Civiltà del Lavoro, n. 2/2018
CIVILTÀ DEL LAVORO II - 2018 28 INCHIESTA IL LAVORO CHE VERRÀ Al convegno promosso dal Gruppo toscano una riflessione sulla robotica e i prossimi scenari la direzione dell’Istituto di Biorobotica a un 38enne. E riba- disce: “In questa partita l’Italia ha un vantaggio enorme”. Lo scienziato non si riferisce (solo) alla tecnologia, alla qua- lità della scuola ingegneristica e informatica, fa riferimento alla cultura umanistica, ai saperi classici spesso considerati meno che sopravvivenze archeologiche. E invece uno degli aspetti più importanti dello sviluppo della robotica, spiega nel corso del convegno promosso dal Gruppo Toscano dei Cavalieri del Lavoro “Robotica e intelligenza artificiale. Op- portunità e rischi per il lavoro nel prossimo futuro”, tenu- tosi il 21 marzo a Firenze presso l’Auditorium della Came- ra di Commercio, sta nella capacità di generare programmi e metodi che sappiano moltiplicare la potenza collabora- tiva delle macchine. Gestire quantità enormi di dati senza imparare a collabo- rare con un “partner cognitivo” serve a poco. L’intelligenza è un fenomeno soprattutto relazionale e in questo senso l’apporto di filosofi, psicologi, linguisti è altrettanto fonda- mentale di quello di ingegneri e sistemisti. Lo conferma anche il libro “Human+Machine” scritto da Paul Doghery, il chief technology officer di Accenture, una sorta di roadmap per ottenere i massimi benefici dalle mirabilie tecnologiche non più fini a se stesse. I ROBOT schiavizzeranno i loro creatori? Falso. L’uomo è antiquato? Non ancora. Diventeremo più poveri? Dipen- de. Tra falsi miti e paure umane troppo umane, la civiltà dell’automazione di massa incombe con tutto il suo corre- do di ansie, timori, entusiasmi e immancabili fake news. “Immaginare l’umanità alla mercé di macchine intelligen- ti è pura fantascienza, utile a raccontare storie ma non a descrivere la realtà” precisa Paolo Dario, coordinatore del dottorato in Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, centro di eccellenza mondiale negli studi sulla co- gnizione artificiale. “Molti hanno paura del futuro ma ci sono paure vere e pau- re fittizie. A me interessa la realtà e la realtà ci dice che il vero pericolo non sono fantomatici robot cattivi ma è il divario robotico, la distanza sociale ed economica che po- trebbe venire a crearsi e che di fatto già c’è tra chi i robot ce li ha e chi non ne ha, tra chi grazie a essi potrà miglio- rare processi produttivi, assistenza sanitaria, trasporti e si- curezza e chi invece stenterà a farlo”. Dario, tra gli artefici della “Robot Valley”, l’area tra la Valde- ra e Pisa che dagli inizi degli anni ‘80 macina innovazione come pochissime altre al mondo, a conferma che in questi settori non c’è da aver paura del futuro ha lasciato da poco
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