Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2017
CIVILTÀ DEL LAVORO IV • V - 2017 41 DOSSIER locutori di questa mattina. La soluzione a breve termi- ne nell’ambito di una visione complessiva non può esse- re quella del ministro unico dell’economia per avere una politica industriale europea. Le riforme istituzionali serviranno e sarà giusto farle per adeguare ai tempi una realtà così grande, ma tante altre riforme non istituzionali, che non richiedono alcun cam- biamento dei trattati, si possono fare semplicemente fa- cendo emergere una volontà politica di seguire un per- corso che non può essere certamente solo la volontà di qualche burocrate che si arroga il diritto di sostituire chi è eletto legittimamente dal popolo soltanto perché ha fat- to qualche anno di studi a Bruges e senza avere mai par- lato con un operaio o un imprenditore. La scelta deve essere politica e democratica. Ha ragione il professor Quadrio Curzio, che ringrazio per avere posto l’accento sul lavoro che fa e dovrà fare il Parlamento eu- ropeo e questo non lo dico soltanto perché ho l’onore e l’onere di presiederlo. Il Parlamento europeo è il luogo del confronto democra- tico e il luogo dove siedono i rappresentanti di tutti i po- poli europei con le loro idee differenti. È lì che sta il cuore della democrazia, è lì il cuore dell’Europa, è lì che devo- no nascere le idee, è lì che si deve dibattere, è lì il centro politico dell’Europa ed è lì che bisogna far sentire la voce dei popoli anche agli Stati membri. Certo la volontà politica è di andare avanti e di capire co- sa vogliamo fare nei prossimi anni per non essere mar- ginali. Il ruolo del Parlamento è fondamentale, ma sarei sciocco nel sottovalutare l’importanza degli Stati mem- bri, perché questa è un’Europa dove gli Stati svolgono un ruolo determinante. Per fare delle scelte politiche che permettano all’Euro- pa di essere protagonista non possiamo non tenere con- to della Germania. Quando sento parlare la gente con- tro la Merkel, come se fosse la responsabile di tutti i mali dell’universo, io rispondo con un’analisi obiettiva, perché la Germania è la locomotiva dell’Unione europea. I tede- schi lavorano in tutte le istituzioni europee, i deputati te- deschi sono presenti, i funzionali tedeschi sono presenti e cercano di occupare tutti i luoghi di potere delle istitu- zioni comunitarie. Possiamo contestare una scelta di questo tipo, visto che agiscono nel loro interesse? Il problema è che cosa fac- ciamo noi e che cosa fanno gli altri paesi per rendere più equilibrata un’indispensabile unità europea. Noi italiani abbiamo fatto e facciamo tutto quello che possiamo per frenare l’occupazione da parte delle Germania? Adesso abbiamo un’occasione straordinaria con l’uscita del Re- gno Unito e già si vedono i tentativi della Francia e della Germania di riaprire un dialogo, con l’elezione di Macron e con la rielezione della solita Cancelliera, per assumere la guida dell’Unione europea. L’Italia ha una straordinaria opportunità, cioè quella di in- serirsi nella fase iniziale di una nuova stagione, che sarà inevitabilmente quella di un’Europa a due velocità, dove alcuni ciclisti tirano il gruppo per arrivare il prima possi- bile a concludere la tappa. Politicamente, come italiani non possiamo permettere che siano solo la Francia e la Germania a essere nella testa del gruppo, ma per ave- re un’Europa più equilibrata ed efficace dobbiamo avere un’Italia presente e una Spagna presente. Questi, infat- ti, sono i quattro paesi che politicamente possono assu- mersi la responsabilità di guidare l’intero gruppo e questo per il numero di abitanti, per la centralità e per la storia che rappresentano. La politica del solo rigore non provoca risultati positivi per tutta l’Europa e quando si apre il dibattito tedesco sul mi- nistro dell’economia è per fare una scelta che va nella di- rezione di un controllo rigoroso dei conti. Io credo che l’Italia debba ridurre il suo debito pubblico, perché lo sperpero del denaro pubblico è uno scandalo che deve cessare e che provoca danni enormi alla credibi- lità del nostro Paese e alla stabilità dell’Unione. Le econo- mie e le finanze sono interdipendenti e allora serve che, ai tavoli decisionali, l’Italia con la Spagna e con la Fran- cia, che ha una posizione sull’economia reale più vicina a quella italiana che a quella tedesca, venga portato un »
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