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Federico Marchetti. L’umanesimo che avanza nell’era delle tecnologie

26.09.2023

Articolo pubblicato il 26 settembre 2023 da “La Repubblica”

 

Nel suo saggio memoir l’imprenditore e fondatore di Yoox (Federico Marchetti) spiega perché non dobbiamo avere paura del digitale e delle sue potenzialità.

Purtroppo l’Italia non ha più un ministero dell’Innovazione: non solo dovrebbe esserci, ma dovrebbe avere le risorse per comprendere come modernizzare il nostro Paese.

Fanno un pessimo servizio alla società e al progresso quelli che vogliono fermare la tecnologia, quelli che dicono ora basta, abbiamo esagerato. È assurdo, sbagliato, anacronistico — e potrei continuare a lungo con le parole — pensare di mettere un freno alla tecnologia. La tecnologia è potenzialità, è innovazione, è comunicazione, è mettere in contatto le persone, spingerle a convivere, aiutarle. La tecnologia va allo stesso tempo implementata e governata. Dobbiamo scoprire che strade ci apre, dove può portarci, che problemi può aiutarci a risolvere e contemporaneamente indirizzarla, decidere fino a che punto vogliamo arrivare, quali sono le barriere da non superare, come rispettare davvero la privacy, la dignità delle persone senza rinunciare al potenziale dirompente che la tecnologia ha in sé. Pensate per un momento ai portatori di handicap, a chi non riusciva a comunicare, a sentire, a camminare, a respirare. Pensate agli apparecchi acustici, alle protesi, ai microchip, a Siri e a tutti i dispositivi che ora esistono e che pochi anni fa sembravano fantascienza, pensate anche solo agli assistenti virtuali, ai podcast che ascoltiamo tutti i giorni e che permettono anche di “leggere” un libro, un articolo, una storia a chi non sarebbe in grado di farlo.

A volte basta solo infilarsi delle cuffie nelle orecchie per padroneggiare la propria vita. Purtroppo, l’Italia non ha più un Ministero dell’Innovazione: non solo dovrebbe esserci, ma dovrebbe avere le risorse per comprendere come modernizzare il nostro Paese, come dotarlo di una banda larga davvero capillare nelle zone più remote e svantaggiate ma anche semplicemente fuori dai grandi centri urbani (al lago di Como, dove risiedo, la fibra ottica costa ancora 700 euro al mese!), come sfruttare fino in fondo gli sviluppi del 5G e dell’intelligenza artificiale. Come creare nuove professionalità e dare una prospettiva ai giovani. Si dibatte molto di ChatGPT, di quando i robot saranno in grado di sostituirci, di fare a meno di noi: non succederà.

Non dobbiamo preoccuparci, ma lavorare per usufruire di tutte le potenzialità che la tecnologia ci offre e cambiare prospettiva senza incaponirci in un inseguimento insensato. Un professore americano, anziché proibire ai propri studenti di svolgere i temi usando ChatGPT, ha deciso di far loro commentare e analizzare gli scritti dell’Intelligenza Artificiale, in modo da migliorarli e renderli più umani. Quando tutto sarà robotizzato, quando gli abiti saranno progettati dagli algoritmi, stampati in 3D e consegnati a casa con un drone, quando guardandoli capiremo che sono anonimi e uniformi, andremo a ricercare il piccolo artigiano in grado di mettere in gioco la sua creatività per realizzare un singolo piccolo «capolavoro» e tutto ciò che sarà made by humans avrà un valore inestimabile. Quando parleremo solo con dei dischi registrati e modulati dall’Intelligenza Artificiale, cercheremo un amico con cui fare due chiacchiere guardandoci negli occhi. E quando saremo stufi di piattaforme digitali e altre invenzioni che a mano a mano si aggiungeranno con i loro suoni metallici, recupereremo i libri come oggetti rari, l’autenticità diventerà il bene più prezioso e faremo pace con la nostra complessità.

La tecnologia proseguirà insieme al nostro umanesimo: alcune volte le loro strade si sovrapporranno, altre volte prenderanno direzioni diverse. Sarà un’alternanza dove le nostre peculiarità diventeranno un gioiello da preservare e trasmettere. Non rispondiamo a un codice binario, siamo esseri che guardano al futuro e conoscono il passato, abbiamo dalla nostra parte le emozioni e la sensibilità che nessuna tecnologia sarà mai in grado di sostituire. Mi piace ricordare una frase di Luciano Floridi che ritengo illuminante: «Il computer gioca a scacchi meglio di noi, ma non è saper giocare a scacchi che ci rende eccezionali, è magari il desiderio di giocarci, il fatto che vorremmo vincere o che gioco peggio perché gioco con mia nipote e voglio che vinca lei». Manca poco al 2030, uno dei traguardi che l’Onu ci ha dato in termini di rispetto dell’ambiente. E credo che negli anni da qui ad allora ci troveremo in una sorta di incrocio magico tra potenzialità e realizzazione, tra i tanti meravigliosi progetti fantastici e i pochi che davvero possono incidere in tempi brevi.

È in questo cuneo che bisogna inserirsi: le startup che lavoreranno su idee concrete e che migliorano la qualità della vita avranno mille possibilità di riuscita. Non pensate di guarire l’intero universo, concentratevi sulla piccola parte che riuscite a raggiungere, a curare. Fatelo subito, un passo alla volta. Datevi degli obiettivi vicini e raggiungibili. Io, per esempio, nel 2000 volevo portare a uno a uno tutti i marchi sul Web; ora, con il Passaporto Digitale, sto spingendo l’acceleratore sulla tracciabilità e sostenibilità dei vestiti e sono sicuro che entro cinque anni non ci sarà più nessuna azienda che potrà fare a meno di rivelare al cliente tutta la storia del capo che sta comprando e come allungargli la vita. Dopo pochi mesi da quando l’ho proposto alla task force che presiedo, il passaporto era già nei negozi attaccato ad alcuni abiti in vendita. Diventerà virale. Quando i consumatori saranno finalmente informati, consapevoli e potranno scegliere in base ai loro valori, non si potrà più tornare indietro. L’innovazione è un’alleata preziosa per invertire la rotta del cambiamento climatico e il pianeta si salverà proprio grazie al talento del genere umano di sognare, immaginare e implementare soluzioni mai viste prima.

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