Civiltà del Lavoro, n. 2/2018
DOSSIER CIVILTÀ DEL LAVORO II- 2018 66 In realtà, come spiega Zigon, “in un mondo sempre più integrato, per restare competitivi, un’azienda come la no- stra ha bisogno di operare in un territorio ove sia possibile fare sistema, sviluppando una filiera che consenta quella taylorizzazione del prodotto necessaria in mercati sem- pre più esigenti sotto il profilo tecnologico”. Eppure, per quanto riguarda lo sviluppo delle imprese del Mezzogiorno, c’è qualcosa di irrisolto. Mazzanti lo espri- me con una provocazione: “La pizza e il caffè sono forse i prodotti più tipici del Mezzogiorno. Ma come mai le im- prese più grandi nel settore si chiamano Pizza Hut, Domi- nus Pizza e Starbucks e sono tutte e tre americane? Forse perché gli Stati Uniti hanno costruito una strategia di cre- scita che l’Italia non ha e il Mezzogiorno ancora meno”. A rigore qualche strumento in più oggi c’è. Si pensi al già citato programma Elite, alle reti d’impresa o anche all’a- bolizione dell’articolo 18 che avrebbe stimolato la crescita delle imprese. “Ma se il Mezzogiorno, come sostiene Pro- di, tornerà ad essere centrale con lo sviluppo della nuo- va Via della Seta – chiede Mazzanti – quali suggerimenti si potrebbero dare alla politica per costruire una strategia italiana per la crescita che consenta a chi ha idee e vo- lontà imprenditoriale di bruciare le tappe?”. Il primo a inserirsi nel ragionamento è Izzo, che legge nell’acritica esaltazione della piccola dimensione tipica degli anni Sessanta e Settanta una delle cause principa- li del mancato sviluppo di una rete di distribuzione com- merciale tutta italiana. La politica ci ha messo del suo, “è stata distratta e in certi casi colpevolmente ostile”. La nota positiva per il docente è che la Di Leo Pietro e la Getra sono esempi di aziende che non sono nate dentro un distretto precostituito, ma al contrario sono state lo- ro a dare vita a un ecosistema, che adesso naturalmente andrebbe potenziato e sostenuto. Rispondendo alla domanda di Mazzanti, Di Leo addebita parte delle responsabilità anche agli imprenditori, che si sono appoggiati esclusivamente al credito bancario e che per molto tempo non hanno affrontato il problema della sottocapitalizzazione. Oggi la situazione appare in miglio- ramento, la crisi ha stimolato un certo orgoglio impren- ditoriale e l’ultimo governo ha messo in campo misure a sostegno della manifattura. Anche Zigon condivide la bontà degli ultimi provvedimen- ti e per questo invita a non fare passi indietro. Richiama la necessità di proseguire con gli investimenti e, sul la- to pubblico, di potenziare le infrastrutture. “Essendo l’Ita- lia un piccolo mercato – spiega – dobbiamo pensare ad esportare, giocando al meglio il nostro ruolo baricentrico prospettiva di crescita. Imprese troppo piccole non riesco- no a investire in innovazione e sappiamo bene che anche le aziende tradizionali, delle quali è particolarmente ric- co il Sud, hanno necessità essenziale di questo elemento per competere nei mercati globali. Quello che dobbiamo chiedere con forza, per non di- sperdere questo variegato mix di eccellenze tecno- logiche e tradizioni millenarie, è l’attenzione per il nostro Sud, che deve concentrarsi non solo sullo svi- luppo industriale ma soprattutto sulle infrastrutture. Se guardiamo ai più recenti rapporti Svimez, vediamo che negli ultimi venti anni il Sud ha ricevuto una percentuale di investimenti infrastrutturali incredibilmente bassa. Un adeguato incremento della portualità, una buona “cura del ferro”, una viabilità normale, una logistica degna dell’Eu- ropa basata sull’intermodalità possono costituire il fonda- mento di un nuovo Mezzogiorno dove gli imprenditori – già si è visto – sono ampiamente in grado di sostenere il loro ruolo economico e non solo. Dunque “Sud, perché no?”, parafrasando il titolo di un re- cente e brillante pamphlet scritto da Riccardo Monti che, forte della sua origine partenopea e dell’osservatorio pri- vilegiato avuto nel periodo di presidenza dell’Ice, ha mes- so in evidenza la qualità dell’imprenditoria meridionale. Cita alcuni esempi virtuosi che proprio per questo devono indurre a non dimenticare che per uno sviluppo durevo- le e sostenibile è necessario un contesto strutturato, an- che al fine di arrestare la fuga dei giovani verso territori che offrono maggiori opportunità. Ma qui le opportunità ci sono e sono infinite. Basti pensare alla terra e alle sue bellezze naturali ed artistiche. L’agricoltura sta riuscendo ad attrarre molti giovani che, applicando nuove tecniche e una razionalizzazione del la- voro, stanno ottenendo risultati brillanti ridando vita a ter- reni poco utilizzati e portando all’estero tanti nostri prodot- ti agricoli tipici, per non parlare dei vini, che raccolgono premi e consensi negli scenari internazionali. Last but not least turismo e beni culturali, che stanno di- ventando sempre più asset portanti dell’economia del Sud. La cultura come motore di sviluppo è ormai centrale per
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