26.600 euro e 29mila euro. Che fino a oggi erano esclusi dal bonus Renzi, e che secondo il meccanismo illustrato ieri dal governo alle parti sociali avranno ex novo un beneficio da 1.200 euro all’anno, loo euro per ogni mensilità, o poco sotto questa cifra peri redditi appena superiori per l’avvio del décalage che porta l’aiuto a 1.166 euro a 29 mila euro. Per questi lavoratori, 1,46 milioni di persone secondo i dati più aggiornati del Fisco, il netto in busta paga sarà superiore al 5%: lo stipendio effettivo che arriva sul conto corrente crescerà de15,6% per chi dichiara 27mila euro lordi all’anno, si irrobustirà del 5,5% a 28 mila euro. A quota 29mila, con l’inizio del décalage, il beneficio è del 5,2%. Più in alto, e soprattutto più in basso rispetto a queste fasce, l’effetto sarà via via ridotto: a 9 mila euro di reddito lordo l’aumento in busta paga sarà del 2,5%, per scendere all’1,2% a 24 mila, ultima fascia che oggi ha il bonus Renzi in formula piena. La girandola degli effetti dello sconto fiscale disegnato dal governo dipende dall’incrocio di due variabili: gli attuali 80 euro, con il décalage che riduce il bonus al crescere del reddito fra 24 mila e 26.600 euro lordi annui, e le fasce pensate con il nuovo meccanismo.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Salvia Lorenzo
Titolo: Su le buste paga per 16 milioni di dipendenti – Meno tasse per 16 milioni di dipendenti
Tema: Fisco
La sala non è stata scelta a caso. È quella Verde di Palazzo Chigi, dove nel 1993 governo, imprenditori e sindacati firmarono il patto sulla concertazione, cioè la consultazione preventiva delle parti sociali sulle grandi scelte per l’economia. Qui il governo Conte due, Cgil, Cisl e Uil hanno trovato l’accordo sul taglio del cuneo fiscale, la riduzione delle tasse sul lavoro che farà salire la busta paga netta di 16 milioni di lavoratori dipendenti. I 3 miliardi stanziati per quest’anno dalla legge di Bilancio saranno destinati a chi ha un reddito tra gli 8.200 e 40 mila euro lordi l’anno. Un tetto un po’ più alto rispetto ad altre ipotesi messe sul tavolo che prevedevano una platea più stretta di beneficiari ma con un bonus maggiore, fino a 120 euro al mese. Ampliando la platea fino a 4omila euro, invece, lo sconto massimo si fermerà a loo euro: 20 in più per chi già prende il bonus Renzi da 80 euro. Restano però esclusi, come era già avvenuto nel 2014, i cosiddetti incapienti. Sono le persone che hanno un reddito inferiore agli 8.200 euro l’anno, soglia al di sotto della quale non si pagano tasse e che quindi non possono avere sconti fiscali visto che i loro versamenti sono già pari a zero. Il governo promette che un intervento ci sarà anche per loro ma resta tutto da vedere.
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Testata:  Repubblica
Autore:  Conte Valentina
Titolo: Intervista a Laura Castelli – Castelli “E ora daremo un assegno a chi ha un reddito troppo basso”
Tema: Fisco
Chiuso l’incontro con i sindacati, Laura Castelli si è precipitata a Paola, in Calabria per sostenere il candidato dei Cinque Stelle alle regionali del 26 gennaio, Francesco Aiello. Torinese, 33 anni, Castelli è rimasta viceministra all’Economia anche nel governo giallorosso, dopo l’esperienza con la Lega. «Nessun problema con il ministro Gualtieri, quando si lavora col cuore e su obiettivi comuni le soluzioni si trovano sempre», dice tra un comizio e l’altro. Viceministro, come giudica il primo tavolo per tagliare le tasse ai lavoratori? «Sono soddisfatta, è un inizio. Cominciamo nel migliore dei modi questo percorso che ci porterà alla riforma fiscale. In un clima nuovo, costruttivo. Fatto di confronto e ascolto con i sindacati». Tradurrete questa intesa entro gennaio? «Concorderemo un testo già la prossima settimana con tutte le forze di maggioranza. Potrebbe avere la forma del decreto legge. Per la riforma fiscale pensiamo invece a una legge delega. Da luglio taglieremo le tacce a 16 milioni di lavoratori. Poi da gennaio 2021 avremo una nuova Irpef». Avete pero lasciato fuori 4 milioni dl lavoratori poveri, i cosiddetti incapienti – donne, giovani, part-time involontari – già esclusi dagli 80 euro. «Un tema molto importante, trascurato dalla politica per anni, a partire proprio da chi ha costruito quegli 80 euro. L’Italia non pub chiudere gli occhi di fronte a queste persone, sia lavoratori che pensionati. Posso garantire che saranno al centro della nostra riforma fiscale. Magari come destinatari di un assegno ad hoc. Il taglio delle tasse che stiamo definendo è solo una misura spot. Per noi non c’è cuneo senza riforma dell’Irpef».
