Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

INCHIESTA CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 31 spesso che se ci sono già dei cantieri vuol dire che ci so- no persone già al lavoro cui bisognerebbe dire “tutti fer- mi, abbiamo cambiato idea”. Oggi lavorano all’opera circa ottocento persone, di cui due terzi nei cantieri e il resto tra società di servizi e ingegne- ria; persone che nel pieno delle attività saliranno a 4mila, cui vanno sommate altrettante nell’indotto. I DANNI CERTIFICABILI Una stima dei costi di un ipotetico stop all’opera è stata realizzata nel 2014 dalla società Ltf (Lyon-Turin Ferroviai- re), l’attuale Telt (Tunnel Euralpin Lyon-Turin), il soggetto per metà italiano e metà francese promotore dell’opera. Lo studio, commissionato al Centro di economia regiona- le, dei trasporti e del turismo della Bocconi, è tornato at- tuale perché richiamato dal vicepremier favorevole alla realizzazione della Tav. Sarebbero 20,3 i miliardi di man- cati benefici socioeconomici dovuti al blocco dei cantie- ri. Una stima che tiene conto delle prospettive di crescita degli scambi tra l’Italia e l’ovest europeo, tornati oltre i va- lori pre-crisi (più 5% rispetto al 2007). Secondo le analisi della Bocconi nel 2030 i beni da trasportare supereranno i 50 milioni di tonnellate l’anno che diventeranno almeno 55 milioni, “ma più probabilmente tra i 65 e i 75” entro il 2050. Questi sono i benefici in termini di Pil e posti di la- voro cui l’Italia sceglierebbe di rinunciare dicendo addio alla Tav. Poi ci sono gli effetti negativi immediati, che lo studio quantifica in una cifra che oscilla tra 2,9 e 4,2 mi- liardi a seconda delle voci considerate: i fondi da restitu- ire a Francia ed Europa per i 65 chilometri di sondaggi e i 25 chilometri di gallerie già scavati (900 milioni), i costi per mettere in sicurezza le aree di cantiere (sette anni di lavori per circa 280 milioni cui aggiungerne altri cento per la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine), e ancora i contratti da rescindere. Infine ci sono i costi (tra 1,4 e 1,7 miliardi) per mettere a norma l’attuale tunnel del 1871, una galleria di 14 chilo- metri senza una sola uscita di sicurezza, dove potrebbero passare 94 treni al giorno ma ne sono autorizzati solo 38 perché gli standard europei non sono rispettati. » “Non mi interessa l'analisi costi-benefici. Il problema non è la Tav ma che nessuno verrà mai a investire in Italia se il Paese mostra che un Governo che cambia non sta ai patti.“ Giovanni Tria, ministro dell’Economia e delle Finanze Gravemente compromessa la credibilità del sistema-Italia Nella riunione di febbraio, il Consiglio Direttivo della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, presieduto da Antonio D’Amato, ha espresso una forte preoccupazione per la continua perdita di credibilità sul piano internazionale che sta minando la capacità competitiva del nostro Paese. Crisi di credibilità, hanno sottolineato i Cavalieri del Lavoro, provocata dalla perdurante assenza di chiari e decisi interventi di politica economica e industriale per rilanciare la competitività e il prodotto interno lordo nazionale. Una crisi di credibilità fortemente accentuata dalla posizione assunta nei riguardi della Tav Torino-Lione. Si tratta di una infrastruttura strategica che risponde ad impegni internazionali assunti dall’Italia già alcuni decenni fa, che riguarda tutto il Paese e che è indispensabile al sistema industriale italiano per accedere ai grandi corridoi di sbocco sui mercati europei e mondiali in maniera competitiva e efficace. Non fare la Tav non vuol dire solo rinunciare a posti di lavoro e investimenti importanti che possono rilanciare occupazione, sviluppo e Pil, ma significa – ha concluso il Consiglio Direttivo della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro – soprattutto condannare il Paese a una posizione di marginalità e tutto il sistema industriale italiano a perdere importanti quote di mercato. La credibilità del Paese è fondamentale per difendere il made in Italy. Perdere credibilità vuol dire perdere valore a livello internazionale e fiducia nelle imprese italiane.

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