Presidente Marco Zigon, cosa ha spinto dieci anni fa un imprenditore di eccellenza del Mezzogiorno, patron della Getra, a dar vita alla Fondazione Matching Energies Foundation?
«Con l’impresa facciamo business. Ma avvertimmo l’esigenza di creare un Centro studi per dare un contributo al territorio e al Paese. Principalmente su due filoni: il Mezzogiorno, in quanto siamo da sempre convinti che sia un insostituibile motore di sviluppo dell’Italia per farle assumere un ruolo importante In Europa; e i temi della crescita sostenibile, apartlre dalle grandi scelte energetiche. Con lo spirito di guardare più avanti e non solo nell’ottica del core business aziendale, ma lavorando sul contesto in cui operiamo. Perché sono convinto che maggiore degli interessi particolari sia quello generale».
Cosa è cambiato, a suo parere, nel corso di questo turbolento decennio? Il divario del Sud col resto del Paese è aumentato.
«Posso dire che siamo stati lungimiranti. Per noi quei temi erano già sul tappeto. Come sempre purtroppo accade, nel corso del decennio sono salite alla ribalta altre priorità e i problemi si finisce per affrontarli solo quando diventano emergenziali. Del filone Mezzogiorno si molto discusso ma senza fare passi avanti sulle soluzioni del divario, anzi con qualcuno che riproponeva la teoria Stantia di sganciare il vagone meridionale per far correre di più il resto d’Italia. Solo qualche mese fa sono state stanziate risorse nel Pnrr per le infrastrutture materiali e immateriali».
Alla fine del decennio l’energia è balzata prepotentemente alla ribalta come emergenza internazionale.
«È un tema globale e l’Europa se l’è intestato, pur se i veri inquinatorI sono altre nazioni. Il Vecchio Continente non ha avviato per tempo la transizione energetica, non era autonomo sotto questo profilo e troppo tardi ci siamo accorti che con tutte le scelte escludenti che avevamo fatto (No ai rigassificatori, alle trivelle, etc.) ci siamo ritrovati a dipendere a filo doppio dalla Russia. E la guerra con l’Ucraina ha messo ‘a nudo questo problema. Perdi più non abbiamo guardato all’altra riva del Mediterraneo che apre su un’Africa ricca di materie prime».
L’Europa ne è priva.
«Non ha né materie prime né risorse energetiche. Non a caso oggi si ripensa alla globalizzazione come è stata attuata, e ci si accorge che andava mitigata con regole tali da renderla ambientalmente e socialmente sostenibile. Solo adesso ci si chiede che impatto abbia l’intera catena del valore. Tutte tematiche di cui la Fondazione ha cominciato a parlare in questo decennio, le cui soluzioni sono difficilissime, e sulle quali c’è ancora divisione nella Ue».
Ingegner Zigon, di fronte a sfide planetarie così complesse che può fare una Fondazione?
«Non può certo stabilire regole né imporre soluzioni ma può e deve stimolare discussioni, sensibilizzando i players del settore, parlando al mondo dei decisori e agii altri attori. Non ci siamo fermati neppure col Covid, grazie ai webinar, e stiamo intessendo una rete di rapporti con altri think tank, come Srm e Svimez. Con Merita abbiamo creato un legame e puntiamo ad allargare questo spettro di collaborazioni. Dopo il primo decennio avvertiamo maggiormente l’esigenza di ampliare i confini andando verso collegamenti di tipo europeo, sviluppando, penso soprattutto al filone energetico, scenari più ampi. Qualcosa in questa direzione già l’abbiamo fatta organizzando un incontro con Merita, al quale abbiamo invitato il centro di ricerche tedesco Fraunhofer. Ora stiamo avviando una buona collaborazione con la Fondazione Symbola di Ermete Realacci».
E con gli altri centri studi e fondazioni che operano sul territorio regionale?
– «Collaboriamo con piacere, e da tempo, con tutte quelle organizzazioni che hanno come obiettivo il perseguimento degli interessi comuni e non di parte. Il nostro intento è sempre quello di costruire e di dare un contributo reale allo sviluppo del Paese in cui operiamo».
Tra le sinergie che avete avviato nel corso di questo decennio c’è quella con Cas aCorriere: quattro appuntamenti annuali, nel 2017 al Chiostro di Sant’Agostino alla Zecca, nel 2019 all’Archivio di Stato, nel 2021 e quest’anno al Teatrino di Corte di Palazzo Reale. Intendete svilupparla ulteriormente e in che modo?
«Siamo molto interessati a portare avanti questo appuntamento, sviluppandolo inunavisione più ampia e sui temi a noi più vicini, che rappresentano il core della nostra attività. Provando anche, come accennavo prima, ad allargare lo scenario verso confini extranazionali. Apprezzo molto l’interesse di CasaCorriere a confrontarsi su diverse visioni e spesso ci troviamo a condividere prospettive e idee di futuro».
Presidente Zigon, si parla da tanto tempo di energie alternative, un Sud hub energetico lo ha proposto la premier Giorgia Meloni nel suo discorso di insediamento alle Camere. Ma alle parole sono seguiti, come sempre purtroppo capita, pochi fatti. Che si può realizzare in concreto in quest’ambito?
«Spesso si parla, ma senza avere particolari conoscenze degli argomenti che si affrontano. Per lo sviluppo delle rinnovabili è fondamentale il tema dell’accumulo. In questo ambito, va fatto un uso appropriato del vettore energetico idrogeno. Inoltre, nói pensiamo che il tema dirimente sia quello autorizzativo: senza superare le criticità e le lentezze in questo ambito non sarà possibile raggiungere gli obiettivi che si è prefissata l’Europa per il 2030 (3o% di energia totale prodotta da fonti rinnovabili) e per il 2o5o. Il trend non è incoraggiante. E i limitisono tanti, nazionali, europei, mondiali, come si evince anche dai risultati, direi poco significativi, di Cop26 e Cop27. Perciò occorre continuare a lavorare con riforme e moral suasion».
Forse è giunto il momento di guardare a una nuova stagione della globalizzazione.
«Indubbiamente, e serve molto pragmatismo. Oggi c’è un’emergenza legata all’approvvigionamento energetico, soprattutto in riferimento al gas, e al prezzi, che non devono metterci fuori dal mercato. Tuttavia, non bisogna perdere una visione prospettica e gli obiettivi finali, guardando ad uno sviluppo degli scam: bi commerciali che tenga conto sia della sostenibilità ambientale che di quella sociale. Ed in questo contesto il perimetro continentale e nazionale diventano più rilevanti».
Articolo pubblicato il 28 novembre da L’Economia