Menu

Le mille emozioni che solo il mare sa dare| Civiltà del Lavoro 3/2023

07.11.2023

Prima Tavola Rotonda

Articolo pubblicato nella rivista n.3/2023 di Civiltà del Lavoro

 

La prima rosa di ospiti intervenuti sul palco dell’Auditorium dell’Acquario di Genova ha trasportato virtualmente il pubblico dentro il mare, offrendo testimonianze cariche di emozioni. Il primo a raccontare la sua esperienza è stato Umberto Pellizzari, più volte primatista mondiale di apnea profonda, il quale ha descritto con dovizia di particolari, e aiutandosi con un video proiettato in sala, che cosa significa, concretamente, andare giù a livelli così sfidanti. “Quando scendi sott’acqua non vai per guardare, cerchi di capire cosa ti sta indicando il tuo corpo in quel preciso istante, perché è molto importante per la sicurezza, tu scendi e stabilisci questa sensibilità che deve permetterti di capire quando ti devi fermare e tornare su.

La cosa importante è anzitutto rilassarsi, quindi predisporsi al tuffo con una respirazione corretta, che ti permette di abbassare frequenza cardiaca, sentire il tuo corpo, abbandonarlo completamente”. Il risultato, spiega Pellizzari, è che “scendendo la percezione del tuo corpo, fisicamente parlando, sparisce, quindi le gambe se ne vanno, le braccia pure. La cosa bella e intrigante, quella che ti fa emozionare là sotto, è il tuo corpo e la tua testa”. E per dare un’idea ancora più vivida di questa sensazione, Pellizzari ha citato una frase di Enzo Maiorca, il quale in un suo libro, “A capofitto nel turchino”, spiegava: “Quando esco dall’acqua non ricordo il primo respiro che ho fatto quando sono venuto al mondo, dopo nove mesi di vita in un elemento assolutamente acquatico. Però sicuramente tra quel respiro e quello che facciamo all’uscita da un tuff o fondo c’è qualche cosa di molto particolare. Quello rappresenta il passaggio tra il mondo acquatico, l’acquaticità che devi assolutamente avere andando in fondo al mare, e quella per cui siamo stati fatti. Siamo terrestri, dobbiamo respirare, dobbiamo vivere”.

Durate una immersione la sensazione di pace prevale su ogni cosa, il respiro diventa un’azione totalizzante e Pellizzari ha raccontato come le emozioni descritte dall’alpinista Simone Moro negli ultimi metri prima di raggiungere la vetta, a ottomila metri, siano perfettamente sovrapponibili a quelle da lui provate nella sua esperienza in mare. E aggiunge: “In acqua ci vai non per stabilire un record, ma perché è bello anche incontrare capodogli, delfini”. “Riuscire ad avvicinarsi a loro – ha concluso l’atleta – vuol dire che hai fatto tutto quello che loro si aspettano da te, eri nel loro ambiente, hai fatto le cose giuste”. Con Sergio Liardo, vice comandante generale del Corpo delle Capitaneria di Porto – Guardia Costiera, il dibattito si è spostato sulla difesa del mare e l’educazione ambientale delle giovani generazioni, fra i compiti precipui dell’istituzione cui Liardo appartiene. Liardo ha citato le tecnologie innovative di cui dispongono.

Dalla base di Sarzana, ad esempio, si leva in volto un drone con un’apertura alare di sette metri, grazie al quale “per la prima volta siamo riusciti anche a vedere delle famiglie di capodogli, addirittura quattordici esemplari, cosa non frequente, anzi quasi mai avvenuta nel Mar Ligure. Abbiamo esteso sia la capacità di pattugliare in termini di tempo – operiamo da aprile a novembre –, ma soprattutto ci spingiamo con un mezzo che impatta pochissimo da un punto di vista ambientale”. La tutela dei cetacei è fondamentale, ha spiegato Liardo, perché i loro movimenti determinano il ricircolo dell’acqua e contribuiscono – anche attraverso le loro deiezioni – a produrre l’ossigeno che viene rilasciato dal mare e che noi respiriamo.

