Civiltà del Lavoro, n. 6/2017
CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2017 29 FOCUS no valida poiché il 61% degli italiani vive quotidiana- mente la realtà di aree periferiche, molto lontane dai centri storici. E in ogni caso non è più sufficiente, al fi- ne di accrescere la sensibilità sociale verso la cultura, la semplice fruizione “emotiva” quanto invece è indi- spensabile una vera e propria estesa azione, in grado di acculturare in modo approfondito la società italiana; • considerare le risorse culturali come uno stretto recin- to per specialisti non consente, inoltre, di utilizzare tali risorse quale motore di una specifica economia – l’in- dustria della bellezza e creatività – che pure oggi rap- presenta una delle forme di più avanzata produzione nell’epoca delle tecnologie informative. È certamen- te importante mantenere nelle università, nelle scuo- le di alta formazione un elevato standing di ricerca e di studio ma in questo, come in altri campi, le cono- scenze sono base per creare imprese e occupazione la cui natura, pur essendo riconducibile ai canoni del- la produzione imprenditoriale, costituisce un formida- bile agente di diffusione e di valorizzazione della cul- tura specie nei Paesi più avanzati; • l’aver sacralizzato la cultura dell’antico rende, poi, più debole la stessa spinta a incentivare la creatività del contemporaneo nelle diverse arti, ovvero la capacità di ricercare nuove forme di produzione culturale dando spazio, in tal modo, anche al ricambio generazionale. A conferma delle premesse, sono i dati che segnano la portata economica e occupazionale del settore cultura nel nostro Paese anche rispetto alle altre grandi realtà europee. Definire il perimetro delle attività è il punto di parten- za per qualsiasi stima, operazione che presenta una for- te variabilità in relazione ai metodi utilizzati per effettua- re tali stime. Se partiamo dai valori registrati attraverso le statistiche ufficiali Eurostat, le uniche confrontabili a livello europeo, si rileva come i due sottoinsiemi di riferimento siano co- stituiti da “arte, attività creative, musei e altre attività cul- turali” ed “editoria, video e musica”. Il valore aggiunto riferito all’anno 2014 dei due settori va- le in Italia 18,7 miliardi di euro, in Francia 37,9 miliardi di euro, in Germania 53,1 miliardi di euro, nel Regno Unito 56,6 miliardi di euro. Secondo tale fonte in Italia quindi si registra un valore in- feriore agli altri tre grandi paesi europei e superiore solo alla Spagna che si ferma a 17,5 miliardi di euro (fig. 1). Fig. 1 - Valore aggiunto del settore culturale in Europa (miliardi di € 2013) 10 8,7 18,7 Arte/Musei Italia Germania UK Francia Spagna Editoria/TV Totale 21,2 31,9 53,1 56,6 25,8 30,8 14,1 23,8 37,9 10,2 7,3 17,5 Fonte: elaborazione RUR su dati Eurostat, 2015 Anche, l’incidenza sull’occupazione delle attività culturali nella comparazione internazionale vede l’Italia al quarto posto con un 2,7%, al di sotto della media europea e degli altri grandi paesi, mentre appariva (all’epoca della rileva- zione 2015) assai distante la quota del settore negli inve- stimenti pubblici, un fattore negativo che è stato significa- tivamente riequilibrato nel corso degli ultimi anni (fig. 2) >
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