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Orlando Luca
Titolo: Istat: a novembre export giù del 4,2% – Made in Italy Novembre nero per l’export: peggior calo da giugno 2011 – Export giù del 4,2% Peggior calo dal 2011
Tema: Istat
Farmaci, alimentari, prodotti in pelle. Nell’anno nero della meccanica sono questi tre settori atenere a galla il made in Italy, permettendo all’export Italianodi mantenere un segno positivo nei primi n mesi del 2019. Novembre non aiuta. I dati Istat evidenziano infatti un calo congiunturale del 4,2% (il più ampio da giugno 2011) e una frenata su base annua de13,2%. Il confronto statistico, che si traguarda con periodi spinti verso l’alto da maxi-commesse navali, non favorisce le medie. Ma anche al netto di questa distorsione la debolezza rimane, con il made in Italy a cedere terreno per numerosi settori e in molti mercati. Su base annua la diminuzione di novembre è determinata sia dai mercati extra Ue (-3,7%) che dall’Europa (-2,7%), area in cui spicca in particolare il calo della Germania, accompagnata però nel trend negativo da Spagna e Regno Unito. Valori non del tutto inattesi, come testimoniato dai dati delle produzione industriale. Deboli a novembre come ormai da molti mesi, per effetto anche della minore tonicità degli scambi internazionali, che nel 2019 si stima abbiano realizzato in termini reali una crescita prossima allo zero. A novembre spicca il calo di oltre quattro punti della Germania, frenata che porta in rosso il bilancio del 2019 con Berlino.
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  D.Col.
Titolo: Bankitalia: in tre mesi Pil a zero – Bankitalia: nel 2020 Pil +0,5%, rischi di ribasso
Tema: Pil
Gli ultimi tre mesi del 2019 si sarebbero chiusi su una variazione zero del Pil, con il risultato di una crescita annua attorno allo 0,2%, che è poi il valore dato per acquisito di Istat a fine ottobre. Quest’anno, invece, non si andrebbe oltre un +0,5%, mentre per registrare un’intonazione migliore bisognerà aspettare il prossimo biennio (+0,9% nel 2021 e +1,1%nel 2022 con disinnesco delle clausole Iva). La narrazione della congiuntura nazionale riparte con le proiezioni di Bankitalia diffuse ieri nel primo Bollettino economico, aggiornato sui dati disponibili fino al 13 gennaio. Il racconto resta critico, appesantito soprattutto dalla debolezza del settore manifatturiero. Secondo gli analisti di via Nazionale negli ultimi tre mesi del ’19 la produzione industriale avrebbe perso ulteriore terreno e gli ordinativi si sarebbero stabilizzati, mentre per il nuovo anno l’espansione degli investimenti si annuncia più bassa (come confermato due giorni fa dall’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita). Sono valutazione con rischi al ribasso – si sottolinea nel Bollettino – rischi che potrebbero materializzarsi se la debolezza del ciclo industriale dovesse trasmettersi al settore dei servizi. Mentre la debolezza del quadro internazionale (ed europeo) è solo in parte compensata dall’intonazione espansiva della politica monetaria e dalle condizioni più toniche dei mercati finanziari. Riguardo al contesto europeo, per esempio, le previsioni danno per scontato che i cospicui investimenti pubblici programmati vengano realizzati nei tempi dovuti, se ci fossero ritardi le conseguenze si farebbero subito sentire.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Sensini Mario
Titolo: «Italia, Pil allo 0,2% Investitori sui Btp»
Tema: Pil
La Banca d’Italia conferma le previsioni di una crescita moderata per l’economia italiana, con i conti pubblici del 2019, anno caratterizzato dal ritorno di interesse degli investitori stranieri sui titoli di Stato italiani, in leggero miglioramento rispetto ai programmi dell’esecutivo. Secondo il Bollettino economico di Via Nazionale, il prodotto interno lordo sarebbe cresciuto dello 0,2% l’anno scorso, con il deficit leggermente inferiore al 2,2% del pil, ma anche un nuovo aumento del debito pubblico. Nell’ultimo trimestre dell’anno, segnala tuttavia la banca centrale, l’attività economica ha subito una nuova battuta d’arresto. Per quest’anno la previsione è di un incremento del prodotto interno lordo dello 0,5%, con un’accelerazione al più 0,9% nel 2021 e all’1,1 nel 2022. La