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Imprese motrici di BENESSERE DIFFUSO | Civiltà del Lavoro 4-5/2024

02.02.2025

Il saluto più cordiale a tutti i presenti e, particolarmente, ai nuovi Cavalieri del Lavoro, che hanno appena ricevuto le insegne a coronamento dell’impegno dispiegato per la crescita delle loro aziende e, allo stesso tempo, per lo sviluppo economico e per quello sociale del nostro Paese, accrescendo il prestigio dell’Italia nel mondo.
Un augurio, con grande calore, agli Alfieri del Lavoro che hanno conseguito negli studi risultati di eccellenza, come abbiamo ascoltato.
Davanti a loro si apre adesso il cammino universitario. Saranno, certamente, anni che ricorderete con entusiasmo. Anni di studio e di impegno. E, insieme, di crescita e di costruzione del vostro futuro.
È un aspetto felice di questa cerimonia l’incontro tra donne e uomini che hanno avuto successo nell’attività imprenditoriale, che hanno innovato e han creato lavoro, e giovani che si sono distinti nella scuola e rappresentano – insieme a tanti altri che hanno ben studiato – una promessa per il domani della nostra comunità nazionale. Successi e promesse riguardano, ovviamente, le biografie di ciascuno, e, tuttavia, l’incontro tra generazioni pone in rilievo suoi riflessi sociali: pone anzitutto in evidenza il valore di esempio, di dialogo, di aiuto nella formazione, di messa in comune delle conoscenze e delle esperienze. Si riflette meno del dovuto sulle conseguenze per le giovani generazioni delle impetuose trasformazioni del nostro tempo e degli squilibri che rischiano di penalizzare il tempo che vivranno.
Certo, eventi straordinari come le guerre, le pandemie, le catastrofi naturali, possono intervenire, deviando il corso della storia, ma l’investimento sui giovani, rappresenta semplicemente il futuro.
Appare singolare che l’innalzamento della vita e delle sue aspettative, e quello dell’età media della popolazione, conseguenza, questo aspetto, dell’inverno demografico, si traducano in un più lento, e sovente più arduo, inserimento nella società, nel mondo del lavoro.
Nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 34 anni lo scarto sul mercato del lavoro rispetto alla media dell’Unione europea è di 13 punti percentuali a danno dei giovani italiani. Questo squilibrio accresce i rischi di emorragia verso l’estero di energie preziosissime.
Non sono gli egoismi e le chiusure a promuovere e governare crescita e progresso.
Vorrei dire ai giovani: prendetevi il futuro.
Non è un gesto di egotismo.
Al contrario, è risposta all’appello alla responsabilità e all’impegno.
I Cavalieri del Lavoro sono interpreti della “funzione sociale” dell’impresa.
Ce lo ricordano, nella Costituzione, gli articoli 41, 42 e 46, nel ribadire la libertà di iniziativa economica e il ruolo dei lavoratori nel collaborare alla gestione delle aziende “ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro”.
Poc’anzi lo affermava il Presidente Sella: i Cavalieri del Lavoro sono indicati alla considerazione pubblica non soltanto per i meri risultati aziendali.
Le aziende, le realtà produttive, sono motrici di un benessere ampio delle famiglie, sviluppano filiere, fanno crescere territori.
È la consapevolezza di questa responsabilità che rende gli operatori economici partecipi del compito e della responsabilità di dirigere il Paese.
La vivacità delle imprese e la loro capacità di affrontare le sfide del mercato, anche nelle condizioni mutevoli e difficili di questi ultimi anni, ci ha permesso di riprenderci dopo la stagione delle crisi finanziarie e dopo la grande battuta d’arresto conseguente alla pandemia da Covid. L’Italia è tornata a crescere.
Se consideriamo gli ultimi cinque anni, il Pil nazionale è aumentato percentualmente più di quelli francese e tedesco.
L’occupazione cresce, e così i contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Le esportazioni italiane continuano a registrare dati positivi, a sostegno del prodotto nazionale.
Merito ulteriore di quelle aziende che sono state capaci di affrontare i rischi e le opportunità della globalizzazione. I dati di Bankitalia certificano un balzo del nostro Paese: la posizione netta sull’estero, a giugno di quest’anno, era creditoria per circa 225 miliardi di euro.
Una dimensione enorme: il 10,5% del Pil.
Irragionevole che non venga notato dalle agenzie di rating nel valutare prospettive e affidabilità dell’economia italiana.
