“Il mondo invecchia. Le aree geografiche che invecchiano sono la maggior parte. Ci sono però zone con ancora una maggior natalità. La notizia che l’India, con 1 miliardo e 400 milioni di persone, avrebbe superato la Cina, è veramente importante. Ricordo che la demografia si riflette sulla crescita economica, sui tassi di interesse, sulla distribuzione della ricchezza, sulle diseguaglianze e induce flussi migratori, solo per citarne alcuni”. Con queste parole il presidente della Federazione dei Cavalieri del Lavoro Maurizio Sella ha aperto l’8 aprile scorso il primo dei tre workshop preparatori del Convegno Nazionale sul lavoro, che si terrà il 14 settembre a Bari.
“Come fanno le istituzioni – ha proseguito – ad affrontare le problematiche demografiche? Secondo me con un metodo olistico, a 360 gradi. Da un lato, si può favorire la natalità, dall’altro si può favorire il supporto alla popolazione che è più avanti nell’età e, all’occorrenza, bisogna stare attenti ai flussi migratori. L’innovazione ha effetto sulla demografia, soprattutto perché influenza le aspettative di vita. I progressi della medicina, l’aumento della popolazione e l’invecchiamento sono legati al miglioramento delle condizioni di vita e di benessere. Attenti che, probabilmente, presto la robotica cercherà di aumentare l’assistenza alla famiglia, ai meno giovani, con un intervento particolarmente importante coadiuvato dall’Intelligenza artificiale”.
A introdurre i lavori è stato il Cavaliere del Lavoro Carlo Pontecorvo, presidente del Gruppo Mezzogiorno, per il quale il tema è di assoluta rilevanza e richiede “un intervento pubblico” e “un programma di lungo termine con il governo”. Senza di questo, è l’opinione del Cavaliere, “sarà difficile probabilmente ribaltare la situazione”. Entrando nel merito degli argomenti, lo scenario complessivo è stato inquadrato da Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano, mentre il dibattito è stato animato dagli interventi dei Cavalieri del Lavoro Domenico Favuzzi, presidente e Ad Exprivia, Daniela Gennaro Guadalupi, presidente onorario Vin Service, Linda Orsola Gilli, presidente Inaz, e Silvano Pedrollo, presidente Pedrollo. A seguire una sintesi dei contenuti.
ROSINA: “Il declino non è ineluttabile”
Siano davanti a un cambia mento profondo – afferma il professor Alessandro Rosina, docente di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano –. Per tutta la storia dell’umanità, società ed economia hanno funzionato avendo come base un’abbondante presenza di giovani, di nuove generazioni che andavano ad alimentare il mondo del lavoro e quindi la capacità di sviluppo e innovazione. Questa fase nella storia dell’umanità è ora terminata a partire dai paesi in cui viviamo, dal mondo occidentale, dall’Europa. È finito quello che viene chiamato il dividendo demografico. Questo, d’ora in poi, non sarà più vero: l’asse portante dell’economia per la sostenibilità del sistema sociale di welfare, che è la popolazione in età attiva, ora andrà, per la prima volta, progressivamente a ridursi in modo drastico e quindi il mondo occidentale perderà questo vantaggio competitivo.
La popolazione attiva in Europa e Nord America andrà a diminuire e si indebolirà quindi la capacità di crescita e di sviluppo, dal punto di vista quantomeno quantitativo, perdendo questo vantaggio competitivo rispetto ad altre aree del mondo.
Questo però, altro punto importante, non avverrà allo stesso modo all’interno di tutto il mondo occidentale, dei paesi sviluppati, all’interno della stessa Europa. Ci sono paesi che, a fronte di una popolazione anziana che aumenta, grazie all’aumento della longevità e che quindi chiede di far fronte a un aumento della domanda per pensioni, riescono a mantenere la popolazione in età attiva consistente e non si riduce a fronte di un aumento della popolazione anziana.
