Civiltà del Lavoro, n. 6/2017

91 CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2017 INTERVISTE re per conoscere e acquistare i migliori prodotti e offrirli ai nostri clienti. Le nostre origini italiane fanno sì che que- sti vincoli ancora oggi permangano. Le iniziative sull’Italia e i suoi prodotti che si sono realiz- zate in questi anni sono diverse. Non abbiamo trascura- to mostre d’arte e sull’oreficeria italiana manifestando in questo modo anche il nostro impegno con la cultura in- sieme a tanti eventi propri di marketing. Tutto questo ci ha permesso di essere considerati dal pub- blico come una impresa “quasi” italiana e naturalmente con il valore aggiunto che questo significava. Ottimi risultati e numerosi riconoscimenti le sono ar- rivati anche grazie all’attività agricola: cosa l’ha spin- ta a investire nella vitivinicoltura? Per quello che riguarda l’attività vitivinicola, in verità deb- bo dire che è iniziata come un hobby, quando ho acqui- stato il primo terreno soprattutto per dare spazio alla mia passione di galoppare, che al giorno d’oggi ancora sussiste e si svolge nei pressi delle collinette dove in questi anni sono stati piantati 200 ettari a vigneto. Anche qui sono stati gli anni di dedicazione e il lavoro con enologi italiani riconosciuti insieme ad altri di paesi esperti in vini che abbiamo portato in produzione que- sti vigneti che ci permettono di ottenere ottimi vini che in media raggiungono già annualmente le 150mila casse con 12 unità ognuna. Cosa manca all’Italia? All’Italia non manca niente. L’Italia è un paese spettacolare per sviluppare il turismo che combina le bellezze naturali con un clima speciale e una storia millenaria. Possibilmente se al sud si privilegia uno sviluppo turisti- co si apre una strada anche per una crescita economica più rapida e consone propria alla bellezza di queste terre. Da un punto di vista economico credo che l’inserimento nell’Unione europea ha permesso agli imprenditori ita- liani di spostarsi con successo anche in altri paesi e que- sto ha anche consentito ricevere in Italia anche impren- ditori di altri paesi. Anche l’Italia quindi è entrata nel processo di globaliz- zazione dell’economia beneficiandone internamente ma anche portando nel mondo il contributo della sua espe- rienza e creatività. • za mi spinse a diversificare. Questo coincise con un rias- setto azionario della famiglia di quella che era l’azienda originaria Falabella. Così nel piano di vendita del 75% delle azioni, insieme ad altri membri della nostra famiglia entrai a far parte della proprietà e fui nominato amministratore unico. Con i miei contatti con il mondo universitario fu possibi- le reclutare gli alunni migliori e formare uno staff forte, capace e impegnato. A loro sempre dicevo che doveva- mo costruire una “impresa del futuro”. Fu con loro e altri professionisti che si unirono con il tempo che prese pie- de quello che sarebbe stato lo sviluppo definitivo che og- gi conosciamo. Realizzammo un cambio di paradigma nei piani azienda- li quando preferimmo privilegiare la centralità dei buoni prodotti (che sempre abbiamo avuto presente) con quello dei ‘‘clienti come i ‘padroni’ dei nostri affari’’; cosi ci con- centrammo a capire quali fossero gli interessi dei clienti. Questo ci portò a offrire servizi efficienti, buoni prezzi, un credito diretto ai consumatori con tassi favorevoli, e poi a diversificare l’offerta dei prodotti per la casa, l’alimenta- zione, le assicurazioni e finanche i viaggi. Così è iniziata la nostra internazionalizzazione dal Cile ver- so l’Argentina, il Perù e la Colombia e, più recentemente, anche il Brasile e l’Uruguay. E quanto ha influito, per la crescita dimensionale, la quotazione in Borsa? L’apertura al mercato borsistico era prevista fin dall’inizio della mia conduzione dell’azienda e difatti questo facili- tò la raccolta dei capitali necessari per uno sviluppo più accelerato. Oltre questo aspetto debbo anche segnalare che con essa è stato possibile dare trasparenza ai nostri azionisti quotidianamente delle operazioni e quindi offri- re loro una conoscenza sempre aggiornata del valore dei propri investimenti. Ma questa apertura aveva anche lo scopo di sviluppare una politica delle risorse umane in modo da applicare un sistema di premi e incentivi basato sulla trasparenza e la fiducia del pubblico verso l’impresa. Che ruolo ha assunto il fattore “made in Italy” dei pro- dotti che ha commercializzato? È stato fondamentale per l’immagine della nostra impre- sa. Sono stati diversi anni di viaggi in Italia, visite alle fie-

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