È sempre stato un imprenditore fuori dagli schemi che vedono i capitani d’industria interessati soltanto al successo della loro impresa. Brunello Cucinelliha raggiunto questo traguardo – l’omonima azienda è una delle eccellenze della moda italiana riconosciuta in tutto il mondo – senza dimenticare le origini che lo legano a filo doppio alla sua terra, il borgo di Solomeo in Umbria da lui in parte restaurato, e si è sempre speso per il benessere dei
suoi oltre duemila dipendenti. Anzi, nel tempo ha affinato le sue convinzioni sul “profitto giusto ed equilibrato”, su quello che lui chiama il “capitalismo umanistico”. Teorie ed idee che l’imprenditore – su invito del premier Draghi – ha esposto anche in un intervento al G20. Cucinelli, la ripresa post Covid sta toccando tutti i settori, compreso quello della moda e del lusso. Nell’ultimo cda lei ha parlato di un 2021 «bellissimo», con una crescita del fatturato vicina al 30%, un completo recupero delle perdite del 2020 e prospettive più che positive per i12022. Al di là dei risultati del suo gruppo, secondo lei il Covid, dal punto di vista dell’impatto economico, è ormai alle spalle? O è bene continuare a tenere la guardia alta?
«Ho molta fiducia nel futuro del sistema Italia. Negli ultimi due mesi, come azienda quotata, ho incontrato diversi investitori stranieri, in Inghilterra, a Milano, in America. E ho potuto constatare, con orgoglio, che la nostra Italia è tornata ad essere credibile nel mondo. E questo mi sembra un passo da gigante che sicuramente aiuterà l’industria manifatturiera del Paese». Merito dell’autorevolezza e del prestigio internazionale del presidente Draghi?
«Certamente essere guidati da due condottieri della levatura del presidente Sergio Mattarella e del premier Mario Draghi è stato determinante. Ma io direi comunque che è merito di tutti gli italiani che hanno dimostrato, ancora una volta, che di fronte alle emergenze sanno reagire nel modo migliore. Lo abbiamo visto con i vaccini. L’Italia è stata senza dubbio la nazione che ha affrontato meglio di tutti la pandemia».
Che però non è ancora finita, tanto che il governo ha prorogato fino a tutto marzo lo stato di emergenza. Non è preoccupato?
«Ho sempre creduto che la pandemia fosse di un impatto devastante dal punto di vista delle perdite umane, ma ho anche sempre pensato che l’impatto economico fosse temporaneo, meno forte dell’altra grande recente crisi, quella dei 2008. II nostro settore ha perso molto, anche se ad altri è andata peggio, penso ai trasporti e al turismo. Governi e banche hanno messo a disposizione tantissimi mezzi. Abbiamo affrontato una grande pestilenza mondiale, credo che siamo nella parte finale. Sono molto fiducioso. Nel frattempo, dal punto di vista sanitario, dobbiamo continuare a stare in guardia. Il nostro centro vaccinale aziendale resta aperto e con le terze dosi si fanno circa 500 vaccini al giorno. Sotto questo profilo per ora rimarrà tutto così».
Sfilate in video e acquisti online hanno caratterizzato durante la pandemia il suo settore: crede che queste modalità continueranno a imporsi, oppure si ritornerà al rapporto “fisico” con il prodotto?
«Lo si vede già: c’è una normalizzazione di tutto ciò che è e-commerce, e grande ritorno all’esperienza fisica. Le persone hanno desiderio di andare nei negozi, toccare i prodotti, farsi consigliare. Qualcosa è però cambiato: le persone sono molto più attente a come, dove e con quali materiali sono fatti i prodotti. È come se ci fosse la voglia di tornare a vivere in armonia con il Creato».
Articolo pubblicato il 24/12/2021 su Il Messaggero