La Svezia, per esempio, non andrà a peggiorare in maniera rilevante perché la combinazione tra natalità, che non è mai scesa troppo sotto i due figli per donna, e il contributo dell’immigrazione, fa sì che la popolazione in età attiva rimanga solida.
Anche la Germania è riuscita ad invertire la tendenza negli ultimi 15 anni perché le nascite, anziché diminuire continuamente come in Italia, si sono progressivamente risollevate un po’. Anche l’investimento sull’immigrazione, combinato con politiche familiari, ha fatto sì che gli immigrati, adeguatamente qualificati e formati, potessero entrare nel mondo del lavoro, rafforzare la popolazione in età attiva della Germania e metterla nelle condizioni di contribuire alla natalità.
Tutto questo vuol dire che la demografia non è un destino, che la transizione demografica non implica necessariamente che i paesi occidentali debbano andare verso un declino e una riduzione del potenziale di sviluppo. Ma l’Italia è uno dei paesi che si stanno mettendo nella condizione di maggior vulnerabilità dal punto di vista economico, perché manca una risposta all’altezza della sfida della demografia attuale.
Occorre aumentare l’investimento in invecchiamento attivo. È anche fondamentale fare sì che gli squilibri nelle età più giovani non siano eccessivi, che non vada troppo a ridursi la componente più giovane, e su questo abbiamo ancora margini per fare in modo che le componenti più giovani, le generazioni che nasceranno da qui al resto del secolo, non si riducano ulteriormente.
La componente migratoria potrà avere una parte rilevante, se sarà in grado di integrarsi adeguatamente. Inoltre, dovremo anche migliorare la capacità, attraverso la conciliazione tra lavoro e famiglia, di aumentare l’occupazione femminile, che continua ad essere tra le più basse in Europa, e conciliarla con la possibilità di avere figli, allineare al rialzo l’occupazione femminile e fecondità. Queste sono le sfide che abbiamo davanti.
FAVUZZI: “Il contributo dell’Intelligenza artificiale”
Vorrei dare qualche spunto su come l’Intelligenza artificiale (Ia) può dare una mano ad affrontare alcuni problemi illustrati dal professor Rosina – ha detto il Cavaliere del Lavoro e Ad di Exprivia Domenico Favuzzi –. Il primo sarà il tema della mancanza dei giovani sull’economia. Sappiamo che i giovani hanno un ruolo importante perché aiutano tutta l’economia, non solo ad innovare, ma anche ad adattarsi alle innovazioni tecnologiche. È molto importante che, pur a fronte di una diminuzione del numero dei giovani, si intervenga sul tema di quanti giovani passano dalla scuola secondaria all’Università, aumentando il numero di coloro che frequentano le facoltà tecnico-scientifiche, le cosiddette Stem.
Un primo utilizzo dell’Ia deve essere quello di orientare i giovani e la conoscenza del futuro del mondo del lavoro, supportando formatori ed educatori.
L’altro tema sul quale l’Ia ci può dare una mano sarà quello di migliorare la produttività: utilizzare la tecnologia per aumentare la produttività, sarà un aspetto importantissimo e discriminante, per esempio con l’utilizzo della robotica nell’assistenza alla cura delle persone anziane e nella gestione del sistema sanitario, dal supporto ai medici nell’elaborazione delle diagnosi alla personalizzazione dei percorsi di cura.
Un altro tema è l’immigrazione: già oggi l’Ia può tradurre tutte le lingue e può quindi facilitare l’integrazione, anche nei rapporti con la Pubblica amministrazione.
L’Ia può poi facilitare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Una delle novità post Covid è stata la grande crescita del lavoro da remoto, che è un lavoro spesso di tipo asincrono che ha bisogno di una maggiore orchestrazione tra l’attività che fanno le singole persone e le esigenze dell’organizzazione.
Anche qui l’Ia può ridurre i vincoli di un lavoro asincrono, soprattutto nell’ambito del lavoro di ufficio o delle tante attività di tipo amministrativo o di ricerca, di gestione della clientela, attraverso quei sistemi di orchestrazione del lavoro.
