Civiltà del Lavoro, n. 3/2019

17 Civiltà del Lavoro luglio 2019 PRIMO PIANO ANDREA MONTANINO Direttore Centro Studi Confindustria Avanti con l’Europa, è questo il bene per l’Italia L’Unione europea si è profonda- mente riformata fino al 2013, met- tendo a punto una serie di stru- menti per gestire la crisi che hanno consentito di sostenere alcuni pae- si membri e il sistema bancario. Successivamente avrebbe dovu- to accelerare nell’integrazione su vari fronti (mercato unico, ener- gia, digitalizzazione, etc.), ma così non è stato. Adesso si è a un punto di svolta e nella prossi- ma legislatura si dovrà decidere se procedere o meno sul- la strada dell’integrazione. A mio avviso dobbiamo prendere atto, come cittadini e im- prenditori, della forte interdipendenza che esiste fra i paesi europei. Noi italiani, che con l’Europa condividiamo anche la moneta, dobbiamo essere consapevoli che nel nostro in- teresse nazionale non si può e non si deve tornare indietro ma solo andare avanti. Sia di esempio la Brexit che sta di- mostrando quanto sia complesso uscire dall’Unione e mol- to costoso in termini politici. D’altra parte lo scenario economico internazionale resta incerto. Dopo dieci anni di crescita robusta gli Stati Uniti hanno un deficit di bilancio piuttosto elevato. L’economia potrebbe rallentare e di questo tutta l’Europa deve tener conto dati gli stretti rapporti, non solo commerciali. Anche in Cina si osserva un graduale rallentamento, che po- trebbe avere un impatto negativo sulla domanda di molti beni, a partire dal petrolio, destabilizzando altre aree del mondo. In questo scenario l’Italia si sta progressivamente isolan- do, soprattutto sulla gestione dei conti pubblici. È nostro interesse ridurre il debito pubblico per ottenere la fiducia dei mercati internazionali; non capirlo è un errore gigante- sco. Se pensiamo di attaccare uno dei pilastri fondamentali dell’Unione, il rispetto della disciplina di bilancio, non otter- remo solidarietà da nessuno ma, al contrario, gli altri pae- si si coalizzeranno contro di noi. Dubito che questo sia nel nostro interesse nazionale. ALBERTO ORIOLI Vice direttore Il Sole 24Ore Inclusione e sostenibilità nella prossima agenda Credo che con la prossima legislatura si cercherà di impri- mere all’Europa una connotazione più inclusiva, abbando- nando l’approccio un po’ troppo ragionieristico adottato con le politiche di austerity, che tanto malcontento hanno creato con contraccolpi sociali pericolosi per il futuro. Pen- so infatti al recente “mea culpa” espresso dal presidente del- la Commissione europea Juncker a proposito della gestio- ne della crisi greca o alle dichiarazioni di Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo monetario internazionale, che ha riconosciuto come all’epoca siano stati sottovalutati i moltiplicatori fiscali, in altre parole l’impatto sulla gestio- ne delle politiche di spesa e sull’economia reale degli Stati sottoposti a programmi di austerity. Nella prossima agenda, quindi, potrebbe trovare spazio l’i- potesi di mettere a punto un’indennità di disoccupazione sotto forma di strumento assicurativo a gestione unificata e magari anche un fondo che possa consentire di creare uno “zoccolo” salariale minimo continentale (purché non stravolga le dinamiche salariali dei singoli paesi). I verdi, dal canto lo- ro, chiedono con forza di rimodu- lare l’impatto fiscale per incentivare l’abbandono delle vecchie materie prime e per ridurre il consumo di Co 2 . Sono la vera novità politica di questa Europa, ma il tema della ri- conversione industriale è molto de- licato e ha implicazioni concrete sui processi produttivi e in alcuni paesi, compreso il nostro, potrebbe avere conseguenze importan- ti anche sull’occupazione. C’è un crinale molto stretto tra mettere fuori mercato determinate produzioni e incenti- vare un upgrading tecnologico tale da diventare occasio- ne di rilancio dello sviluppo. Altra questione sono gli euro- bond, vecchia chimera che l’Italia ha sostenuto in passato e che ha sempre incontrato lo scetticismo dei tedeschi. For- se oggi questa idea potrebbe trovare nuove forme di ap- plicazione, magari coinvolgendo la Bei. Infine, penso anche all’ipotesi di adottare la golden rule, che consentirebbe di scorporare gli investimenti pubblici dal computo del deficit ai fini del rispetto delle regole europee. In un momento in cui l’Europa sta ripensando a un ammorbidimento dell’au- sterità, credo che questi temi troveranno cittadinanza nel dibattito anche degli altri paesi.

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