Civiltà del Lavoro, n. 2/2018

DOSSIER CIVILTÀ DEL LAVORO II- 2018 64 profondità realizzando settanta interviste per ricostruire le scelte strategiche degli imprenditori (si veda articolo pre- cedente. Con questo lavoro si restituisce, dunque, il giu- sto valore a un insieme di medie imprese industriali del Mezzogiorno a lungo trascurato dalla letteratura azien- dale e, come spiega il docente, caratterizzato da crescite prudenti, costanti, senza strappi neanche negli anni più difficili della crisi. Con la prima testimonianza aziendale si compie un vero e proprio tuffo nel passato. Di Leo, infatti, nell’esprimere l’orgoglio di appartenere all’undicesima generazione di una famiglia di fornai, ripercorre le principali tappe che hanno segnato l’evoluzione, anche tecnologica dell’azien- da, incluso il trasferimento dall’originaria sede di Altamu- ra a quella di Matera. Agli anni Settanta risale l’ingresso nel settore della biscotteria, mentre all’inizio degli anni Novanta si colloca la scelta di produrre i primi biscotti di mais senza olio di palma. Si tratta di una decisione che, per molti aspetti, pone l’impresa lucana, all’avanguardia del gusto e delle tendenze che sarebbero poi esplose in epoca più recente. “Oggi il panorama con cui ci confron- tiamo è molto selettivo – commenta Di Leo – siamo l’ot- tava marca a livello nazionale e siamo secondi in Puglia e in Basilicata, dove abbiamo conquistato la leadership nel segmento salutistico-integrale”. Accanto agli investimenti in macchinari, molto spazio è stato dato nel tempo anche a quelli sul capitale umano, così come alla comunicazione. Su quest’ultimo aspetto, ad esempio, l’azienda ha scelto di valorizzare il legame con il territorio e di sostenere con forza la candidatura di Matera a capitale europea della cultura per il 2019. La vittoria poi ottenuta ha rappresentato un grande riscat- to per una città che negli anni Cinquanta era considera- Non disperdere le capacità del meridione Se c’è un fenomeno che stupisce, al di là di ogni regola co- dificata da indagini di mercato e studi scientifici, questo è il segmento delle medie imprese industriali del Mezzogiorno. Il discorso retorico su questo settore ha distolto o fuor- viato l’attenzione dalla realtà, spesso studiata superfi- cialmente o addirittura liquidata con vignette giornalisti- che che – quando tutto va bene – ci riproducono come il Paese delle vacanze. La recente ricerca del professor Fran- cesco Izzo e del suo team va finalmente ad approfondire questo tema, servendosi di un rigoroso metodo scientifico che viene sapientemente coniugato con una penetrante indagine sul campo. Vengono innanzitutto poste una se- rie di domande sui caratteri, la genesi, le performance, i percorsi e la proiezione al futuro di queste imprese, per giungere poi a risultati certamente impensabili rispetto al comune intendere. Tutto ciò mette in luce una realtà asso- lutamente originale, che contrasta con l’opinione corrente circa il successo delle medie imprese italiane. Emerge un Mezzogiorno che non è solo quello che resi- ste in quanto dotato di una atavica capacità di resilienza, esito di un passato difficile, ma è un Mezzogiorno capace di sviluppo, ricco di meccanismi di crescita e in grado di valutare e intercettare i mutamenti per cercare di metterli a sistema. L’innovazione non è sempre evidente anche se c’è, la diversificazione è difficile, l’internazionalizzazione è casuale pur se consistente, il contesto di azione è fra- gile. Si impone, dunque, una ricerca dettagliata che pos- sa costituire il substrato di partenza per uno sviluppo che sia anche finalizzato a saper interagire e a vivificare l’in- tero territorio. Da una accurata disamina si desume che le aziende manifatturiere del meridione sono di taglia me- dio-piccola, che sono concentrate per il 60% fra Puglia e Campania, che insistono su pochi settori con un’inciden- za notevole dell’alimentare, o meglio dell’agro-alimenta- re, che ad esempio in Calabria arriva a toccare il 70%. In- fine, sono quasi esclusivamente a gestione familiare, con Pietro Di Leo

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