crescita sarebbe sostenuta «sia dalla graduale ripresa degli scambi internazionali, sia dalla moderata espansione della domanda interna», con il reddito di cittadinanza che fa sentire i suoi primi effetti. Il nuovo assegno, secondo Banca d’Italia, spingerebbe la spesa delle famiglie dello 0,3% tra il 2019 e il 2020. «La crescita – sottolinea tuttavia il Bollettino della Banca d’Italia – è ancora esposta a rischi rilevanti, connessi con l’incertezza geopolitica in aumento, con i conflitti commerciali solo in parte rientrati e con il debole andamento dell’attività economica nei nostri maggiori partner europei». Secondo la banca centrale, lo stimolo della manovra di bilancio alla crescita dell’economia «potrebbe inoltre risultare inferiore a quanto prefigurato qualora fosse ritardata la realizzazione dei cospicui investimenti pubblici programmati, inclusi nel quadro previsivo», ma anche «se si riaccendessero tensioni sui mercati finanziari».
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Masciandaro Donato
Titolo: Falchi & Colombe – Stagnazione, la cura non è il debito – Se c’è la stagnazione, la cura non è il debito
Tema: Fisco
Il rischio è la crescita zero? Per tanti la risposta macroeconomica è la corsa al debito. Con tassi zero e negativi, accelerare la crescita di debito pubblico e privato sembra essere per molte colombe la rotta maestra per affrontare la stagnazione economica, che preoccupa tutti i Paesi avanzati – ma non solo – con l’Italia in prima fila. Il percorso che va dall’accelerazione del debito a una stabile ripresa economica dà però spesso per scontato un passaggio cruciale – l’effetto sulla produttività – che invece può diventare un autentico triangolo delle Bermuda, che ha già ha provocato dolorose crisi finanziarie, seguite da almeno altrettante profonde recessioni. Per cui ai falchi tale scelta non piace affatto. I dati disponibili d dicono che la rotta giusta sta nel mezzo. Partiamo dal fatto che il debito totale mondiale è cresciuto senza interruzioni dal 1970, raggiungendo, secondo la Banca mondiale, il 230% del Píl. Negli ultimi anni la crescita è stata particolarmente accentuata nei Paesi emergenti e in via di sviluppo, raggiungendo il 170%, trainata dal debito privato, soprattutto in Cina. Chi guarda senza preoccupazione alla crescita sistematica dell’indebitamento pubblico e privato pensa correttamente che l’aumento del debito debba essere strumentale all’aumento degli investimenti, che a loro volta costituiscono il volàno principale di una cresdta economica sana e regolare.
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Carboni Carlo
Titolo: Toccherà a società e istituzioni allontanare la fine del lavoro
Tema: Lavoro
Con una popolazione mondiale che ha varcato i sette miliardi e mezzo, il pianeta conta su una forza lavoro di poco più di sei miliardi di persone, di cui due miliardi circa sono occupati alle dipendenze e altrettanti in lavori autonomi. Ci sono inoltre un milianlo di lavoratori in nero e poco più di un miliardo di disoccupati. Di conseguenza, sul pianeta abbiamo oltre due miliardi di persone che non sanno che vita potranno consentirsi, presi da totale incertezza o da povertà estrema con meno di 1,90 dollari al giorno (1 su 7 nel pianeta). Senza trascurare che ancora nel mondo vi sono 40 milioni di persone che vivono e lavorano in totale schiavitù. Le cattive notizie non sono finite poiché non pochi esperti e studiosi prevedono che la situazione dell’occupazione mondiale peggiorerà, questa volta proprio dove (territori, settori) i costi del lavoro sono più alti, perché le nuove tecnologie saranno meno care e in grado di sostituire lavoro routinario e non. Altri ritengono che se accelerasse la rivoluzione tecnoindustriale 4.0, cioè l’implementazione di tecnologie come la robotica, l’Ai, le stampanti 3D, la biologia sintetica, droni e altri veicoli autonomi, l’Intemet delle cose (IoT), nanotecnologie, realtà aumentata (Ar), le sinergie tra di esse solleciterebbero una straordinaria creatività umana in grado di produco: nuova occupazione La liberazione dell’uomo dal lavoro non avverrà per sottrazione: anzi, esso diventerà sempre più leggero e piacevole, un mezzo di autorealizzazione per dare senso alla propria vita.