È ovvio che l’Ia diventerà anche un fenomenale attrattore di forza lavoro qualificata, visto che molti dei pochi giovani che riusciamo a laureare, scelgono di andare fuori dal nostro Paese a realizzare le loro aspirazioni. Questo succede anche per un ritardo in alcuni settori, in particolare nella Pa, proprio dell’avanzamento tecnologico e del livello professionale richiesto. Utilizzare quindi sempre più tecnologia, in particolare l’Ia, sarà un modo per attrarre e tenere da noi molti dei giovani che oggi vanno all’estero.
Ricordo una frase che ci accompagnerà durante il Convegno di Bari sul futuro del lavoro: non sarà l’Intelligenza artificiale a sostituire l’uomo, ma saranno altri uomini che, utilizzando l’Intelligenza artificiale, potranno sostituire quelli che non la utilizzeranno.
GENNARO GUADALUPI: “Il ruolo del welfare aziendale”
Due anni fa, quand’ero nel Consiglio del Gruppo Lombardo, abbiamo affidato all’Università di Bergamo un’indagine sull’occupazione femminile e sulle politiche per migliorarla – ha affermato il Cavaliere del Lavoro e presidente di Vin Service Daniela Gennaro Guadalupi –. Il nostro mercato del lavoro è caratterizzato da persistenti divari territoriali e disparità nell’occupazione per genere, per età e titolo di studio. C’è una bassa partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto delle donne. Nel 2021 l’Italia è al penultimo posto nella Ue, appena sopra alla Romania, rappresentiamo il 55,4% rispetto alla media dell’Unione europea del 68,5%, quindi abbiamo ben 13,1 punti percentuali in meno di donne impegnate nel mondo del lavoro.
C’è anche un’elevata differenza di genere nell’occupazione e nei salari. C’è poi una bassa flessibilità dell’orario di lavoro perché in Italia circa un lavoratore su cinque ha la possibilità di modulare il proprio orario di lavoro, mentre la media europea è di un lavoratore su tre e addirittura, nei paesi nordici, due lavoratori su tre possono modulare il loro orario.
Inoltre, c’è un’altissima rigidità in entrata e in uscita dal mercato del lavoro: siamo al quinto posto nell’Ocse con le procedure più rigide per i licenziamenti dei lavoratori con contratti a tempo indeterminato e al terzo posto per la rigidità di utilizzo dei contratti temporanei.
Nelle imprese del campione il 49% dell’occupazione è di genere femminile, mentre la media italiana è del 43%. Abbiamo quindi già sei punti percentuali in più nelle aziende dei Cavalieri del Lavoro.
C’è però una grande eterogeneità nella presenza femminile. Tra le imprese manifatturiere il personale femminile è solo il 26%, mentre nei servizi arriva fino al 47%. Solo il 13% delle imprese campione ha almeno la metà del personale di genere femminile. Nei rapporti di lavoro part time, il genere femminile rappresenta l’83% ed è superiore alla media italiana del 76%. I Cavalieri del Lavoro, quindi, concedono il part time il 7% in più della media delle aziende italiane.
Dall’indagine è emerso principalmente che la percentuale di genere femminile aumenta con il livello di istruzione. Purtroppo con la licenza media il genere femminile ha una quota inferiore al 20%. Tra i lavoratori con laurea magistrale invece, la quota sale fino al 40%.
In merito alle progressioni di carriera, il 38% delle imprese del campione ha almeno una donna tra le posizioni manageriali e la quota di donne nel top management è il 30%, cioè le aziende dei Cavalieri del Lavoro hanno il 2% in più di top manager rispetto alla media nazionale, che è del 28%.
Nelle posizioni apicali, tuttavia, la presenza di genere femminile è ancora bassa. Solo il 6% delle aziende dei Cavalieri del Lavoro ha la maggioranza delle posizioni dirigenziali coperte da donne, fra cui i Ceo sono solo il 14% e il 25% sono amministratori delegati. Inoltre, le donne hanno meno degli uomini l’onere di seguire corsi di formazione. La retribuzione lorda delle donne è del 17% inferiore a quella degli uomini. Lo stipendio ridotto che percepiscono le signore è, in percentuale, fra il 4% e il 35% inferiore, un divario molto alto.
