Civiltà del Lavoro, n. 2/2019

21 Civiltà del Lavoro maggio 2019 PRIMO PIANO PATRIZIO BIANCHI Non c‘è autonomia senza responsabilità Un’autonomia di stampo quasi se- cessionista contrapposta a un rigi- do centralismo: quando si discute di come governare la cosa pub- blica il dibattito si arena ormai su questa polarizzazione, senza com- prendere che ci sono questioni che vanno gestite a livello nazio- nale, altre a livello metropolitano, altre ancora a livello di comunità. A formulare il giudizio è Patrizio Bianchi, ordinario di economia applicata all’Univer- sità di Ferrara. La discussione, secondo l’assessore al Co- ordinamento delle Politiche europee allo sviluppo, Scuo- la, Formazione professionale, Università, Ricerca e Lavoro dell’Emilia Romagna, dovrebbe essere infatti un po’ più ar- ticolata: “Possiamo essere capaci di ritrovare il modo di or- ganizzare la nostra vita quotidiana avendo la responsabilità di ciò che stiamo facendo?”. Bianchi sottolinea, ad esempio, la necessità di riconquista- re una visione di lungo periodo. Lo ha fatto Matera, che da luogo di degrado e di abbandono si è trasformata in città di cultura e di accoglienza diventando il simbolo di un ri- scatto collettivo. “Bisogna avere l’ambizione di conquistare il tempo – spiega – senza restare schiacciati da un presente che non ha né passato, né futuro”. Qual è il modo in cui un paese getta le basi del proprio av- venire? Investendo sull’istruzione e la formazione delle nuo- ve generazioni. Negli ultimi decenni l’Italia non lo ha fatto e questa rappresenta per Bianchi “la radice di tutti i mali”. “Se non torniamo a investire – afferma – saremo sempre in ritardo, sulle nostre ambizioni e sulle nostre speranze”. Sull’istruzione, e in particolare nella scuola, sarebbe auspi- cabile per il docente una maggiore autonomia, sulla scorta di quanto stanno realizzando le università proprio in Emilia Romagna. “Alcune si stanno specializzando nell’area inge- gneristica, – spiega – altre invece restano generaliste perché sul territorio c’è bisogno di avere tutti gli indirizzi. Questo dovrebbe valere anche per altri contesti, penso alla scuo- la elementare, alle medie, ma soprattutto alle scuole tec- niche”. La carenza italiana è proprio su questo fronte, che rappresenta il terreno dove può germogliare la cultura di una nuova industria. “I nostri imprenditori – chiosa – sono nati nelle scuole tecniche”. ​ GAETANO MANFREDI La complessità non si affronta con lo specialismo Complessità e velocità sono le caratteristiche del mondo contemporaneo e le sfide in atto richiedono una capaci- tà di visione ampia; ciò vuol dire una parziale inversione di rotta negli orientamenti finora perseguiti. L’analisi di Gae- tano Manfredi, presidente della Crui e rettore dell’Universi- tà Federico II di Napoli, è molto chiara: “Per più di vent’anni abbiamo inseguito lo specialismo – osserva – e lo abbiamo fatto offrendo una formazione molto verticale. Adesso in Italia, e in tutto il mondo, ci si rende conto che per affron- tare la complessità occorre anche una forte competenza trasversale”. Sotto questo aspetto l’Italia parte in vantaggio grazie alla ricca stratificazione culturale. “Lo specialismo lo puoi inse- gnare più facilmente – fa notare Manfredi – mentre la vi- sione la devi costruire. Il grande Rinascimento italiano del Quattrocento era basato sullo stesso principio ed è stata la leva che ha consentito all’Italia di governare il mondo in quel momento”. Secondo il rettore questa nuova consapevolezza consente di affrontare in modo differente anche l’annoso problema del mismatch fra le richieste del mon- do del lavoro e la formazione con- seguita dai giovani. Fermo restando, infatti, che l’Italia deve incrementa- re la quota di profili scientifici tout court – cosa che sta già accadendo – le lauree umanistiche tornano ad essere competitive a patto di “in- nervarle di saperi contemporanei”. “A Napoli, così come accade in altre università italiane – racconta Man- fredi – stiamo sperimentando le modalità con cui portare le competenze sull’intelligenza artificiale o sui big data in fa- coltà come lettere, giurisprudenza, economia o psicologia”. Si tratta di un progetto culturale che ha delle importanti ri- cadute anche nel mondo dell’impresa. “La creazione d’im- presa – prosegue – è una delle grandi sfide dell’università italiana”, per la quale non è sufficiente offrire agli studen- ti solamente competenze economiche e manageriali. Ser- ve appunto la creatività, che si nutre a sua volta di cultura. “Se saremo in grado di portare più cultura tra gli ingegne- ri, i fisici e i matematici, allora avremo più imprenditori. Per questo – conclude – l’idea della separazione delle compe- tenze è la sconfitta della modernità”.

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