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Testata:  Stampa 
Autore:  GA.DES. 
Titolo: Intervista a Monica Parrella – “Crollo di assenze per malattie e più obiettivi raggiunti Vince la cultura dei risultati”
Tema: PA

«Nulla più dello smart working è distante dalle logiche del lavoro pubblico, ma qui sta funzionando», dice la direttrice generale del personale Monica Parrella. Al Ministero dell’Economia 700 persone possono lavorare da casa fino a sei giorni al mese. Risultato? La produttività aumenta e crollano le assenze per malattia breve e congedi. Come funziona il lavoro agile al Mef? «È il più grande progetto di smart working nell’amministrazione centrale dello Stato: è coinvolto più del 10% del personale degli uffici. I lavoratori possono concordare con i loro capi fino a sei giorni al mese di lavoro a distanza. Il Mef mette a disposizione un pc e un sistema per accedere in remoto al proprio desktop. Ogni lavoratore costruisce con il proprio responsabile un percorso per obiettivi, come redigere capitolati d’appalto o dossier, da realizzare entro 6-12 mesi e quello che conta è che siano raggiunti. Al di là dei giorni in cui si lavora fuori ufficio, l’orario da rispettare rimane, naturalmente». Per la pubblica amministrazione un salto netto in termini di cultura organizzativa. «Le ore di lavoro in ufficio ci interessano meno dei risultati: ecco, introdurre questo cambio di paradigma nel settore pubblico è particolarmente difficile. Ma stiamo riuscendo a far capire a tutti che conviene passare dal controllo delle persone e delle presenze alla cultura della performance e del merito basato sui risultati».
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Testata:  Riformista 
Autore:  Bellanova Teresa 
Titolo: Niente sovranismo, serve invece un’Europa più forte – I dazi degli Usa, meno sovranismo più Europa
Tema: Ue

Sono sicura che Phil Hogan, dinanzi all’Amministrazione Usa e nel corso dei colloqui su temi sensibilissimi come la questione Airbus-Boeing, la digital tax francese, l’automotive tedesco, abbia messo in campo con la giusta determinazione e fermezza, come noi avevamo espressamente sollecitato, tutto quanto la diplomazia pub per evitare l’enorme minaccia che continua ad addensarsi sull’agroalimentare italiano ed europeo. Allo stesso tempo sono altrettanto sicura che l’Amministrazione Usa non possa ignorare o snobbare quelle ventiquattromila firme contro i nuovi dazi sul vino europeo ed italiano inviate da fornitori, importatori, distributori, piccole aziende e consumatori americani in risposta alla consultazione pubblica lanciata dal Dipartimento del Commercio Americano, come sottolinea con forza l’Unione Italiana Vini. Firme non solo di consumatori americani appassionati della nostra cucina e dei sapori del made in Italy ma anche di segmenti economici statunitensi che dai dazi si sentono minacciati per le loro attività di import-export. Quello di cui sono pertò ancora più sicura è che, dinanzi a quanto già in vigore e che sta penalizzando prodotti di straordinaria eccellenza, e alla minaccia di nuove e ancora più pesanti sanzioni sui nostri prodotti, l’Europa non può e non deve stare ferma.
