Civiltà del Lavoro, n. 2/2019

66 Civiltà del Lavoro maggio 2019 statali e quelle non statali. Scriveva: “ Il monopolio sta- tale dell’insegnamento non è l’anticamera della democra- zia, ma del totalitarismo; è il primo passo verso l’idea dello Stato come detentore dei diritti delle persone.” Per questo fu decisamente contrario alla riforma scolasti- ca del governo fascista, che realizzava il totale controllo dello stato sulla scuola, affermando: “Finché gli italiani non vinceranno la battaglia della libertà scolastica resteranno sempre servi: servi dello stato, servi del partito, servi di tut- ti, perché non avranno respirato la libertà fin dai banchi di scuola” . E per Sturzo una scuola veramente libera non è quella che dispensa diplomi, ma quella che riesce a forma- re nei giovani conoscenze e competenze. In un altro scrit- to del 1950 sostiene: “Ogni scuola, pubblica o privata che sia, non deve dare i suoi diplomi in nome della repubblica, ma in nome della propria autorevolezza. Se la tal scuola ha una tradizione rispettabile il suo titolo sarà ricercato; se invece è una delle tante, il suo diploma sarà uno dei tanti”. “La libertà delle organizzazioni sindacali e la tutela del di- ritto al lavoro.” Don Luigi, formatosi negli anni giovanili sui principi della “Re- rum Novarum”, si batté sempre per il rispetto della proprie- tà privata, ma nello stesso tempo affermò il pieno diritto dei lavoratori ad associarsi in sindacati per difendersi dal- lo sfruttamento e per rivendicare la “giusta mercede”, cioè una paga adeguata a far vivere dignitosamente il lavorato- re e la propria famiglia. Erano affermazioni per nulla scon- tate nei primi anni del secolo scorso. Sturzo condannò duramente il comunismo, che proclama- va la conquista violenta del potere da parte del proletariato, mentre si batté sempre per un dialogo tra le classi sociali che avesse come fine ultimo il “bene comune”. Egli intuì che il sistema economico nel futuro avrebbe avu- to un’evoluzione straordinaria, che tuttavia non sarebbe stata immune da gravi rischi per i valori di libertà e di di- gnità umana. Sentite queste frasi, che danno la cifra esatta della sua stra- ordinaria intelligenza: “Alcuni hanno timore della enorme potenza che acquista sempre di più il capitalismo interna- zionale che, superando confini statali e limiti geografici, vie- ne quasi a costituire uno stato nello stato. Tale timore è simile a quello per le acque di un grande fiume. Il grande fiume è una grande ricchezza, ma può essere un grave danno: dipende dagli uomini evitare questo. Ma quello che non dipende dagli uomini è che il fiume non esista. (...)” “L’importanza dell’economia internazionale risale alle inven- zioni scientifiche di assai grande portata e diverrà gigan- tesca con la razionale utilizzazione delle grandi forze della natura. Nessuno può opporsi a una simile prospettiva: ma ciascuno deve concorrere a indirizzare questo grande fiu- me verso il vantaggio comune. ( ...)” “Contro l’allargamento delle frontiere economiche dai sin- goli stati ai continenti insorgono i piccoli e grandi interessi nazionali, ma il movimento è inarrestabile: l’estensione dei confini economici precederà quella dei confini politici. Chi non capisce ciò, è fuori della realtà. ( ...)” “I nazionalisti e i conservatori che resistono al progredi- re dell’idea societaria e si attaccano ai diritti sovrani e al- le ragioni nazionali, rappresentano un regresso non solo in campo internazionale, ma anche in campo interno politi- co e sociale. ( …)” “Gli stati Uniti d’Europa non sono un’utopia, ma un ideale a lunga scadenza, con varie tappe e molte difficoltà. Occorre procedere a una revisione doganale che prepari un’unione economica con graduale sviluppo, fino a poter sopprime- re le barriere interne. ( …)” “La guerra può essere abolita soltanto in un sistema inter- nazionale che al regime di divisione e di indipendenza di stati sovrani, sostituisca un regime di unione e di solidarie- tà tra stati interdipendenti”. Sapete quando Sturzo scrisse il libro da cui sono stati trat- ti questi passi? Nel 1928. Qui si parla di globalizzazione, di Europa unita, di resistenze nazionalistiche, di sistemi poli- tici continentali che collaborino per lo sviluppo comune e per evitare i conflitti. Io penso che siamo davvero di fron- te ad un personaggio che si può ben definire un profeta. Ma torniamo ai punti programmatici dell’appello del 1918. “La soluzione del problema del Mezzogiorno” . Sono pas- INTERVENTO Francesco R. Averna

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