La sostenibilità, l’efficienza energetica e l’economia circolare saranno i macro trend dei prossimi venti, trent’anni. «Adesso a qualche impresa può ancora sembrare un investimento disruptive, ma prima si fa, meglio è. Il rischio? Continuare ad accollarsi dei costi che non si riusciranno a smaltire e che possono impattare sulla struttura e sulla sostenibilità aziendale». È categorico Elio Catania, presidente di Innovatec, il gruppo quotato all’Euronext Growth, attivo nei servizi per le imprese proprio in ottica di efficienza energetica e sostenibilità ambientale, che insieme a Eumetra ha realizzato l’«Osservatorio sulla clean technology» nelle aziende tricolori. Ben 800 il campione sottoposto ad analisi, «un quadro completo della grandi e delle piccole aziende del nostro tessuto industriale, dell’edilizia, del commercio e della ristorazione», specifica Catania. I: obiettivo è restituire una fotografia aggiornata, che tanga conto del contesto mutevole e deolicrisi in cui ci troviamo, tra inflazione, aumento dei co- sti delle materie prime, insicurezza geopolitica, della sensibilità e della cultura aziendale sui terni legati alla transizione energetica e ambientale, per comprendere come innescare quel cambio di passo che è richiesto con forza al sistema imprenditoriale. A che punto siamo, dunque? Due dati per iniziare: il 70%delle imprese interpellate ritiene che la sostenibilità abbia un impatto positivo sul business ma il go% è convinto che richieda investimenti costosi e che manchino le competenze per agire in modo efficace.
«Un risultato che ci aspettavamo — commenta Catania —. Del resto, fino a poco più di una decina di anni fa, la sostenibilità era subita da parte delle aziende. Ora le cose sono cambiate, è maturata la consapevolezza che le clean tech sono una priorità per il conto economico. Il gap che rimane è tra consapevolezza ed esecuzione, come purtroppo è spesso tipico dell’Italia». E infatti conferma la ricerca che 1’83% del campione non ha un piano industriale su questi temi e solo il 45% ha già investito in sostenibilità. Eppure, qualcosa sta — per fortuna — cambiando se 1’84% delle intervistate ha consapevolezza che un orientamento sostenibile implica un radicale cambiamento dei processi aziendali e il 55% sosterrà la crescita aziendale proprio grazie a maggiori investimenti in sostenibilità, mentre il 45% è convinto che questa strategia porterà vantaggi reputazionali e di immagine all’azienda.
Pnrr e formazione
«Questa consapevolezza, p e r trasformarsi in risultati, porta con sé il ridisegno dei processi aziendali, investimenti significativi e soprattutto competenze che nella maggior parte dei casi mancano — spiega Catania —. Ci sono ancora molte barriere da abbattere, e c’è una responsabilità dei vertici aziendali e istituzionali nel sottolineare che si tratta di un passaggio essenziale. Responsabilità ancora più forte oggi, considerata la pressione che le imprese subiscono per i costi aumentati di energia e materie prime». Pressione i n parte mitigata dal Decreto aiuti quater, che, secondo il presidente di Innovatec, è strumento utile nel breve termine. «Sul medio-lungo, gioca un ruolo strategico l’impiego dei fondi del Pnrr che però, per il 41% delle aziende del nostro campione, restano di difficile accesso. Di certo quello che non deve mancare è il ruolo di capofila delle imprese più grandi e quindi con le spalle larghe, in grado fin da subito di investire in questa direzione, trascinandosi dietro i loro ecosistemi».
Spiega ancora Catania che: «Oggi tante risorse, molte più di prima, ci sono, ma vanno spiegate, comunicate, e l’alibi del costa troppo non può più reggere». Secondo l’indagine, i settori più propensi a investimenti in sostenibilità sono quelli di energia, agricoltura, alimentare e tessile e le principali aree di intervento su cui ci si focalizza sono l’efficienza energetica (44%), tecnologie pulite (23%) e, in minoranza, formazione (10%). «Il tema delle competenze è speculare in due ambiti chiave per ia transizione energetica — commenta Catania —: il digitale e l’energia. Per questo il Pnrr destina risorse importanti alla scuola e alla formazione d’impresa come, ad esempio, agli Its, per formare le professionalità specializzate che sono e saranno utili alle aziende. Lo stesso accade negli uffici pubblici, per i quali il Pnrr prevede l’inserimento di nuove figure: questo sarà fondamentale per sveltire i processi e passare dalla fase di progetto a quella di attuazione. Ma deve avvenire anche a livello regionale e locale, non solo centrale». Tirando le somme, il momento è da sfruttare, per non perdere in competitività e trovarsi ad affrontare costi troppo grandi, quando gli altri saranno già partiti. «La paura deve lasciare spazio alla reazione e all’innovazione», chiosa Catania.
Articolo pubblicato il 23 gennaio da L’Economia