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Biondi Andrea 
Titolo: Intervista a Luigi De Vecchis – «Accuse a Huawei infondate: vogliamo essere riascoltati» – «Infondate le accuse a Huawei: chiediamo di essere riascoltati»
Tema: Huawei Italia

Scomoda l’età ellenistica e la “paradossografia” Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia: «Quando si parla di noi io penso che solo nella storia si possa riscontrare una narrazione di fatti straordinari ai limiti dell’inverosimile». Il tono però si capisce che è allarmato, di chi sa che l’aria va facendosi vieppiù irrespirabile per il colosso cinese delle Tlc che in Italia nel 2018 ha chiuso l’anno – stando al bilancio depositato – con valore della produzione superiore a 1,5 miliardi e utile di 25 milioni. E se il 2019 è stato un anno in cui la società di Shenzhen si è trovata a fare i conti con l’opposizione del governo Usa, che l’ha messa al bando ritenendola un agente di spionaggio per conto di Pechino, il 2020 non si preannuncia migliore quanto a clima complessivo. In Italia Huawei deve guardarsi dalla spada di Damocle della relazione del Copasir, il Comitato parlamentare sulla sicurezza che prima di Natale ha invitato a escludere le aziende cinesi – il riferimento è a Huawei e Zte – dalla realizzazione delle reti 5G in Italia. «Stiamo chiedendo un nuovo incontro al Copasir. Le argomentazioni contro Huawei sono prive di fondamento e formulate senza l’onere della prova. Non mi stancherò di ripeterlo», puntualizza Luigi De Vecchis.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rosina Alessandro 
Titolo: L’analisi – Pechino alla sfida del calo demografico – Pechino preoccupata dall’impatto del calo demografico
Tema: Cina

Quando alla fine degli anni Settanta del secolo scorso entrò in vigore la politica del figlio unico, la Cina si apprestava a essere il primo paese al mondo a superare il miliardo di abitanti. La piramide demografica presentava una base molto larga, con il 60% della popolazione sotto i 25 anni e meno del 5% sopra i 65. Oggi il primo gruppo di età risulta dimezzato e il secondo triplicato. Un dato che spesso viene evidenziato della conseguenza della politica restrittiva sulla fecondità è il rallentamento della crescita della popolazione. L’entità di tale rallentamento può essere in buona misura colto dal confronto con l’India. Quest’ultimo paese aveva 300 milioni di abitanti in meno nel 1980, ma entro questo decennio andrà a superare la popolazione cinese e continuerà poi a salire oltre il miliardo e mezzo, mentre la Cina si fermerà sotto tale soglia per poi progressivamente diminuire. La politica del figlio unico aveva, del resto, proprio l’obiettivo di contenere l’eccessivo aumento della popolazione per poter favorire la crescita economica. ll prodotto interno lordo cinese rischia ora però di subire gli effetti negativi dello stesso indebolimento demografico.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Santevecchi Guido 
Titolo: Mai così pochi nati da settant’anni La Cina cresce, ma invecchia troppo
Tema: Cina

È più importante il Pil al 6,1% o contano di più i figli? «la Cina ha superato una pietra miliare nel suo percorso di crescita, raggiungendo l’obiettivo dei io mila dollari di Pil pro capite», annuncia Pechino. Xi Jinping aveva promesso per il 2020 la costruzione di una «società moderatamente prospera» e i 10 mila dollari erano l’obiettivo statistico. Naturalmente la cifra è virtuale, solo perla statistica gli 1,4 miliardi di cinesi condividono i 10 mila dollari di prodotto lordo all’anno. Però, dopo aver celebrato il traguardo (10.276 dollari a testa ha precisato con orgoglio il direttore dell’Ufficio nazionale di statistiche) i pianificatori di Pechino dovranno fare i conti con la denatalità: il tasso di nascite nel 2019 è sceso ancora, all’1,05%, il più basso dalla fondazione della Repubblica popolare, settant’anni fa. Nel 2019 sono nati 14,65 milioni di bambini, 580.000 meno dei 2018: il numero più basso dal 1961, quando il Grande balzo industriale tentato da Mao Zedong aveva sprofondato l’impero nella carestia. Ia popolazione in età lavorativa (trai 15 e i 59 anni) si è ridotta di 890.000 unità. Solo il Giappone fa peggio tra le grandi potenze. Una bomba ad orologeria. Con la popolazione attiva che diminuisce si restringe il numero dei consumatori del mercato interno, come sanno bene le società occidentali. La società cinese potrebbe invecchiare prima di diventare davvero ricca.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Titolo: La doppia sfida di Erdogan sul gas per crescere in Libia e a Cipro – La doppia sfida di Erdogan nelle acque tra Cipro e Libia
Tema: Turchia

Il passo più lungo della gamba, Recep Tayyip Erdogan l’ha fatto lo scorso 27 novembre. Quando, ricevendo il premier libico del Governo di accordo nazionale (Gna) diTripoli, Fayez al-Serraj, il presidente turco firmava con lui un accordo per la definizione dei confini marittimi e lo sfruttamento delle rispettive zone economiche esclusive nel Mar Mediterraneo. Il Gna, riconosciuto dall’Onu e sostenuto dalla Turchia (anche militarmente),in realtà controlla solo una parte della Tripolitania,un fazzoletto di terra. Il resto della Libia è in buona parte in mano al generale Khalifa Haftar, sostenuto attivamente da Egitto, Russia,Emirati e Arabia Saudita. E “tollerato” da molti altri Paesi. Poco importa, per Erdogan. Questo accordo che, al di là dei due firmatari, non piace a nessuno,collega di fatto la sponda sud-occidentale della Turchia a quella nord-orientale della Libia. Non solo. Attraversa una zona contesa tra Cipro e Grecia in cui dovrebbe transitare il gasdotto Eastmed, un’autostrada sottomarina che, se approvata (il progetto costa circa 6 miliardi di dollari), collegherebbe i mercati europei con i giacimenti presenti nel Mediterraneo orientale (di Israele e Cipro). Sancendo di fatto la spartizione di due aree marine potenzialmente ricche di altri grandi giacimenti di gas.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  R. Bon. 
