Civiltà del Lavoro, n. 2/2018
CIVILTÀ DEL LAVORO II - 2018 10 INTERVENTO IN CAMPO UNA GENERALE ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ Il discorso del Presidente Antonio D'Amato al Quirinale in occasione della Festa del Lavoro SIGNOR PRESIDENTE , Autorità, Signore e Signori, “attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale: quan- do non si lavora, quando si lavora male, è la democrazia ad entrare in crisi”. Tutti ricorderanno queste parole pro- nunciate solo qualche mese fa dal sommo Pontefice, Pa- pa Francesco. Noi Cavalieri del Lavoro le sentiamo nostre. Le ricordiamo bene ogni giorno, quando entriamo nelle nostre fabbriche vivendo quotidianamente, gomito a gomito con i nostri lavoratori, le sfide sempre più complesse che i mercati globali impongono alle nostre imprese. Oggi si celebra in forma solenne la Festa del Lavoro, che è il più grande patrimonio dell’uomo e che rappresenta l’unica via per ciascun individuo per conquistare libertà, autonomia e dignità, per realizzare se stessi e al tempo stesso contribuire alla crescita economica, sociale e civile del proprio Paese. E nel celebrare oggi il lavoro, noi im- prenditori ci sentiamo con orgoglio egualmente protago- nisti con i nostri lavoratori di questo percorso di progres- so personale e sociale. Grande è quindi la nostra soddisfazione nel vedere oggi riconosciuti e premiati i Maestri del Lavoro, quei lavoratori che hanno con passione, lealtà, intelligenza e dedizione contribuito al successo della propria azienda e delle per- sone che hanno lavorato con loro. La Festa del Lavoro è dunque certamente l’occasione per onorare uno dei va- lori fondanti della nostra Costituzione e della nostra Re- pubblica, ma deve essere, al tempo stesso, un momento di riflessione per ribadire come il lavoro, la creazione di buon lavoro, debba avere la priorità assoluta nelle scel- te di politica economica, sociale e di governo del Paese. Un Paese, il nostro, che continua ad avere fame di buoni posti di lavoro. Gli ultimi indicatori attestano un tasso di occupazione del 58%: largamente insufficiente, ma co- munque mezzo punto in più rispetto all’inizio del 2017. Permangono però, forti e insostenibili, i divari territoriali e la piaga dell’occupazione giovanile con un giovane su due che non ha un lavoro o non lo cerca. Tra il 2015 e il 2017 sono stati creati circa 800mila posti di lavoro. L’an- no scorso, in particolare, il saldo tra assunzioni e cessazio- ni di rapporto di lavoro è stato attivo per 500mila unità. Numeri positivi, dunque, ma che non bastano ad assicu- rare quei livelli occupazionali che conferiscono una piena ed eguale dignità a tutti i cittadini italiani. Di fronte a questa grave emergenza sociale, il dibatti- to politico degli ultimi mesi, in una affannosa ricerca del consenso perduto, ha riproposto con insistenza ricette as- sistenzialistiche o passi indietro rispetto alle pur parziali riforme del mercato del lavoro, negando in maniera sem- plicistica e irresponsabile gli evidenti benefici prodotti da quelle riforme di flessibilità iniziate vent’anni fa con il con- tributo di Marco Biagi. Da imprenditori, prima ancora che Cavalieri del Lavoro, non possiamo non sollevare qui un serio allarme sul ri- schio che una deriva così populistica possa imprimere al- le prospettive di ripresa e competitività del nostro Paese. La qualità della vita, il livello di reddito, la fiducia nel pro- prio futuro e nel futuro dell’Italia non miglioreranno con le promesse di improbabili e comunque insostenibili sussidi parassitari o con la reintroduzione di rigidità in un mercato
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