Civiltà del Lavoro, n. 6/2018
INCHIESTA CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2018 40 PER NON DIRE : “C’ERA UNA VOLTA IL TRIANGOLO INDUSTRIALE ” di Giovanni Novi, Presidente onorario Burke & Novi A Torino, Milano e Genova per crescere mancano solo nuove e importanti infrastrutture IL BRAVO editorialista, Marco Parella, scriveva qual- che tempo fa: “Se foste nati nel 1861, nobili o mezzadri è indifferente, avreste vissuto in prima persona il primo grande boom dell’industria italiana. Se poi, fortuna vostra, foste campati 100 anni avreste vissuto anche il secondo boom quello del miracolo economico.” Da quella data, all’inizio del nuovo secolo, le trasformazio- ni nell’industria italiana furono enormi: la grande dispo- nibilità di manodopera e gli aiuti statali portarono entro il primo decennio del primo ‘900 ad un incremento nella produzione industriale senza precedenti in settori relati- vamente nuovi come la siderurgia o quello dell’energia. Questa vera e propria rivoluzione, si attuò nelle uniche zone che al tempo disponevano di infrastrutture adegua- te: Lombardia, Piemonte e Liguria. La linea ferroviaria del Gottardo collegava il Nord con la Svizzera e la Germania, quella del Moncenisio con la Francia, quella del Brennero con l’Austria. Milano divenne il polo del secondario, Geno- va era il primo porto d’Italia e a Torino nel 1899 era nata la Fiat. Questo grande triangolo industriale dimostra una crescita esponenziale grazie ad un’immigrazione massic- cia dal Sud, dal Centro e dal Nord-Est. Una concentrazione demografica senza precedenti che, se da un lato creò pro- blemi a livello sociale, dall’altro permise un ampliamen- to del mercato e della domanda di beni e di servizi utili a sviluppare un circolo virtuoso per l’economia del paese. Genova con il suo grande porto, con tutti gli stabilimenti si- derurgici più importanti, con i cantieri navali di costruzione e riparazione fu un’eccellenza di tutta l’area Mediterranea. Torino con la Fiat e con le altre industrie, a lei collegate raggiunse traguardi mai pensati allora. Milano con le sue industrie, con le sue banche, con la sua Borsa e con tutte le aziende di servizi fu sempre consi- derata una delle principali città europee. Sin dal 1960- 65, con la costruzione di nuove autostrade, riuscimmo a creare infrastrutture che poterono sviluppare questa area in modo mirabile. La fase negativa iniziò, in quanto pensavamo che bastas- sero le nuove autostrade a sviluppare il triangolo. Bisogna pensare che avevamo ancora ferrovie del 1861 su Torino e del 1892 su Milano, con gallerie strette e basse, e con binari su cui, 100 anni fa si poteva viaggiare a 60km/h, oggi i treni non possono superare i 75km/h. L’attività tutt’ora esistente in queste tre grandi città con- sentirebbe, in tutti i settori, un’esplosione di progresso a tutto campo. Si potrebbe aumentare l’occupazione, atti- rare aziende estere ad inserirsi in questo triangolo, uti- lizzare le aree ancora disponibili in queste regioni per lo smistamento delle merci. Tutte le industrie hanno sempre bisogno di un luogo da cui attingere la materia prima ed
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