Civiltà del Lavoro, n. 6/2018

105 CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2018 INTERVISTE Ricordo l’impressione che mi faceva andare da New York alla Cina tempo fa. Da una parte c’erano i grattacieli, dall’al- tra praticamente niente. Eppure adesso sono in competizione per il primato di innovazione nell’economia globale. Ripeto, non ne sono stupito. I cinesi hanno una determina- zione fuori dal comune. Ricordo ancora quando abbiamo installato macchinari piuttosto sofisticati per la lavorazio- ne di granulati di nylon. Nei primi tempi queste macchi- ne non funzionavano bene e non capivamo il perché. Poi abbiamo fatto delle analisi e ci siamo resi conto che i gra- nulati erano sporchi, li lavoravano in condizioni approssi- mative e quindi c’erano delle impurità. Gli abbiamo spie- gato che così non si poteva procedere e che avrebbero dovuto produrre degli altri. Il giorno dopo sono arrivato lì e c’erano almeno 50 operai intorno a un tavolo che ave- vano trascorso la notte intera a ripulire pallina per pallina i granulati di nylon. Una cosa impensabile. Oltre agli impianti produttivi, ha dato vita anche a una fonderia specializzata in componentistica per auto, un mercato caratterizzato da continui cambiamenti. Co- me riuscite a conservare competitività? Con un grande sforzo nella ricerca di nuove tecnologie e nuovi mercati. Sempre attenti alle necessità dei clien- ti ed alla determinazione di riuscire a produrre ed inge- gnerizzare. • responsabilità e non si tratta certo di responsabilità che conoscono orari. La sfida è innescare meccanismi virtuo- si in ogni senso e se questo non accade non si riesce a stare in pace. È stato tra i primi a investire in Cina, oggi un mercato obbligato per moltissimi imprenditori. Cosa l’ha spin- ta a superare le diffidenze che, allora, altri nutrivano? Sinceramente molto coraggio, ma soprattutto la voglia di fare e conquistare un mercato che vedevo così in espan- sione. Mi piace ricordare che sono andato la prima volta prima della morte di Mao, come dire: avevo la certezza di entrare ma non ero così certo di tornare. A parte gli scherzi, ricordo che la gente viveva per le stra- de. Pensare quello che hanno realizzato in questi ultimi tempi è impressionante. Fino a poco tempo fa intere cit- tà con milioni di abitanti non esistevano affatto, ma que- sto non mi stupisce. Quando hanno costruito lo stabilimento della nostra azien- da lo hanno fatto tirando su tre piani praticamente senza grandi macchinari, erano in centinaia con secchi e palette. Oltre che in Cina ha un insediamento anche negli Usa. Qual è la più grande differenza che riscontra tra i la- voratori cinesi e americani? Tutto. È enorme la differenza nel modo di vivere, di la- vorare, l’ambiente di lavoro, i gesti, la comunicazione, in- somma tutto.

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