Il 90% delle aziende ritiene che la diseguaglianza tra donne e uomini sia oggi ancora molto alta o molto diffusa. L’85% delle aziende pensa che ci sia discriminazione di genere nelle imprese e pensano che le donne abbiano effettiva mente più difficoltà rispetto agli uomini nel raggiungimento delle posizioni dirigenziali.
Nessuna azienda ritiene che gli uomini siano dirigenti migliori delle donne, ma ritengono che le donne sono meno disposte degli uomini a fare carriera. Questo è proprio un punto culturale su cui riflettere. Il 57% delle imprese dei Cavalieri del Lavoro lombardi non ritiene che le “quote rosa” siano uno strumento efficace per aumentare la presenza di donne in posizioni dirigenziali, mentre viene accolta con più positività la certificazione della parità di genere, che per il 60% aiuterà a ridurre le differenze. Le quote rosa all’inizio sono state dirompenti, hanno contribuito a ridurre le differenze di genere nelle posizioni apicali ma, generalmente, sono vissute come un vincolo, come una forzatura e non sono considerate particolarmente efficaci.
Tuttavia, l’intervento del legislatore è ritenuto utile nell’obbligare le aziende a lavorare su questi temi e ad avviare un cambiamento culturale. Nelle aziende occorre puntare su politiche di parità di genere e di supporto nel periodo di maternità volte soprattutto a mantenere le neo mamme informate e coinvolte nella vita aziendale, anche con l’utilizzo dell’Ia.
Dalla nostra indagine emerge che il 72% delle aziende ha un contratto aziendale, ma solo una su cinque adotta esplicitamente una contrattazione di genere. Con riferimento ai congedi, oltre quanto previsto dalla legge e dal contratto nazionale, le aziende fanno ricorso alla contrattazione di secondo livello, soprattutto per i congedi di paternità nel 30%, congedi parentali al 26% e in misura minore congedi di maternità, il 13%.
In questo quadro il welfare aziendale può giocare un ruolo rilevante: l’83% delle imprese del campione adotta politiche di welfare, tra cui: servizi per il benessere psicofisico, flessibilità dell’orario, previdenza e sanità integrativa. Un terzo delle aziende offre servizi di asili nido, in tre casi su quattro appoggiandosi a strutture esterne. Solo il 27% delle aziende, tra quelle che già non li adottano, è interessato ad introdurre programmi di conciliazione tra vita privata e lavoro. L’area della salute è quella a cui le aziende si dimostrano più sensibili, altro motivo di orgoglio culturale dei Cavalieri. Alcune aziende hanno introdotto il “maggiordomo aziendale” che può fare la spesa, portare gli abiti in tintoria e altre incombenze per migliorare la qualità di vita del lavoratore, compresa l’assistenza ai figli piccoli o ai genitori anziani. Oltre il 50% delle aziende ha introdotto lo smart working nel periodo Covid, che per il 75% non ha intaccato la produttività del lavoro: per il 18% l’ha addirittura aumentata e solo per il 7% l’ha ridotta.
Le aziende vedono lo smart working come una pratica interessante per le lavoratrici madri, come politica di conciliazione vita-lavoro. Nelle Pmi i vincoli normativi e i costi di sostituzione maternità possono essere molto onerosi. Due principali tipologie di buone pratiche a supporto della genitorialità: le politiche di comunicazione e di involvement da parte dell’azienda nel periodo della maternità per aumentare la probabilità di rientro al lavoro.
In conclusione, oltre il 75% delle aziende ritiene che l’aumento dell’occupazione femminile avrebbe aspetti positivi, sia sulla performance aziendale sia sulla crescita dell’economia: emerge la necessità di politiche pubbliche sia sul lato della domanda che dell’offerta di lavoro, come ad esempio, la riduzione dei costi a carico dell’azienda nel caso di sostituzione per maternità; agevolazioni fiscali e detassazione legate alla genitorialità, come l’utilizzo del quoziente familiare per definire la tassazione o le politiche di deducibilità delle spese sostenute per i figli.
