Civiltà del Lavoro, n. 6/2017
107 CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2017 INTERVISTE È corretto dire che il suo percorso imprenditoriale di successo ha due punti chiave: l’acquisizione dell’Anti- ca Ditta Marchisio (il più antico stabilimento orafo di Torino poi in parte ceduto al gruppo Richemont) e la nascita della Mattioli dedicata alla produzione per con- to di grandi marchi e quella relativa al proprio brand? È corretto ma bisogna specificare come questi due mo- menti chiave diventino fattori di successo: dopo l’acquisi- zione di Antica Ditta Marchisio abbiamo attuato una radi- cale trasformazione da azienda solo artigianale a realtà con processi e meccanismi propri della produzione indu- striale, ponendo sempre una grande attenzione alle tec- niche di lavorazione artigianali e all’innovazione. Il successo della Mattioli è determinato in gran parte dall’a- ver, da subito, puntato all’internazionalizzazione e alla crescita, obiettivo raggiunto sia direttamente che trami- te acquisizioni. • Avvocato per studi e imprenditrice di professione: quanto ha inciso nella sua scelta la sua famiglia? Per- ché avete scelto di investire nell’oreficeria? Mia madre, notaio di professione, mi ha spinto a intrapren- dere gli studi in legge mentre da mio padre, a quel tempo dirigente in Pirelli, è nata la volontà di rilevare un’azien- da italiana di piccole dimensioni per poter sperimentare l’attività imprenditoriale quando sarebbe andato in pen- sione dalla grande azienda. La scelta del settore orafo è stata del tutto casuale: in quel momento storico l’Antica Ditta Marchisio risponde- va alle caratteristiche che stavamo cercando. Sono arri- vata per prima io in fabbrica, mio padre viaggiava ancora molto per il suo lavoro e da lì in poi la mia relazione con l’azienda è stata un crescendo: me ne sono pian piano innamorata abbandonando la carriera da notaio in favo- re dell’imprenditoria.
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