Civiltà del Lavoro, n. 3/2019
20 Civiltà del Lavoro luglio 2019 nei confronti dell’Italia era nell’aria da tempo. Prodotto interno lordo allo 0,1 per cento quest’anno e solo allo 0,7 per cento nel 2019, deficit oltre la soglia del 3 per cento consentita dal patto di stabilità nel 2020 (al 3,5 per cento) e debito al 135 cento. Nessuno così male in Europa. Criticità ribadite nelle raccomandazioni per i provvedimen- ti nel 2019 e nel 2020, raccomandazioni che meritano di essere rilette anche e soprattutto alla luce dello “scam- pato pericolo” perché, seppur allievate dall’aggiustamen- to dei conti in corso d’opera, le questioni di fondo riman- gono. Spesa pubblica, entrate fiscali, lotta all’evasione e al sommerso, nei 34 punti delle considerazioni complessive si snocciolano giudizi dettagliati e spesso impietosi non so- lo sulle politiche di quest’ultimo anno ma su carenze strut- turali che, e questo è punto più dolente, ci si ostina a non considerare tali. Debito pubblico, scarsissima competitivi- tà, poca efficacia nell’utilizzo dei fondi europei, dubbi sulla sostenibilità della spesa pensionistica e, autentiche piaghe del sistema Italia, un’enorme sacca di lavoro sommerso e tassi di occupazione femminile sistematicamente al di sot- to della media europea sono additati dalla Commissione Ue come limiti che il Governo continua a sottovalutare. Così come vengono additate la zavorra storica della macchina burocratica italiana (fenomeno che coinvolge anche il si- stema giudiziario, la lentezza della giustizia civile e penale), gli scarsi investimenti in formazione, un ritardo sempre più marcato nella realizzazione degli obiettivi strategici di inve- stimento nelle infrastrutture. Prima delle cinque “terapie” che la Commissione prescrive all’Italia, vanno dunque lette con attenzione le patologie, mali che affondano le radici in una lunga fase storica di un paese che negli ultimi 25 anni ha registrato tassi di produt- tività che l’Ocse non ha esitato a definire “sclerotici”. Tra il 1995 e il 2017 l’aumento della produttività del lavoro (pil per ora lavorata) è stato infatti dello 0,30 per cento, il più basso tra le 40 economie prese in considerazione (le 36 Ocse più alcuni paesi partner), a fronte di un aumento medio Ocse dell’1,47 per cento. Più nel dettaglio, l’Italia è passata dal +1 per cento di produttività del 1995-2000 al +0,1 per cento del quinquennio successivo, per accusare poi una flessione dello 0,2 per cento nel 2005-2010, seguita da +0,3 per cento nei 5 anni successivi e da un andamento piatto nel 2014-18. È questa la cornice in cui si sono inserite le analisi di Bruxel- les e le conseguenti richieste di riduzione del debito, con- trasto al lavoro sommerso, lotta all’evasione, riforma fiscale, lotta alla corruzione, ristrutturazione delle banche, insom- ma tutte quelle misure che dovrebbero invertire un trend. A placare Bruxelles, come è noto, sono intanto intervenuti l’assestamento di bilancio, un decreto legge per l’accanto- namento dei risparmi sul welfare e una lettera di impegni Rispetto al resto dell’area dell’euro, in Italia il costo del debito è più elevato. Quando il divario tra costo del debito e crescita economica è positivo occorre un avanzo primario – entrate superiori alle spese al netto di quella per interessi – anche solo per stabilizzare il debito. Più ampio è il divario, maggiore è l’avanzo necessario IL PESO DEL DEBITO Fonte: Commissione europea, Spring forecasts, maggio 2019 Nei prossimi 25 anni in Europa la quota della popolazione con almeno 65 anni raggiungerà il 28 per cento, mentre in Italia sarà il 33. La popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni diminuirà di 6 milioni nel nostro Paese UN PAESE ALLA RICERCA DI GIOVANI Fonte: elaborazione su dati Eurostat onere medio-crescita nominale del Pil (r-g) crescita nominale del Pil Italia Belgio Francia Germania Grecia Portogallo Spagna Regno Unito Stati Uniti Giappone -2 -1 0 1 2 3 4 5 Unione europea Italia 80 85 90 95 100 105 2018 2025 2030 2035 2040 2045 PRIMO PIANO
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