Civiltà del Lavoro, n. 3/2019

13 Civiltà del Lavoro luglio 2019 Salvatore Rossi leader in trattative estenuanti e si sono risolte in un ac- cordo a sorpresa che ha lasciato molti scontenti. Il presi- dente francese Macron aveva anche lanciato la candida- tura della Merkel per la presidenza del Consiglio o della Commissione, per ridare slancio all’Europa con una le- adership forte. Come valuta queste difficoltà? La scelta delle figure destinate a rivestire i grandi ruoli gui- da in Europa, come si è visto, è molto complessa e mesco- la alchimie politiche, geopolitiche, ambizioni e idiosincrasie personali. Certo, personaggi notissimi e dal forte carisma come Angela Merkel, che alla fine non si è dichiarata dispo- nibile, avrebbero potuto imprimere una scossa alle istitu- zioni europee e alla loro immagine presso la gente comune. Ma più ancora che singole donne e uomini credo che oc- corrano idee. Idee che possano rinvigorire l’utopia europei- sta. Poi occorrono naturalmente le persone giuste per con- vincere gli europei della bontà di quelle idee. Soprattutto nel tempo moderno in cui la forma dei mes- saggi tende a prevalere sulla sostanza, è importante che fi- gure credibili incarnino i messaggi e li convoglino presso l’opinione pubblica. Speriamo che i nuovi dirigenti europei siano all’altezza della sfida. Un’altra nomina importante è stata quella del prossimo presidente della Bce, che entrerà in carica a novembre: quali garanzie ci sono che la Lagarde proseguirà la poli- tica monetaria di Draghi? Le decisioni di politica monetaria della Banca centrale eu- ropea sono state sempre prese dal suo Consiglio direttivo, un consesso di diciotto donne e uomini che decidono vo- tando, spesso (ma non sempre) all’unanimità. Mario Dra- ghi ha presieduto quel consesso nei passati otto anni con esemplare perizia, dando un contributo personale notevo- le a far coagulare il consenso intorno alle scelte da com- piere, a volte mettendo in gioco il suo nome e la sua faccia per anticipare pubblicamente le decisioni più importanti. È difficile che la prossima presidente abbia il suo talento, ma la migliore garanzia che le decisioni da prendere in fu- turo siano le più corrette sta nella collegialità dell’organo che deve prenderle. Dal punto di vista dei programmi, quali sono a suo giu- dizio le priorità dell’Europa? Penso da tempo che l’Europa abbia oggi bisogno di più po- litica e meno tecnica. Gli avanzamenti a tappe forzate lungo gli assi economico-finanziari – il mercato comune, la mone- ta comune – sono stati fondamentali, ma hanno immerso i popoli europei in una griglia fittissima di norme e regole che molti non capiscono più. In questa fase storica in cima alle preoccupazioni di tutti c’è la sicurezza interna, la difesa dai nemici esterni, l’angoscia per un lavoro umano che potrebbe cambiare radicalmen- te con l’avvento dell’intelligenza artificiale, ma non sappia- mo in che direzione. Nessuno di questi temi può essere trattato meglio a livello nazionale che a livello europeo. La nostra maggioranza Lega-M5S si trova all’opposizio- ne della maggioranza europea che ha espresso la pre- sidente della Commissione. Quali conseguenze potrà avere questo fatto e come dovrebbe comportarsi il go- verno per evitare di essere marginalizzato nell’Unione? Le due forze che compongono l’attuale maggioranza di go- verno in Italia appartengono a gruppi diversi nel neoelet- to Parlamento europeo. Ma nessuno dei due gruppi parla- mentari è stato direttamente coinvolto nel negoziato per i principali incarichi europei, non facendo riferimento alle forze politiche storiche che hanno conservato una premi- nenza in questo Parlamento, pur ridotta: popolari, social- democratici, liberali, verdi. Da questo punto di vista il rischio di finire fuori dei giochi c’è. Ma i giochi, come dicevo, li fanno anche i governi nazio- nali, non solo le forze politiche, ed è più difficile marginaliz- zare un grande Paese fondatore come l’Italia. Non ho consigli da dare al Governo italiano. Il terreno è sci- voloso, vedremo chi rimane in piedi. PRIMO PIANO

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