Titolo: Berlino, Haftar tratta da posizioni di forza
Tema: Libia

Come era prevedibile, il cammino della Conferenza internazionale sulla Libia,domani a Berlino, appare tutto in salita ancor prima di cominciare. Il vertice per trovare una soluzione al caos libico rischia di trasformarsi in un boccone indigesto per il premier del Governo di accordo nazionale (Gna) di Tripoli, Fayez al-Serraj. Giovedì notte è circolata una bozza, in 55 punti, sulla dichiarazione finale, ottenuta in esclusiva da “Agenzia Nova”. Tra i punti del documento sulla Libia vi sarebbero il progetto per un nuovo governo di accordo nazionale rappresentativo di tutto il Paese, un cessate il fuoco tra le parti in conflitto, la smobilitazione e il disarmo delle milizie, l’embargo sulle armi, la ripresa del processo politico guidato dai libici, il rifiuto delle ingerenze straniere, la lotta al terrorismo, l’unificazione dell’apparato di sicurezza, il ripristino delle strutture economiche. La bozza è ancora suscettibile di modifiche, ma traccia una linea. Salta subito alla luce il fatto che nel testo non vi sia un riferimento, anche marginale,alla missione europea di monitoraggio di cessate il fuoco che avrebbe dovuto essere inviata in Libia. Questa conferenza a cui partecipano così tanti capi di Stato, e taluni davvero importanti, sdogana e legittima il ruolo del generale Khalifa Haftar, il signore della Cirenaica (che ha ormai conquistato gran parte della Libia) sostenuto nella sua offensiva militare da Egitto, Emirati Arabi, Arabia saudita e da centinaia di mercenari russi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: A Berlino non si parlerà della missione in Libia – A Berlino non si discuterà di missioni per la Libia E si apre il «caso Grecia»
Tema: Libia

L’unica cosa di cui non si parlerà alla Conferenza sulla Libia, che si apre domani pomeriggio a Berlino, è l’organizzazione di una missione internazionale per garantire il cessate il fuoco e l’inizio di un processo politico. «Troppo presto, non siamo ancora a una fase così avanzata», avvertono diverse fonti europee alla vigilia del vertice voluto e preparato per mesi dalla diplomazia tedesca, che ha investito molto sulla sua riuscita. L’iniziativa di Berlino si vuole in appoggio agli sforzi di mediazione dell’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé. L’obiettivo principale dell’appuntamento berlinese è infatti di sancire solennemente l’impegno a consolidare la fragile tregua raggiunta sul terreno tra il governo di Fayez al-Sarraj e l’Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar. È un impegno che coinvolge non solo i duellanti, ma anche tutti gli altri attori regionali e internazionali in qualche modo coinvolti nella vicenda libica e invitati da Angela Merkel al Kanzleramt insieme al Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres: i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) e poi Italia, Turchia, Egitto, Emirati Arabi, Algeria e Repubblica del Congo. E’ da questi protagonisti esterni che dovrebbe venire un movimento decisivo, mirato a chiudere definitivamente i rubinetti che alimentano la guerra civile nel Paese nord-africano, con la cessazione delle coperture politiche e soprattutto delle forniture di armi al rispettivi clienti.