Alcune aziende già propongono interventi di mentoring verso i giovani: come il caso di donne manager che nelle scuole raccontano in cosa consiste il loro lavoro. Infine, un fattore cruciale è la comunicazione in azienda per divulgare in modo efficace gli interventi adottati per favorire le pari opportunità, aumentare lo scambio di buone pratiche tra le aziende associate, sostenere collaborazioni scuola-imprese, finanziare borse di studio per ragazze. Il commitment del top management deve essere convinto anche con la creazione di una figura executive dedicata alle pari opportunità.
GILLI: “Le aziende impari no a trattenere i collabo ratori”
Vorrei dissociarmi dal pessimismo che spesso prende l’italiano in generale – sostiene il Cavaliere del Lavoro e presidente di Inaz Linda Orsola Gilli –. L’Italia è un grandissimo Paese che ha tantissime opportunità, tantissimi punti di forza ma può coprire tanti gap magari negativi con politiche adatte, sostenute sia personalmente – da ogni persona e ogni azienda – sia dallo Stato sociale e dalla politica.
Mi dissocio soprattutto sulla questione demografica per ché è assolutamente negativo il fatto che al momento dell’Unità d’Italia un neonato aveva una speranza di vita di 29/30 anni. Addirittura, nell’antichità la vita media era inferiore ai 30 anni. Nel 1921-22 si arrivava a 49,3 anni per gli uomini e 50,8 per le donne. Cent’anni dopo, nel 2022 le stime erano di 80,5 anni per gli uomini e 84 per le donne. Gli uomini hanno guadagnato 31 anni di vita e le donne 34. Questa alta longevità è un dato positivo. Lo è decisamente meno la bassa fecondità. Ma si può agire. Abbiamo visto politiche di successo in Francia, Germania, Svezia e in Canada. Occorre una strategia che non riguardi solo la natalità e la famiglia, ma anche una revisione dei percorsi formativi. È importante che la scuola dell’obbligo arrivi fino ai 18 anni e combattere l’abbandono scolastico e universitario. Un secondo tema è l’integrazione degli immigrati. È importante investire sui giovani extracomunitari oppure sui giovani di seconda generazione. Abbiamo persone che hanno una gran voglia di lavorare e quindi le politiche di contrasto all’immigrazione in questo senso sono negative. Nell’ambito del lavoro è importantissima la digitalizzazione e l’Intelligenza artificiale, che va usata in maniera positiva, per aiutare, alleviare, facilitare, snellire il lavoro di calcolo e così via.
Un punto fondamentale è la ricerca e lo sviluppo. Anche la mia società è nel mondo delle Information Technology e un punto fondamentale è continuare a innovare. Un tema a me caro, soprattutto quando intervisto le persone nei colloqui di lavoro, è la capacità di essere creativi. Tornando alla demografia, secondo uno studio di Mediobanca la crisi demografica avrà come conseguenza un drastico calo dei laureandi, oltre 400mila in meno rispetto ad oggi, ossia il 21% di quasi due milioni attualmente iscritti alle università italiane. Per questo le università italiane devono, prima di tutto, attrarre persone anche dall’estero ma cercare di trattenerle e mantenerle all’interno della nostra nazione.
Dall’altro lato c’è l’età media dei lavoratoti che sta aumentando e purtroppo, se non si prenderanno veloci contro misure, ciò avrà ricadute sulle pensioni. In questo senso anche gli extracomunitari collaborano alle nostre pensioni e riguardano anche la crescita della sanità e altri aspetti del sistema sociale che sono fenomeni connessi alla crescita demografica della nostra nazione.