Nello scambio con il vice comandante Liardo è emerso anche il tema dell’immigrazione e dei compiti di salvataggio delle persone in mare, “un compito istituzionale, che va ben oltre qualunque tipo di ideologia”. La giornalista Cartolano ha sottolineato come sarebbe auspicabile che di questo compito si facesse carico l’Europa tutta. “Quello è assolutamente fondamentale – ha aff ermato Liardo –. Si parla tanto di istituzioni europee, anche della guardia costiera europea, ma di fatto con i nostri uomini già concorriamo a questo tipo di sviluppo”. “Gli assetti aeronavali sono ovviamente fi nalizzati alla copertura della nostra impresa di ricerca e soccorso – ha aggiunto Liardo –. Stiamo parlando di un’area sterminata, quando usciamo da quell’area lo facciamo con grande determinazione sapendo che qualcuno ha bisogno di noi, però è altrettanto vero che dobbiamo avere anche l’equilibrio di evitare che poi il pescatore possa essere in difficoltà e non avere l’assistenza che invece è assolutamente necessaria”.

Il contributo del terzo ospite è stato particolarmente toccante. Carlo Croce, Ceo Fondazione Tender to Nave Italia, ha raccontato l’esperienza che viene off erta a ragazzi con diverse fragilità a bordo di un brigantino a vela. Un’azione intrapresa da Croce ben 17 anni fa, nella quale la Marina militare italiana ha scelto di esserci, e che oggi vede la nave di base a La Spezia in attività da aprile a ottobre per un totale di 500 ospiti all’anno. “Noi non possiamo incidere sul deficit di questi ragazzi – ha spiegato Croce – ma possiamo essere molto utili alla loro autostima e sicurezza in sé stessi. I medici che poi li riprendono ci dicono sempre questo, che abbiamo consegnato loro un’altra persona perché i ragazzi tornano a casa e alla loro vita di ospedali, di TAC, di fatiche psicologiche con un altro approccio”.

La permanenza a bordo dura dieci giorni, preceduti e seguiti da un mese di attività dell’associazione con loro. “All’inizio, quando abbiamo cominciato – ha raccontato il Ceo di Fondazione Tender to Nave Italia –, trovare qualcuno che venisse a bordo non era facile perché nessuno ci conosceva. È stato faticoso. Oggi, nel 2023, abbiamo ospitato 23 associazioni a fronte di 54 richieste. Abbiamo il doppio delle richieste rispetto allo spazio che possiamo offrire”.

A concludere la prima tavola rotonda è stato Massimo Perotti, presidente e Ceo del Gruppo Sanlorenzo nonché Cavaliere del Lavoro. Con la sua testimonianza la platea ha virato verso il mondo degli yacht di lusso, campo nel quale gli italiani vantano un know how di prim’ordine. Un settore attaccato recentemente dal New York Times perché ritenuto responsabile di una bella fetta dell’inquinamento da emissioni di anidride carbonica. Dati alla mano, Perotti ha ridimensionato fortemente i numeri spiegando come lo shipping contribuisca per il solo 3%, all’interno del quale il comparto degli yacht pesa ancora meno. Ciononostante, il Gruppo Sanlorenzo, essendo “uno dei più grandi costruttori al mondo”, si è mosso per tempo al fine di rispettare gli obiettivi posti dall’Imo (International Maritime Organization, ndr) e a settembre del 2024 presenterà al Salone di Monaco un super yacht particolarmente innovativo e frutto di un accordo con la Siemens.

“Costruiremo un 50 metri e sarà la prima nave da diporto al mondo – ha spiegato – con un equipaggiamento a bordo fatto da un reformer, che trasforma il metanolo in idrogeno, e da una fuel cell, che sono celle a combustibile che usano l’idrogeno e l’ossigeno per produrre l’energia elettrica. Il residuo di questa trasformazione produce energia elettrica per dare 100 kw di hotellerie; possiamo far funzionare tutti gli equipaggiamenti di bordo e il residuo è acqua, che va in mare. La soluzione perfetta quindi”. E ha aggiunto: “È praticamente impossibile pensare di far funzionare una nave con le sole batterie perché poi si consumano e devi accendere un motore termico per ricaricarle. In questo caso, con l’uso di idrogeno e ossigeno si produrrà l’energia elettrica di bordo”. L’azienda prevede inoltre di riuscire a produrre tra il 2028 e il 2030 navi alimentate con motori a metanolo, ha raccontato il presidente Perotti, “quindi spingerà la nave in modo 100% carbon free” anticipando di fatto di cinque anni gli obiettivi posti dall’Imo.

 

Sfoglia l’articolo

Scarica la rivista completa

SCARICA L'APP