Sempre meno giovani nei consigli di amministrazione delle aziende familiari italiane. Tanto che Aidaf, l’associazione che le rappresenta, propone di introdurre delle quote per gli under 4o. Ne parla il presidente Francesco Casoli.
Presidente, i Cda delle imprese familiari sono sempre più aperti, aumentano i manager esterni ma l’età media dei board resta elevata. La presenza di under 4o in 10 anni è crollata: dal 16,9%all’8,7%. Come si spiega?
«Le aziende familiari per buona parte sono state fondate tra gli anni ‘6o e’So e molto spesso i fondatori animano ancora l’azienda. La vera complessità è il primo salto generazionale. Serve pazienza e umiltà sia da parte delle vecchie generazione che delle nuove».
I giovani hanno poca pazienza o manca interesse?
«Diciamo che serve una buona dose di curiosità. Anche perché le aziende familiari sono un orgoglio del made in Italy. Nella classifica dei miliardari di Forbes i primi posti per l’Italia sono occupati da personalità legate a grandi aziende familiari. Insomma, non ci sono solo i Jeff Bezos e gli Elon Musk».
Perché delle quote sul modello di quelle di genere, quindi un 30-40%di posizioni per under 4o nei board?
«Perché per realizzare il passaggio generazionale abbiamo poco tempo. Una norma che imponga delle quote per i giovani nei board delle quotate può aiutare ad aumentare la diversità dei Cda e favorire le occasioni di crescita. Così è stato a suo tempo per le quote rosa che hanno funzionato bene».
Ma cosa possono portare i giovani in un board in termini di competenze?
«Possono offrire un punto di vista più dinamico sui cambiamenti in corso, penso alla digitalizzazione o alla svolta green. Una visione differente che può essere un vantaggio per il business».
Quali sono i rischi dell’invecchiamento delle aziende familiari?
Il rischio principale è che l’azienda non sia in grado di anticipare i cambiamenti e resti ferma, replicando gli stessi schemi produttivi e organizzativi».
Non avere giovani nei board è un controsenso oggi che il Paese con il Pnrr punta con decisione sull’innovazione tecnologica?
«Certo, il Pnrr può dare una spinta importante verso l’innovazione, servono però persone in grado di mettere a terra progetti nuovi. E i giovani in questo sono una risorsa».
Ma come si selezionano i giovani adatti a sedere in un Board?
«Il modello potrebbe essere l’antica Roma».
Cioè?
«L’imprenditore dovrebbe scegliere il proprio ‘erede’ non tra i soli familiari, che se capaci possono ambire al titolo, ma tra i migliori talenti a disposizione».
Articolo pubblicato il 20 Aprile dal Corriere della Sera