Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2017

CIVILTÀ DEL LAVORO IV • V - 2017 40 DOSSIER RINGRAZIO il Presiden- te D’Amato e la Federazione Nazionale dei Cavalieri del La- voro per avermi dato la possi- bilità di partecipare a un ma- ster di grande interesse. È importante saper ascoltare, capire, vedere le critiche e le richieste da parte di perso- ne che conoscono i problemi. Io sono reduce da una due giorni a Parigi, dove sono an- dato anche a visitare l’École Ferrandi, che è una famosa scuola di gastronomia. Forse per una vocazione naturale e istintiva ho deciso di parte- cipare a una lezione di pasticceria e ho cercato di vede- re se avevo qualche manualità e devo dire che qualche cosa sulle torte sono riuscito a fare insieme agli studenti del primo anno del corso. Certo la torta è di grande im- portanza, ma non basta saper fare la torta, perché biso- gna anche avere la volontà di farla, decidere di farla e, soprattutto, decidere che torta fare. La politica ha il dovere di fare queste cose, cioè decide- re lungo quale percorso andare. Ha ragione Carlo Cotta- relli a dire che manca spesso una strategia politica, per- ché in realtà c’è molta tattica, ma il lungo termine spesso non esiste, in quanto bisogna accontentare gli elettori sul momento, cercando di raccogliere consensi in fase di ele- zioni. Spesso, quindi, agli elettori non si dà un disegno e una prospettiva. Proviamo a vedere allora che torta possiamo cercare di fa- re insieme. La nostra non può certamente essere una scelta che vada fuori da quella eu- ropea per due ragioni molto semplici. La prima è legata alla nostra identità e ai no- stri valori, la seconda è lega- ta a una ragione di interesse. Possiamo affrontare la sfida della globalizzazione in 60 milioni di italiani, dovendoci confrontare con un miliardo e mezzo di cinesi e altrettan- ti indiani, con i russi, con gli Stati Uniti e con l’Africa, che nel 2050 avrà due miliardi e mezzo di persone? È assolu- tamente impossibile, perché sarebbe una scelta suicida e dannosa per i nostri 60 milioni di compatrioti. Abbiamo quindi una scelta obbligata se vogliamo esse- re competitivi a livello globale e se non vogliamo essere marginali a livello globale. Questa scelta si chiama Euro- pa, anche se non deve essere assolutamente l’Europa così come è oggi. Ecco perché la politica deve avere il corag- gio di fare delle scelte. Si deve cambiare per poter dare risposte a questi 500 milioni di cittadini in una situazio- ne di grande difficoltà, perché non si è conclusa definiti- vamente la stagione della crisi. Infatti, anche se c’è una ripresa, gli effetti della crisi si continuano a sentire, altri- menti non avremmo una disoccupazione giovanile co- sì alta in Francia, in Spagna o in Italia e non ci sarebbero paesi che rimangono indietro rispetto ai 28 e domani ai 27. Condivido quello che è stato detto da molti degli inter- SAREMO COMPETITIVI SOLO GRAZIE ALL’ EUROPA IL FALSO DILEMMA TRA CRESCITA E RIGORE - INTERVENTO Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani spiega che possiamo affrontare la sfida della globalizzazione solo se le scelte politiche avranno un respiro europeo. L’Italia gioca una partita importante e ha il dovere di restare tra i paesi guida, insieme alla Germania e alla Francia, spronando a trovare soluzioni su temi caldi come la politica industriale e l’immigrazione

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