Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 69 FORUM una cosa utilizzata da tutte le imprese: piccole, medie e grandi. Stessa roba sulla blockchain. In Francia il presidente Macron dedica una giornata intera a parlare con le constituencies pubbliche e private sull’im- portanza per la Francia e per l’Europa di controllare gli al- goritmi. E quindi di impegnarsi sull’intelligenza artificiale per evitare che la Francia e l’Europa rimangano schiacciate ad est e ad ovest dalle grandi potenze cinesi e americane. Questa è leadership che mette al centro di una politica di sviluppo del Paese l’innovazione. Purtroppo noi non sia- mo stati capaci di fare queste cose. Tale prezzo continueremo a pagarlo per molto tempo per- ché è da lì che si vedono il tono e la cultura, il sistema della politica, ma questo ci porterebbe su altri argomen- ti. Indubbiamente, al momento non stiamo vedendo il te- ma della crescita e dell’innovazione come tema centrale. Come aiutiamo ad andare avanti? Anzitutto, bene l’aver messo in campo di nuovo tutta questa serie di iniziative e di incentivi; è importantissimo. Dobbiamo essere capa- ci di raggiungere in modo capillare la struttura di piccole e medie imprese. Come Confindustria abbiamo fatto un primo ragionamento: perché non cominciamo da casa nostra? Abbiamo costruito una rete di Digital Innovation Hub, uno per regione, che sono delle finestre intelligenti e di competenza, dei punti di primo accesso presso i qua- li il piccolo imprenditore può andare per chiedere “a che punto sono? Aiutatemi a misurarmi la temperatura digi- tale, sono messo bene o sono messo male?”. Adesso abbiamo 20 punti operativi, alcuni ovviamente molto grandi e importanti, quali Torino e Milano, altri più piccoli e meno efficaci, come purtroppo avviene al Sud. Devo dire, però, che questa è stata una grande e impor- tante iniziativa; già cominciamo a vedere migliaia di im- prese che si informano presso questi punti di contatto per cominciare ad avere dei primi aiuti. Tra l’altro i Digital Innovation Hub devono funzionare pro- prio da hub, ovvero mettere in moto l’ecosistema territo- riale di competenze. Cito un esempio: in Italia abbiamo settemila startup che, rispetto a quelle americane o fran- cesi, dopo un po’ decadono perché manca il collegamento tra l’idea brillante che hanno avuto e chi la utilizza. Uno dei compiti dei Digital Innovation Hub è quello di creare questo link, mettere insieme le startup con chi le può uti- lizzare. È ovvio che una piccola impresa non avrà mai la capacità di generare al proprio interno innovazione ed è anche sbagliato che lo faccia. Oggi il modello di innova- zione si chiama open innovation, è a rete, occorre pren- dere il meglio da chi lavora con te, condividere. Soltanto facendo la sintesi si può avere il massimo di innovazione. Uno dei compiti di questi Digital Innovation Hub è pro- prio quello di creare questo legame tra l’ecosistema fatto di università, di startup, di società piccole, di software, di servizi, e le imprese del territorio. Il Governo finalmente ha messo in pista anche un’altra struttura, quella dei Competence Center. Sono sette, so- no centri universitari di eccellenza. Uno è a Torino, uno a Milano, uno nel Triveneto, uno a Bologna, uno a Pisa, uno a Roma e uno Napoli e Bari, anche questi specializzati in 4.0, le nuove tecnologie. Questo basta? Certo che no. Ad esempio, le Camere di commercio stanno lavorando per aprire dei Pid, che so- no dei Punti di informazione digitale per le piccolissime e micro imprese per fare in modo che chi ha un’impresa di quattro dipendenti – può essere anche un esercente commerciale che non si accontenta più di avere soltan- to la sua cassa contabile – chieda un minimo di supporto per capire cos’altro possa fare. Le reti d’impresa sono un’altra struttura di cui ci stiamo occupando. È evidente che più si diffonde non soltanto la consapevolezza ma anche il come fare, meglio è. Il com- pito di queste strutture è quello di dare loro anche delle roadmap e, soprattutto, metterle in contatto con chi può aiutare in questi percorsi. Qui arriviamo al tema della formazione, poi della Pubbli- ca amministrazione. Paolo, tu hai citato dei dati, li condi- vidiamo in pieno. Aggiungo una cosa che fa riflettere: se oggi avessimo in Italia 80mila tecnici diplomati o laureati in discipline legate all’innovazione, che non sono soltanto di programmazio- ne digitale ma anche di meccatronica, persone che san- no stare di fronte ad una macchina a controllo numerico avanzato e programmabile, gente che sa fare del design di prodotto al computer, gente che sa trattare sistemi so- cial per capire i requisiti dei clienti, ecco se ne avessimo » ABBIAMO BISOGNO DI METTERE IL DIGITALE, L’INFORMATICA, IN OGNI CORSO UNIVERSITARIO. NON PUOI ESSERE ARCHITETTO O MEDICO SENZA AVERE CONOSCENZE DIGITALI

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