Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2019

17 Civiltà del Lavoro novembre 2019 SPECIALE “La pratica concreta della democrazia – chiosa della Loggia – si alimenta di questo spazio particolare che è lo Stato na- zionale”. E per essere chiari e concreti il professore indica nel territorio un elemento imprescindibile, nel quale Stato e democrazia possono sostanziarsi. “Credo sia molto difficile immaginare un sentimento indi- stinto di fraternità verso l’umanità in generale – spiega – lad- dove fraternità e solidarietà si alimentano di un sentimen- to che è radicato nell’emotività. E questo – afferma – non può che tirare in ballo qualcosa di comune, l’appartenen- za a una comunità”. Secondo Galli della Loggia non è pos- sibile non tenere conto di questo aspetto e per tale mo- tivo l’analisi delle cosiddette radici e dell’identità europea si complica. “Il vissuto collettivo ha dato vita a una costru- zione emotiva – sottolinea –, una memoria carica di valore sentimentale”. “Il punto politicamente caldo – aggiunge – è che questa identità, oltre a essere un prodotto del passa- to, è al tempo stesso un lascito, che intendiamo in qualche misura lasciare ai nostri successori”. Chi dunque pensava che lo Stato nazionale fosse morto all’indomani della Seconda Guerra Mondiale si è sbagliato. Così come ha sbagliato chi ha creduto di poter addebitare all’idea di Stato le responsabilità di ogni male commesso nei conflitti mondiali. Questo, secondo della Loggia, è sta- to l’errore commesso nella costruzione politica europea. “L’Unione non si è curata di darsi una politica che valoriz- zasse le radici comuni dell’intero continente per costruire la propria identità”, spiega il docente. Al contrario “il progetto e la pratica europeista hanno avu- to paura che tutto ciò significasse una sottolineatura peri- colosa della diversità dell’Europa, che potesse essere consi- derata dai non europei come una riaffermazione arrogante di un primato”. “L’Europa – afferma – che è pronta in ogni occasione a tessere l’elogio delle differenze quando queste riguardano gli altri, si è vergognata delle proprie”. Quale soluzione prospettare, dunque, per gli anni a veni- re? Il politologo intravede un appiglio nel recupero dell’an- tico, ma soprattutto nel ritorno del “cuore” e dell’“anima”. I grandi principi con cui l’Europa ha scelto di presentarsi di fronte ai suoi cittadini – la giustizia, i diritti dell’uomo, la pace – non bastano infatti a scaldare gli animi e vengono vissuti come qualcosa di troppo astratto. “Stefan Zweig, storico, negli anni fra le due guerre ammoniva che prima che alla ragione bisognasse parlare al sentimento popolare – rac- conta della Loggia – e scriveva che, se non si parla al cuo- re e al sangue degli europei, la battaglia contro i nazionali- smi sarà inevitabilmente persa, dal momento che mai nella storia il cambiamento è venuto dalla sola sfera intellettua- le o dalla sola riflessione”. Quanto sta accadendo in Europa ci obbliga a prendere at- to del fatto che “per la gran parte degli europei la presen- za del passato nazionale è molto più importante di quanto le istituzioni non siano state disposte a credere”. I politici, ma non solo, sono avvisati. Sintesi della relazione di Ernesto Galli della Loggia, professore emerito di Storia contemporanea, Istituto italiano di Scienze umane, Scuola Normale di Pisa Sempre pronta a elogiare le differenze altrui, l’Unione europea si è vergognata delle proprie e oggi deve fare i conti con un crescente senso di appartenenza alle identità nazionali. Perché il concetto di Stato non è mai tramontato e oggi vive una nuova stagione di forte consenso

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