Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

INCHIESTA CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 30 possibile stimare i costi se non per assoluto difetto. Stes- so discorso per quel che attiene gli scenari di sviluppo e di crescita non solo del nord-ovest ma del Paese. Incal- colabili. Oggi in pochi ricordano che l’Italia è stata uno dei paesi che più si è impegnato per l’approvazione del pri- mo grande piano di infrastrutture europee, il piano De- lors (1993), e che quel piano prevedeva, come ancora oggi prevede, la realizzazione di un sistema di traspor- ti integrato in grado di reggere la scala dei traffici globa- li, di mettere in collegamento Asia e Vecchio Continente. Forse oggi in pochi ricordano che il cosiddetto Corridoio Mediterraneo è il frutto di battaglie di governi di diversi colori, uniti tuttavia dall’interesse di evitare all’Italia l’e- sclusione dall’asse est-ovest, tanto è vero che Francia e Germania avrebbero preferito un corridoio che passasse al di sopra delle Alpi e non, come poi si è ottenuto, al di sotto. A proposito, se la Torino-Lione si bloccasse non sa- rebbe così inverosimile che la Svizzera proponga di so- stituire l’intero corridoio ferroviario italiano della pianura padana con il collegamento Ginevra-Basilea-San Gallo- Monaco-Vienna, in parte già operativo. Ecco quanto può costare in termini di potenzialità di svi- luppo, di ricchezza, di vivibilità – in una parola, di futuro – la responsabilità di far saltare l’intero corridoio europeo che va da Lisbona a Kiev (da Torino a Trieste in Italia)? Quale impatto potrà avere il venir meno dell’effetto di re- te di un’opera del genere? Un inciso: l’opera non è tecnicamente una linea ad alta velocità e infatti è definita “una linea mista con specifi- che tecniche d’interoperabilità”, specifiche conformi alle rete centrale europea di cui è parte: questo significa che permette il passaggio di treni passeggeri a una velocità massima di circa 220 km/h e treni merci a una velocità massima di circa 120 km/h, quindi non consente di rag- giungere la velocità di punta dell’Av propriamente detta per il trasporto viaggiatori, che è di 250 km/h. Si conti- nua a chiamarla Tav per semplicità. Veniamo quindi ai costi stimabili. Quanto costerebbe bloc- care la Tav? Si può distinguere tra vari voci di finanzia- mento che andrebbero perse, fondi da restituire, vantag- gi non più ottenibili e costi per il ripristino e la messa in sicurezza dei cantieri già esistenti. Un ipotetico “no” al proseguimento dell’opera significhe- rebbe bruciare subito 1,2 miliardi di euro: 500 milioni già stanziati da Bruxelles andrebbero restituiti sull’unghia men- tre altri 700 milioni, previsti come contributo per la trat- ta italiana della Tav nei bilanci dell’Unione fino al 2020, verrebbero cancellati o riconvertiti. Con la fame di finanziamenti europei per infrastrutture da parte di altri Stati, non sorprenderebbe che i soldi per la Tav potrebbero facilmente trovare altra destinazione, a maggior ragione visto che la Commissione europea è ostile a Roma (e viceversa). Lo stop significherebbe na- turalmente fare a meno anche della quota del finanzia- mento europeo prevista per il completamento dell’ope- ra (poco meno di 3,5 miliardi che possono arrivare a 4,3 sugli 8,6 miliardi complessivi). Il principale soggetto finanziatore dell’opera, è sempre utile ricordarlo, è l’Unione europa con il 40% delle quote, mentre all’Italia spetterebbe il 35% e alla Francia il 25%. I finanziamenti sono tuttavia solo una parte della voce in- vestimenti. Nel frastuono delle polemiche ci si dimentica “Sono felicissimo di aver visto sette chilometri di tunnel: una grande opera ingegneristica, un miracolo italiano. In questi anni non c’è stato un solo incidente sul lavoro, nessuna infiltrazione mafiosa. Ho ringraziato gli operai, gli ingegneri, le forze dell’ordine. Ci porterei in visita deputati, senatori, i sindaci e dovrebbero andarci anche le scolaresche.” Matteo Salvini, ministro dell’Interno, in visita al cantiere Tav di Chiomonte

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=