Questa la nostra posizione patrimoniale.
“Un segno di forza”, l’ha definita il governatore della Banca d’Italia nella sua ultima relazione.
E il merito è delle imprese, dei capitani d’impresa, dei loro collaboratori, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori che in esse operano.
Questo conferma, peraltro, quanto vitale sia per l’Italia l’apertura dei mercati e delle relazioni commerciali.
Muoviamo dalla scelta europeista, che ci consente di partire da un mercato di circa 450 milioni di persone, lasciando alle spalle politiche protezionistiche o, peggio, autarchiche, di controllo dirigista.
Bisogna proseguire su questa strada: integrare meglio l’economia europea, con l’unione bancaria, con una politica comune di bilancio, con investimenti per l’innovazione, affrontando i temi fiscali.
Le imprese ne sono consapevoli.
Le imprese costituiscono una frontiera dell’Italia di domani. Alle istituzioni e alle politiche pubbliche competono scelte importanti per colmare ritardi accumulati nel tempo: a cominciare dalla produttività, dal funzionamento della Pubblica amministrazione, dalle riforme necessarie per far crescere le opportunità.
Il Piano nazionale di Ripresa e resilienza è un’occasione straordinaria e, come tale, va colta appieno.
Sono progetti propulsori, di integrazione e di fiducia tra i cittadini europei, per porci in sintonia con le scelte cui concorriamo nelle istituzioni comunitarie.
Anche alle imprese viene chiesto di fare la parte propria, di accompagnare l’impegno comune con investimenti, ricerca, innovazione.
L’Italia non è seconda ad alcuno se – dato del 2021 – si registravano, nelle fabbriche, 13,4 robot ogni mille ad detti, rispetto ai 12,6 in Germania e ai 9,2 della Francia.
Occorre perseverare nella lungimiranza, con il coraggio di disegnare il domani.
Il domani, non soltanto il presente.
Lo sviluppo passa dalla sostenibilità.
L’Europa può porsi come modello produttivo a livello globale.
Sviluppare sostenibilità e guardare alla qualità è misura esigente di una civiltà europea che non voglia essere posta ai margini.
Una migliore qualità dello sviluppo consolida il progresso del nostro modello sociale. E anche del modello democratico.
Lo evocava poc’anzi il Presidente Sella: principi democratici e progresso economico si tengono uniti. È stata una grande lezione del Presidente Einaudi, del quale celebriamo i 150 anni dalla nascita.
La credibilità delle istituzioni passa dalla partecipazione e dalla condivisione di un livello di vita dignitoso.
Perché sostenibilità non è solo l’obiettivo indispensabile della neutralità climatica.
Sostenibilità significa anche operare per evitare che le trasformazioni del modello produttivo e di consumo creino fratture profonde nel tessuto sociale, pronte a trasferirsi nel tessuto civile della comunità.
È il tema di un nuovo welfare che sappia confermare la universalità dei diritti sociali affermati dalla Costituzione. In ogni Paese, il capitale sociale si nutre in maniera prevalente del capitale umano che lo abita, delle persone. Le imprese sono le prime a sapere quanto le capacità creative, la laboriosità del capitale umano, siano preziose, perché da questo dipende la loro competitività e quella del sistema Paese.
Rispettare, far crescere le persone, è garanzia di progresso.
Formazione e lavoro – anche va sottolineato – per ciò che riguarda la sicurezza – vanno di pari passo.
Siete partiti da lontano, con l’esperienza del Collegio Universitario Lamaro Pozzani, divenuto anche opportunità formativa per i Maestri del Lavoro. Adesso le Academy aziendali, utili strumenti di formazione permanente.
Il successo delle imprese italiane è un valore per la comunità nazionale.
Generare ricchezza è funzione sociale.
Alimentare un benessere diffuso è supporto alla demo crazia, alla coesione.
Il lavoro è strumento possente di integrazione e penso ai tanti immigrati e alle necessità del mondo produttivo.
Le imprese possono recare consistenza su questo terreno, spesso preda di paure irrazionali se non di eccitate fobie.
Nella concretezza del produrre e nella socialità del lavoro avete recato molto all’Italia.
Le storie di impresa di cui siete protagonisti e siete espressione sono motivo di riflessione e di ispirazione.
La Repubblica vi è riconoscente.
Siamo tutti certi che andrete ancora avanti nel senso di marcia dello sviluppo e del progresso.
Auguri!

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