Civiltà del Lavoro, n. 3/2019

34 Civiltà del Lavoro luglio 2019 PRIMO PIANO PIETRO CUTAIA Allievo Collegio Universitario Lamaro Pozzani 2015 Ingegneria meccanica, Politecnico di Torino Bisogna affrontare le sfide globali Elezioni europee, per lei si è trat- tato di una seconda volta. Come l’ha vissuta? Premetto che votare è per me l’at- to più importante che un cittadi- no possa compiere. Nel caso eu- ropeo la sua portata è maggiore, perché si ha la possibilità di influ- ire sulle politiche comunitarie e di esprimere una valutazione sul funzionamento delle isti- tuzioni dell’Unione. Per il voto ho cercato di prepararmi al meglio, perché credo che per fare una scelta consapevole sia necessaria un’informazione costante, e non last minute, insieme a un minimo di preparazione tecnico-istituzionale degli organi oggetto dell’elezione. Attraverso quali mezzi si è informato? Rispetto ai miei coetanei, che prediligono quotidiani e so- cial network, sono forse una voce fuori dal coro. Sono in- fatti molto affezionato alla radio e, compatibilmente con gli impegni universitari, ogni mattina, oltre ad ascoltare il Gr, seguo un programma nel quale giornalisti ed esperti com- mentano i fatti del giorno. Ho partecipato poi a diverse conferenze dedicate alle ele- zioni, fra cui il ciclo di incontri promosso dal Collegio Lama- ro-Pozzani, e a questo aggiungo che, facendo parte dell’as- sociazione European Youth Parliament, ho avuto modo di incontrare eurodeputati che hanno illustrato le principali questioni sul tavolo. Cosa l’ha colpita della campagna elettorale? Mi è dispiaciuto vedere come spesso vengano addossate all’Europa responsabilità che non ha. La gestione dell’im- migrazione, ad esempio, per quanto l’Ue abbia cercato di occuparsene, resta un tema in capo ai singoli paesi, che lo gestiscono in base alle esigenze nazionali. Un problema co- mune che, a mio avviso, il nuovo Parlamento sarà chiama- to ad affrontare. Cosa rappresenta per lei l’Europa? Le rispondo ricordando il programma Erasmus e l’anno che ho trascorso in Germania per motivi di studio. Da quel mo- mento la mia concezione è cambiata e il senso di apparte- nenza ne è uscito rafforzato. Per me l’Europa è innanzitut- to una possibilità di arricchimento umano e professionale e in essa credo che si trovino le risposte per affrontare le sfide globali. D’altra parte, l’unione fa la forza. LORENZO FARRUGIO Allievo Collegio Universitario Lamaro Pozzani 2017 Medicina, Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma L’Unione sia di tutti Come si è preparato al voto? Ho letto i programmi dei partiti, seguito il dibattito televisi- vo e ho partecipato ad alcuni convegni promossi dall’Istitu- to Sturzo, dall’Istituto Adenauer, dal Movimento Europeo e dall’Ispi. Io stesso, poi, attraverso il gruppo Young Leaders ho contributo a organizzare un incontro sui temi europei. Cosa l’ha colpita della campagna elettorale? In negativo il fatto che in Italia non si sia parlato, se non mi- nimamente, di Europa. Il voto si è trasformato in un referen- dum sul governo e alcune sue componenti. A mio avviso è un sintomo del nostro provincialismo, che non ci permette di ragionare con un orizzonte più ampio. A livello sovrana- zionale mi hanno positivamente colpito l’alta partecipazio- ne, un +8% rispetto alla tornata precedente, e il fatto che alla fine il sentimento europeista è prevalso. Ha trovato contenuti e candidati nei quali riconoscersi? Sì, in particolare dei rappresentanti a me più vicini anagra- ficamente, che incarnano la volontà di mettersi a disposizione per fare sì che il Parlamento europeo non sia percepito come un’istituzione lon- tana bensì un luogo dove si risol- vono problemi concreti. Un simbo- lo di solidarietà e valore civico, che ha abbracciato l’impegno politico, oggi è il medico di Lampedusa Pie- tro Bartolo, nel cui operato ritrovo quei valori dell’umanesimo e del cri- stianesimo che sono le radici fondanti dell’Unione europea. Prima di votare si è documentato molto. Tante perso- ne invece scelgono senza informarsi o studiare. Cosa ne pensa? Bisogna fare come suggeriva Umberto Eco, ovvero elevare il proprio popolo di riferimento. Educare, nel senso etimo- logico del termine, e quindi tirare fuori ciò che di buono e bello hanno le persone. Questo è il compito del politi- co. Per decenni l’errore delle persone più istruite è stato quello di considerare con disprezzo chi ha meno cultura e non è informato, producendo un progressivo scollamento. Credo invece che il sentimento europeista non debba esse- re patrimonio della generazione Erasmus, che rappresenta meno dell’1% della classe tra i 25 e i 34 anni, ma deve essere qualcosa di radicato nell’animo stesso di ogni cittadino.

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