Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2017
INTERVISTA CIVILTÀ DEL LAVORO IV • V - 2017 11 parte della guardia costiera di quel paese e centinaia di migliaia di migranti intrappolati nel paese nordafricano, molti dei quali in centri le cui condizioni sono ormai no- te a tutti, non solo dalle testimonianze di chi è riuscito a scappare ma anche dai rapporti degli organismi interna- zionali. E il fatto che perfino l’Unhcr non abbia personale internazionale ma solo locale, per motivi di sicurezza, e che stia avendo difficoltà a poter aprire un centro di tran- sito a Tripoli per rifugiati dà l’idea di come questa strate- gia abbia bisogno di tempo e i risultati non siano scontati. Il ministro Minniti ha anche elaborato un Piano di ac- coglienza che prevede formazione (lingua, Costituzio- ne), abitazioni e avviamento al lavoro. Come giudica la fattibilità di questo piano e che cosa si dovrebbe fare di più per renderlo operativo? Il piano finalmente è ufficiale ed è un primo passo per affrontare la grande questione dell’integrazione in Italia, finora mai messa a fuoco. La speranza ora è che si tradu- ca in azioni concrete e misurabili nella loro efficacia. Ma vi sono dei limiti: il piano è rivolto a rifugiati e beneficiari di protezione sussidiaria e lascia fuori coloro a cui viene riconosciuta la protezione umanitaria, che sono moltissi- mi. Oltre poi a non occuparsi dei 500mila irregolari, det- taglio non irrilevante dal momento che rappresentano il vero problema, anche in termini di sicurezza, come ha ri- badito anche il capo della Polizia. Voi Radicali Italiani, insieme a molte associazioni e sindaci, avete avviato una raccolta di firme per pre- sentare una proposta di legge popolare che favorisca l’integrazione dei migranti attraverso la campagna “Ero Straniero”. Cosa prevede in concreto la vostra proposta di legge? La nostra proposta di legge popolare e la Campagna “Ero Straniero” si propongono di modificare il contesto legi- slativo attuale, e cioè rafforzare il legame tra accoglienza e inclusione lavorativa e permettere, ad esempio, che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo possa essere trasformato nel caso di richiedenti in grado di dimostra- re di avere disponibilità al lavoro, a prescindere dall’esito della richiesta di protezione. Altro passaggio necessario è la regolarizzazione dei mi- granti irregolari già presenti in Italia che dimostrino di avere un legame stabile con il territorio nel quale vivono. Anche questa è integrazione e non possiamo accettare che centinaia di migliaia di persone continuino a lavorare in nero e a essere sfruttati. Più legalità vuol dire più sicurezza per tutti. Quale può essere il ruolo delle imprese in quest’o- pera di integrazione dei migranti e richiedenti asilo? Occorrerebbe innanzitutto, sulla scia del modello tedesco, rafforzare il legame tra integrazione e lavoro, puntando sul pieno coinvolgimento delle forze produttive e sociali dei singoli territori e investire sull’efficacia dei centri per l’impiego, a partire dall’aumento del numero degli addetti. Inoltre, occorrerebbe facilitare l’accesso ai servizi di for- mazione e avviamento lavorativo per i richiedenti asilo e rifugiati nell’ambito delle politiche attive dai centri per l’impiego e dall’Anpal (Agenzia nazionale per le politi- che attive del lavoro) attraverso il ricorso a borse-lavoro o rapporti di apprendistato senza tener conto dei limiti di età attualmente previsti, e mettendo a punto un sistema semplificato di riconoscimento dei titoli di studio e di veri- fica delle abilità individuali al fine del conseguimento del- la qualifica o del diploma professionale senza la necessità di frequentare corsi inutili se si è già formati. E andrebbe- ro coinvolte le agenzie private per il lavoro, a cui non fa neppure cenno il piano nazionale, che secondo il Jobs Act possono prendere in carico i disoccupati per avviarli al la- voro. Tutto ciò è previsto dalla nostra proposta di legge. • Paolo Mazzanti
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