Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 66 FORUM mesi. Abbiamo parlato un po’ meno dei temi legati al- la Pubblica amministrazione, all’Agid, la Spid, l’Anagrafe unitaria, alla quale hanno aderito per ora 1.290 Comuni per 15mila abitanti. Il tema è che si fa un po’ fatica a fare l’execution di que- sti piani, c’è molta resistenza, magari i piani ci sono però è difficile farli entrare in attività. Ma questo forse attiene a un tavolo diverso, la Pubblica amministrazione è un altro mondo, qui vorremmo con- centrarci sui temi legati alle imprese. ELIO CATANIA Come spesso accade, Paolo Mazzanti ha detto praticamen- te tutto. Lo ha riassunto talmente bene che cercherò di andare per differenze, così ottimizziamo i tempi. In effetti, in quel documento che abbiamo proposto per questa discussione, abbiamo inserito il distillato della lun- ga esperienza che, in tanti anni di militanza in questo set- tore della tecnologia, sia personalmente che con l’inte- ro team, abbiamo accumulato. Vorrei partire prendendo lo spunto da alcuni elementi già toccati per poi costruire giustamente uno sguardo per il futuro. In particolare, ini- ziamo dal tema che Paolo ha messo per primo: la parti- ta della crescita. Se guardate a quanto sta avvenendo in questi giorni, il ruolo cruciale che la crescita nel nostro Paese potrebbe giocare per chiudere l’equazione della manovra finanzia- ria, e se vedete come questa componente fondamentale si vada invece erodendo, capite quanto sia a rischio l’inte- ra nostra impalcatura economica, purtroppo anche socia- le, legata proprio alla incapacità del nostro sistema eco- nomico di generare crescita. Nel piccolo documento che ho proposto ho inserito alcuni grafici che ormai sono letteratura, i quali indicano in ma- niera quasi lineare il legame che esiste tra quanta inno- vazione si inietta in un’economia – quindi in ricerca e svi- luppo, in digitale, in tecnologie – e quali sono le risultanze sulla produttività e sulla competitività delle imprese e sul- la crescita. Il legame è quasi lineare e da quei piccoli gra- fici si può vedere qual è il gap che abbiamo accumulato. Paolo ha detto una cosa giusta. Fino ad un certo punto non eravamo in queste condizioni. Quando si è aperta questa forbici fra noi e il resto d’Europa e il resto del mondo? È interessante, si è aperta nel 2000. Fino ad allora cresce- vamo abbastanza in linea con il mondo, ovviamente con tutte le differenze delle diverse aree geografiche, ma nel 2000 è successo qualche cosa, abbiamo smesso di inve- stire in innovazione tecnologica. La quantità di innovazione che abbiamo iniettato nell’e- conomia è stata decisamente più bassa rispetto a quel- la degli altri paesi europei e abbiamo misurato in quali. Stiamo parlando di qualcosa come 25 miliardi di euro in meno all’anno non investiti nel sistema economico e in innovazione. Li avremmo dovuti investire per essere al pari del resto d’Europa; non dico della Germania o dell’In- ghilterra o dei paesi nordici, che sono quelli che corrono di più, ma per essere al pari della media europea. Ecco il costo che abbiamo pagato, si è aperta la forbice sul te- ma della crescita. Certo, non è soltanto questo il motivo per il quale l’Italia non è cresciuta, sarebbe forse banalizzare troppo legar- lo a questa ragione. Personalmente – e non sono il solo – sono profondamente convinto che, se all’interno di un LA CLASSE DIRIGENTE DI QUESTO PAESE NON HA COLTO LA VALENZA STRATEGICA DELLE NUOVE TECNOLOGIE. DIETRO LA RIVOLUZIONE DIGITALE NON C’ERA UN NUOVO MODELLO DI COMPUTER, OPPURE UNA BANDA PIÙ O MENO LARGA, MA C’ERA UN MODO DI GESTIRE L’AZIENDA O DI GOVERNARE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Elio Catania

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