Civiltà del Lavoro, n. 6/2018
CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2018 13 e privati. Quelli pubblici devono essere focalizzati sull’ade- guamento del sistema delle infrastrutture e sul risanamen- to ambientale e idrogeologico del nostro Paese devastato da decenni di incurie. Gli investimenti privati sono indispensabili perché il sistema produttivo italiano possa crescere in qualità e dimensioni adeguate alla sfida della competizione globale. Sia nel pubblico sia nel privato occorrono poi significativi in- vestimenti sulle competenze e soprattutto sulla conoscen- za che rappresenta il nostro vero vantaggio competitivo. Noi non abbiamo materie prime. È sulla capacità di pensare e di fare che ci misuriamo con il resto del mondo. Gli investimenti, sia quelli pubblici sia quelli privati, nella dimensione, nella qualità e nei tempi necessari, richiedono chiarezza e assoluto rigore nella definizione delle priorità e nella realizzazione di un programma di riforme che non è più procastinabile: la gestione attiva del mercato del lavoro, strumenti di flessibilità occupazionale, una rapida giustizia civile, lo snellimento e la trasparenza delle procedure del- la Pubblica amministrazione, valide soluzioni di contrasto alla corruzione. È facendo così che si coniugano il rigore e la crescita che non sono affatto in contraddizione, ma anzi, al contrario, sono strettamente interdipendenti. Solo grazie al rigore nella gestione della spesa corrente e nella definizione delle riforme sociali, economiche ed isti- tuzionali che si recupera quella autorevolezza necessaria per rilanciare la politica degli investimenti senza che questo indebolisca la fiducia dei mercati e comprometta il rapporto con un’Europa che, seppure in crisi, è più necessaria che mai. La fiducia nel nostro Paese e la nostra credibilità sui mercati internazionali non rappresentano una gratificazione fine a se stessa, né un’opzione di cui possiamo fare a meno con superficialità. Fiducia e credibilità sono condizioni indispensabili non solo per evitare un pesante aggravio della spesa per interessi, né solo per evitare che i titoli delle aziende italiane ven- gano depressi nel loro corso azionario diventando così ap- petibili obiettivi di acquisizioni speculative. Fiducia e credibilità sono soprattutto irrinunciabili perché chi deve affrontare il rischio di competere nel mondo ab- bia voglia e ragioni di investire in Italia. Se non si consolida e aumenta la base produttiva del Pae- se non c’è modo di far crescere occupazione e ricchezza pubblica e privata. Non sono supporti assistenzialistici, né anacronistici ritorni dell’intervento pubblico nell’economia, né tantomeno ob- soleti irrigidimenti di un mercato del lavoro ancora troppo arretrato e ingessato che possono cambiare la qualità del- la vita delle famiglie italiane. È solo creando più lavoro, quel buon lavoro nel quale noi Cavalieri del Lavoro crediamo fermamente, che possiamo assicurarci sviluppo ed equità sociali sostenibili e durature. Liberiamo il potenziale competitivo dell’Italia. Ridiamo alle imprese centralità e attenzione. Diamo ai giovani la fiducia nelle loro capacità. Facciamo venir loro voglia di diventare creatori di impresa e promotori di nuove opportunità. Certamente sapendo di dover rischiare e di dover mette- re in gioco se stessi. Ma, comunque, sapendo di poter sempre contare su di un consenso sociale ancora oggi troppo spesso negato. Signor Presidente, nel suo discorso per la celebrazione del Primo Maggio, ha voluto ricordare a tutti che la Costituzio- ne, di cui quest’anno ricorrono i 70 anni dall’entrata in vi- gore, pone il lavoro a fondamento della Repubblica. Più di recente ha sollecitato “uno sforzo condiviso, un dialogo costruttivo e un alto senso di responsabilità da parte della politica, delle istituzioni, delle imprese, delle associazioni e della società civile per scelte consapevoli con una visio- ne di lungo termine nell’interesse collettivo”. È un impegno necessario per assicurare un futuro all’Italia. Un futuro che noi non possiamo non immaginare se non come protagonisti di un’Europa più forte, più unita e più so- lidale. È questa l’Europa che dobbiamo saper costruire per assicurarci democrazia, coesione sociale e pace. A questo sforzo comune non mancherà mai l’impegno pie- no e convinto dei Cavalieri del Lavoro italiani. •
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