Ci sono anche due riflessi importanti sul mondo del lavo ro, su cui ogni anno facciamo un’indagine in collaborazione con Business International, e l’ultima indagine del 2023 è sulle leve del talent management nell’era del quiet quitting, del job quitting: il primo caso è l’abbandono silenzioso del dipendente che, per mancanza di entusiasmo, fa il minimo indispensabile, non prende mai iniziative, rifugge dagli straordinari e tende a delegare ad altri.
Il secondo è legato, invece, alla fascia dei 25-35 anni e alla facilità con cui si salta da un’azienda all’altra, spesso appena 24 mesi dopo essere stati assunti
L’abbandono silenzioso è un fenomeno generazionale che interessa prevalentemente i Millennials, nati fra il 1981 e il 1996, e quelli della Generazione Z, nati tra il 1997 e il 2012, che incide sulla produttività e spesso fa da anticamera a un fenomeno ancora più grave, quello delle grandi dimissioni. La ricerca di un ambiente lavorativo più soddisfacente da parte dei lavoratori, la speranza di ottenere una migliore retribuzione. E qui entra in campo un percorso di evoluzione anche economica, concordata con il lavoratore, e il desiderio di avere anche un’opportunità di crescita. Va sottolineato il fatto che spesso sono i lavoratori a scegliere l’azienda. Viceversa, l’eccessivo carico di lavoro, orari troppo rigidi e disorganizzazione, demotivano le persone e le inducono a cercare situazioni differenti, che consentano loro una migliore gestione del tempo, quindi l’equilibrio fra vita privata e vita professionale.
Questi fenomeni sono sfide e opportunità per le aziende e per l’intera società. Le aziende devono adottare strategie flessibili e innovative per attrarre e trattenere i talenti, per esempio con delle Academy, sia per includere e far rientrare al lavoro persone che magari sono uscite, donne con alte competenze che hanno lasciato il lavoro dopo aver fatto uno o due figli.
Sono tutti temi importanti per favorire la maternità per ché i due stipendi dei genitori favoriscono sicuramente la natalità.
Affrontare il cambiamento demografico richiede dunque un approccio proattivo e collaborativo da parte di tutti: aziende, istituzioni e individuo. Solo così potremo sfruttare a pieno il potenziale della forza di lavoro in un mondo per fortuna in continua evoluzione.
PEDROLLO: “Dobbiamo puntare sulla formazione continua”
Noi, come tantissime aziende del Nordest, non troviamo personale, né operai né tecnici – afferma Silvano Pedrollo, Cavaliere del Lavoro e amministratore unico della Pedrollo –. Ci manca il 10-15% di personale. Abbiamo anche grande difficoltà nell’inserire personale extracomunitario per diverse ragioni: la mancanza di un minimo di preparazione; nel nostro caso, essendo fortemente automatizzati, il lavoro fisico si è ridotto notevolmente, da qui la necessità di avere personale con un minimo di preparazione, difficoltà poi nella lingua. Per quanto riguarda le donne, stiamo già inserendo più lavoratrici. La principale difficoltà che riscontro per le donne è la gestione casa-famiglia-lavoro. Stiamo utilizzando, per chi ne ha necessità, il part time. Un altro problema è la crisi della famiglia: abbiamo calcolato che un 30% dei nostri collaboratori sono separati oppure hanno varie problematiche familiari. Questo crea grossi problemi perché non si è più concentrati e il lavoro diventa secondario. Anche in questo caso penso che dobbiamo farci carico di queste situazioni pesanti. Ho degli esempi in cui molto spesso queste famiglie che si separano vanno da avvocati spendendo dei capitali, con tutte le problematiche che ne escono.
Abbiamo inserito anche uno psicologo all’interno dell’azienda in modo che possiamo seguirli sia dal punto di vista psicologico che dal punto di vista finanziario. Da tre anni abbiamo inserito in azienda la formazione continua, grazie alla quale siamo riusciti a realizzare prodotti veramente innovativi, tantissimi brevetti proprio perché la mente libera e la formazione continua hanno permesso loro di sviluppare delle cose straordinarie. Grazie a questo nessuno dei nostri collaboratori se n’è andato perché si sentono veramente a casa.