Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

INCHIESTA CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 33 Detto in altri termini, se l’Unione europea aumentasse il proprio contributo sulla tratta internazionale dal 40% al 50% (come pure è stato ipotizzato) o addirittura decides- se di assumersi tutti i costi e di donarla a Italia e Francia, l’analisi costi-benefici rimarrebbe tal quale. Sono stati utilizzati criteri di valutazione anomali, ha sot- tolineato il tecnico “dissidente”, Pierluigi Coppola. “Se fos- sero state seguite le linee di valutazione condivise dagli standard internazionali – ha messo in luce in un dossier consegnato al ministero – l’Analisi costi-benefici avrebbe dato un saldo positivo di 300 milioni”. Un altro elemento che ha lasciato perplessi è quello re- lativo alla ricaduta fiscale. Dirottare i traffici sulle rotaie e toglierli dalla strada sarebbe un costo eccessivo a cau- sa dei mancati introiti per lo Stato in termini di accise sui carburanti e per Autostrade in termini di pedaggi. Il passaggio dei traffici dalla strada al ferro rappresente- rebbe, secondo gli esperti, un costo insostenibile per lo Stato. Su questo punto c’è però un dettaglio non da po- co da tener presente. Le linee guida della Commissione europea e, finora, anche del Ministero dei Trasporti, indi- cano di non considerare i trasferimenti come costi, cioè di non comprendere nella computazione co-sti-benefici tasse ed entrate fiscali “Meno ci saranno mezzi pesanti e auto sulle Alpi, più il rapporto costi-benefici sarà negati- vo. Un ragionamento che pesa almeno quanto la CO 2 ”, il commento caustico affidato a una nota del Comité Tran- salpine Lyon-Turin. È il caso di segnalare che se cambias- se la tassazione sui carburanti cambierebbe anche la con- venienza economica dell’investimento e, se è vero che sistemi di tassazione possono essere modificati con una certa facilità, non può dirsi lo stesso della visione europea di un sistema trasportistico basato su una minore dipen- denza dai combustibili fossili. E poi, come pure è scritto nel cosiddetto “Contratto” che unisce il Governo giallover- de, oltre alla sostenibilità economica, bisogna tuttavia fa- re i conti anche con quella ambientale: “È necessario – è scritto senza possibilità di fraintendi- menti nel documento – favorire lo switch intermodale da gomma a ferro nel trasporto merci investendo nel colle- gamento ferroviario”. Lungo i tre attraversamenti autostradali (il tunnel del Fréjus, il tunnel del Monte Bianco e il valico litoraneo di Ventimiglia) sono transitati secondo i dati più recenti, for- niti dall’Ufficio federale dei Trasporti della Commissione europea, 42,3 milioni di tonnellate di merci. Il dato rilevante è che delle oltre 42 milioni di tonnella- te di merci passate tra Francia e Italia solo 3,3 milioni di tonnellate sono state trasportate sui treni, il 7,7%. Il resto ha viaggiato su tir, per l’esattezza su due milioni e 780mi- la tir per un carico complessivo di 39 milioni di tonnella- te di merci (il 92,4% del totale). Dove è in progetto la costruzione del tunnel di base – sot- to il Moncenisio –, circa 10,5 milioni di tonnellate di mer- ci sono circolate su strada (il 78,3%), mentre quasi 3 mi- lioni di tonnellate invece hanno attraverso il confine sui binari, a bordo dei treni (il 21,7%). Se confrontate con quelle degli altri valichi alpini princi- pali, le percentuali sul rapporto tra ferro e rotaia cambia- no sensibilmente. A fronte di questi dati circa un anno fa su queste stesse pagine ponevamo un semplice domanda: togliere dalla strada almeno la metà dei circa tre milioni di tir che ogni anno transitano lungo l’arco alpino non è già di per sé una ragione valida per proseguire i lavori? Comporterebbe una drastica diminuzione di emissioni di anidride carbonica e permetterebbe, oltretutto, di onorare » “Le infrastrutture servono a creare uno sviluppo per sua natura indefinito nell’immediato, non a dare riposte allo status quo.“ Giovanni Toti, presidente Regione Liguria

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