Per un attimo ho pensato: me la perdo. Era ancora sereno, il cielo, quando alle 7.30 del mattino mi sono avviato a piedi verso Westminster. Una passeggiata via via resa più difficile dai controlli di sicurezza finché, sotto il Big Ben, me la sono vista brutta: un poliziotto ostico non voleva farmi entrare. Ho rischiato di perdermi l’Incoronazione. Alle 8.30 eccomi lì: pass giallo uguale navata centrale, i posti migliori. Ho perso le prime tre file ma ho conquistato la quarta. Poi, è iniziato tutto. Ho conosciuto il re nel 2018, quando era ancora Principe del Galles, e oggi sono qui che assisto a un pezzo di storia. La sua incoronazione è la prima di un’epoca moderna, dove la monarchia si confronta con nuovi parametri: apertura, inclusività, velocità, sostenibilità.
Lui vuole un regno in sintonia con le sue convinzioni e col mondo che cambia: multiculturale e attento alla diversità. L’atmosfera è solenne, la ritualità perfetta, tutto è sincronizzato, elegante con una gestualità antica e allo stesso tempo semplice, fluida. Dietro la regia capisco ci sia lui, l’uomo che so essere così scrupoloso e attento ai dettagli. Tutto lo rispecchia, dalla scelta etica di usare un olio sacro arrivato da Gerusalemme, prodotto senza grassi animali,all’invito su cartoncino riciclato. L’ho osservato, durante il rito: il re in quell’espressione seria che assume quando è concentrato. Camilla era a suo agio, Kate bellissima. Ho visto passare Harry, solo, seduto più indietro del fratello William che ha baciato il re durante il rito: era previsto? L’ho trovato molto umano.
Mi colpiscono altre presenze: il pubblico è multiculturale, il desiderio del re di avere i rappresentanti delle altre religioni è una scelta importante. L’ho visto emozionato nel ricevere lo scettro dalla baronessa Floella Benjamin e nel mentre mi sono detto: ma sono veramente anch’io qui? Oltretutto con un mezzo tight che l’amico Brunello Cucinelli mi ha fatto confezionare, facendomi sentire anch’io un re. Mi sono anche chiesto come mai un imprenditore senza titoli come me sia finito tra re e regine, sottraendo l’invito a uno dei nobili che ogni giorno, sui tabloid inglesi, si sono lamentati di non averlo ricevuto. La risposta sta nel rapporto che si è creato con Carlo dal primo giorno in cui abbiamo deciso di lavorare assieme. Io ero amministratore delegato di Yoox Net-a-porter quando abbiamo creato The Modern Artisan, linea per dare nuovo impulso ai giovani artigiani dotandoli di strumenti come l’intelligenza artificiale.
Da pomi chiese di entrare nel consiglio di amministrazione della sua residenza Highgrove, un posto con giardini e orti che producono alimenti biologici. Vi abbiamo passeggiato assieme, lui chiamava ogni albero col suo nome. Poi divenni membro del consiglio di amministrazione della Prince’s Foundation e al World Economic Forum a Davos, nel 2020, quando Carlo annunciò il Sustainable Markets Initiative per coinvolgere il settore privato in progetti di sostenibilità ambientale, mi chiese di guidare la task force moda. Io sono un imprenditore tecnologico (e un pioniere della moda sostenibile, dicono), il mio contributo consiste nell’applicare l’innovazione alla sostenibilità affinché acceleri il percorso di un’azienda verso un futuro green. Come ho fatto nel `99 con Yoox e poi con Net-a-porter. La differenza è che non lavoro più per la mia azienda; il re mi ha dato uno scopo più alto. Un impegno pro bono che voglio pensare ca me un contributo al bene del pianeta e al futuro di mia figlia. Il sorriso di Carlo durante la Coronation è arrivato con il coro gospel, mi ha commosso.
Uscendo pioveva, così Edward Enninful mi ha dato un passaggio e lì con lui, in auto, abbiamo parlato del mio regalo per Carlo e Camilla: un albo di acquerelli che raccoglie i semi degli ortaggi italiani, dal carciofo romano alla cipolla di Tropea. Molti mi chiedono che Re sarà, Carlo III. Quando prima della Cop 27 ha invitato tutti i leader a Buckingham Palace, mi sono fatto un’idea: ha parlato di ambientalismo la prima volta nel 1970, quando io avevo un anno, e se uno per 53 anni si prende a cuore una causa non la mette facilmente nel cassetto. È mosso da grande passione, continuerà ad occuparsi di ambiente in modo consono al ruolo. Carlo è un re rivoluzionario perché anche per l’incoronazione ha deciso di mettere la meritocrazia davanti all’aristocrazia: cosa fai è più importante di chi sei, l’azione vince sui bla bla. (L’autore è imprenditore tecnologico e pioniere della moda sostenibile è membro del Cda di Ged)
Articolo pubblicato il 7 maggio 2023 da La Repubblica