Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 65 FORUM PAOLO MAZZANTI La piccola dimensione è un rischio ma è una opportunità anche per le piccole imprese che possono offrire al mon- do le loro tipicità e specializzazioni. Come aiutare queste imprese? Il progetto Industria 4.0 prevede una serie di strumenti, sono già stati istituiti ventitré Digital Innovation Hub che dovrebbero essere grandi centrali di consulenza presso le imprese. Poi ci spiegherà meglio il presidente Catania come funzioneranno o stanno già funzionando. È chiaro che la piccola dimensione richiede, da parte della società e delle sue organizzazioni, per esempio le associa- zioni imprenditoriali, le Camere di commercio e quant’al- tro, un supplemento di attività di formazione e consulen- za verso gli imprenditori. Mi chiedo se anche le reti di impresa non possano essere un veicolo. La rete d’impre- sa risale all’agosto del 2009, lo ricordo perché all’epoca ero al ministero dello Sviluppo economico e varammo il provvedimento che le istituiva. Forse è stata una delle leggi più interessanti, benché poco finanziata, perché ha consentito di individuare un percor- so italiano verso la crescita. In fondo, senza negare l’in- dividualità delle singole imprese, le si spinge a mettersi assieme per obiettivi comuni. Ce ne sono circa ventimila di imprese associate in rete d’impresa, prevalentemen- te per obiettivi di internazionalizzazione, commercializ- zazione di prodotti e così via. Mi chiedo se anche le reti d’impresa non possano essere un valido strumento per far passare le innovazioni. Poi c’è il grande tema della formazione, noi abbiamo 7.500 laureati l’anno in Ict, bisognerebbe quanto meno raddop- piarli per fornire un supporto di conoscenza alle aziende che, se diventano digitali, avranno bisogno di “lavoratori digitali”, altrimenti si crea una sconnessione. Abbiamo il 70% dei corsi di laurea ordinari dove non ci so- no competenze informatiche, mentre invece l’informatica non richiede solo specialisti. Anche tutti noi – anche il let- terato, anche chi studia lettere antiche – dovrebbe essere in grado di utilizzare strumenti informatici per apprendere. Abbiamo gli istituti tecnici superiori, che sono biennali dopo il diploma; oggi sfornano ottomila laureati contro i sette-ottocentomila in Germania, per esempio, e realisti- camente bisognerebbe almeno triplicare questo nume- ro con la costituzione di nuovi Its. Ne è stato inaugurato di recente uno a Frosinone sulle tecniche di manifattura. Bisogna poi portare l’Alternanza Scuola-Lavoro, un altro strumento per avvicinare gli studenti alle tematiche azien- dali, almeno a 500mila giovani. Queste sono le principali proposte contenute nel paper predisposto da Confindustria Digitale, che mi paiono tut- te condivisibili. Il problema è come arrivarci in un momento in cui la poli- tica sembra obiettivamente un po’ meno sensibile a que- sti temi. Industria 4.0 è stata un po’ depotenziata, i su- perammortamenti sono stati aboliti e poi sostituiti dalla misura che prevede di poter detrarre dai fatturati aziendali fino al 15% di tasse per chi fa investimenti innovativi. Ma anche “Formazione 4.0”, su cui la precedente Finanziaria aveva puntato molto, è stata indebolita. Da una parte, quindi, c’è, per esempio, un’enfasi da par- te del ministro dello Sviluppo economico su temi legati all’intelligenza artificiale, il blockchain, ecc. Mi pare che nel decreto sulla semplificazione siano state inserite an- che delle norme per favorire il blockchain. Dall’altra parte, la produzione normativa ordinaria sem- bra meno attenta, o forse pone meno enfasi, a questi te- mi legati all’innovazione su larga scala. Questi sono gli argomenti sul tavolo. Darei quindi la pa- rola al presidente Catania perché ci illustri qual è lo stato dell’arte e che cosa ci si può aspettare da qui ai prossimi » IN ITALIA CI SONO 7.500 LAUREATI L’ANNO IN ICT, BISOGNEREBBE QUANTO MENO RADDOPPIARLI PER FORNIRE UN SUPPORTO DI CONOSCENZA ALLE AZIENDE. IL PROBLEMA È NOTO, MA I RITARDI RIMANGONO

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