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Testata:  Repubblica
Autore:  Mastrobuoni Tonia 
Titolo: Missili turchi a difesa di Tripoli A Berlino si tratta la tregua
Tema: Libia

Nelle stesse ore in cui la lista dei partecipanti alla Conferenza di Berlino si arricchiva di Paesi e presenze importanti – anzitutto quella del segretario di Stato americano Mike Pompeo e dei vertici della Ue – i protagonisti della guerra in Libia continuavano con le loro schermaglie a distanza. Ieri sera una tv qatarina ha rilanciato la notizia che il premier libico Fayez al Serrai avrebbe potuto disertare Berlino. Ma secondo indiscrezioni sarebbe solo uno dei tanti tatticismi della vigilia di un vertice. Al quale i padroni di casa guardano con grande cautela e con l’obiettivo di cementare la tregua, ottenere un embargo sulle armi e mettere le parti su una traiettoria solida per un accordo di pace. Intanto, non è certo se la Germania riuscirà a convincere Serraj e il generale Khalifa Haftar a negoziare nella stessa stanza. Una fonte del consiglio presidenziale libico si dice pert) «certa che Serrai andrà: Berlino è un’occasione d’oro per Tripoli». Il ragionamento è che se il premier disertasse la Conferenza, non solo farebbe infuriare i suoi alleati europei, mala guerra rischierebbe di riprendere un minuto dopo. E il suo rivale Haftar preme già alle porte di Tripoli.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  R.Es. 
Titolo: Khamenei all’attacco di Europa e Usa, il dialogo sul nucleare è «un inganno»
Tema: Iran

Attacchi frontali. La Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha lanciato accuse durissime contro gli Stati Uniti e Donald Trump, responsabili dell’uccisione del generale Qassem Soleimani, schierandosi invece a sostegno delle Guardie della rivoluzione. Gli attacchi sono stati sferrati durante un sermone del venerdì, raro – non lo teneva dal febbraio del 2012 – e dunque di forte significato simbolico. Il presidente americano è stato definito «pagliaccio» che finge di sostenere il popolo iraniano ma poi lo «colpirà alle spalle con un pugnale velenoso». Quanto alle Guardie della rivoluzione – oggetto di manifestazioni di protesta nel Paese dopo l’ammissione di averabbattutopererroreun Boeing delle linee aree ucraine durante la risposta all’uccisione di Soleimani – Khamenei ha sottolineato che «i nostri nemici sono stati felici di trovare una scusa per screditare, le Guardie, le forze armate e il nostro sistema». Nelle stesse ore il presidente americano ha dichiarato invece – anche con un tweet in lingua farsi – di supportare le manifestazioni contro la Repubblica islamica. Inevitabilmente distrutta anche la tessitura sull’accordo nucleare. Khamenei ha escluso possibilità di collaborazione con i Paesi europei: «Ho detto sin dall’inizio che non ho alcuna fiducia nel dialogo con l’Occidente sulle nostre attività nucleari e nei gentiluomini che siedono ai tavoli negoziali e vestono guanti di seta sulle loro mani di ferro. Sono al servizio degli Stati Uniti. Il dialogo con loro è un inganno».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Mazza Viviana 
Titolo: Preghiera anti Usa di Khamenei «Ci pugnaleranno alle spalle» – Khamenei parla e attacca l’Occidente
Tema: Iran

Non succedeva da otto anni. La Guida Suprema Ali Khamenei, la più alta autorità dell’Iran, che ha l’ultima parola sia sulle questioni interne che sulla politica estera, ha pronunciato ieri la preghiera del venerdì alla Mosalla di Teheran. Anche se il sermone settimanale, affidato a fedelissimi, è sempre un’espressione della sua volontà, l’ultima volta che a parlare è stato l’ayatollah in persona fu nel 2012, nell’anniversario della Rivoluzione islamica, dopo che l’allora presidente Obama aveva affermato che tutte le opzioni erano aperte sul nucleare iraniano. La Guida rispose: «Minacciare una guerra costerà caro agli Stati Uniti». Il momento è delicato, tra le pressioni (anche europee) sul programma nucleare e le proteste studentesche per la tardiva presa di responsabilità sull’aereo ucraino abbattuto. Pur dichiarandosi addolorato per la morte dei 176 passeggeri, Khamenei – sostenuto da migliaia di devoti – puntava a trasmettere forza: non ha parlato della responsabilità dei Guardiani della rivoluzione nell’incidente. Ha invitato all’unità nazionale e sostenuto che le proteste dei giorni scorsi sono state influenzate dai «nemici» dell’Iran, che le usano per oscurare l’uccisione del generale Soleimani per mano degli americani, le folle scese in piazza ai suoi funerali, ma anche lo «schiaffo» del bombardamento delle basi irachene «grazie all’aiuto di Dio».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  D’Argenio Alberto 
Titolo: Intervista a Margaritis Schinas – Ora l’Europa ha un piano – Il commissario Ue “Migranti, si cambia Patto sui rimpatri e polizia europea”
Tema: Ue

«L’Europa non può permettersi di fallire una seconda volta sui migranti». Con questa consapevolezza Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione Ue presieduta da Ursula von der Leyen, anticipa la filosofia del Patto europeo sui migranti che presenterà nelle prossime settimane con il difficile obiettivo di mettere finalmente d’accordo tutte le capitali dell’Unione. Negli scorsi anni da portavoce di Jean-Claude Juncker il cinquantasettenne greco ha vissuto in prima persona il fallimento delle trattative. Ora che è stato nominato commissario dal governo di centrodestra del suo Paese spiega come proverà ad andare a dama: «Il Patto coprirà tutti gli aspetti delle politiche migratorie, solidarietà e responsabilità troveranno risposte contemporaneamente in modo che ogni governo – del Nord, del Sud e dell’Est – possa vedere elementi soddisfacenti». Per prepararsi il terreno, Schinas è impegnato in un giro delle capitali che martedì lo porterà a Roma, dove incontrerà la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. «Procederemo con un approccio complessivo che non coprirà solo riforma del diritto di asilo e ricollocamenti, fondamentali per i governi di Italia, Grecia, Malta e Spagna. Oltre alla solidarietà, regoleremo da subito anche gli elementi di responsabilità indispensabili ai paesi del Nord e dell’Est rinforzando i confini esterni, lanciando una vera politica di rimpatri e creando corridoi legali per migranti altamente qualificati».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Tomasello Maria_Rosa 
Titolo: La Ue dice no al riconoscimento facciale nei luoghi pubblici – “No all’utilizzo nei luoghi pubblici” L’Ue stoppa il riconoscimento facciale
Tema: Ue

Gli occhi saranno la nostra password, ma nell’era della sorveglianza di massa, i nostri dati biometrici – il volto, l’altezza, i segni particolari – conservati in giganteschi database, potrebbero essere usati per spiarci e seguirci ovunque. Mentre in Cina, come negli Stati Uniti, l’utilizzo del riconoscimento facciale nei luoghi pubblici diventa sempre più invasivo, l’Unione europea frena sull’utilizzo di una tecnologia ad alto rischio per la privacy e prepara una moratoria per valutare i potenziali pericoli. L’allarme è contenuto in un documento anticipato ieri da Reuters e Politico. corn che prevede la possibilità di introdurre un divieto «a tempo determinato», da tre a cinque anni, per sviluppare «una solida metodologia per valutare gli impatti e le possibili misure di gestione dei rischi». Con eccezioni limitate a progetti di sicurezza, oltre che di ricerca e sviluppo. Oggi nei 28 Stati membri Ue i dati biometrici possono esser raccolti solo con il consenso della persona interessata e usati unicamente nell’ambito di procedimenti giudiziari o per motivi di interesse pubblico. In Italia il progetto più rilevante è certamente il Sistema automatico di riconoscimento immagini (Sari), enorme database utilizzato dalle forze dell’ordine che contiene i nomi e i volti di 16 milioni di persone, ma nuove sperimentazioni sono alle porte.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Rizzo Alessandra 
Titolo: Brexit, il governo rassicura la Ue: “Fino a giugno per la residenza”
Tema: Brexit

I cittadini europei residenti nel Regno Unito, ma non ancora in possesso del permesso di residenza dopo la Brexit non saranno sottoposti a deportazione automatica. È questa la rassicurazione offerta da Londra a Guy Verhofstadt, il coordinatore del Parlamento Europeo per la Brexit. I cittadini comunitari hanno fino al 30 giugno 2021 per richiedere il permesso di residenza, o «settled status». Ma Verhofstadt, che nella capitale britannica ha incontrato esponenti del governo tra cui il ministro per la Brexit Stephen Barclay, ha detto di aver ricevuto garanzie sul fatto che, anche dopo questa data, «non ci sarà deportazione automatica». E ha aggiunto: «Dopo la scadenza, i cittadini avranno la possibilità di fare domanda spiegando perché non l’hanno fatto secondo la procedura normale». L’assicurazione è stata confermata da Downing Street. II via libera per 2,5 milioni Quasi due milioni e mezzo di cittadini Ue hanno ottenuto il permesso di continuare a vivere e lavorare nel Paese: il 55%ha ottenuto il permesso di restare a tempo indefinito con il «settled status»; il 44% si è dovuto accontentare del «pre-settled status», una protezione più debole che deve essere rinnovata.
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IL SOLE 24 ORE
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LA REPUBBLICA
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IL MESSAGGERO
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