Civiltà del Lavoro, n. 6/2019
Civiltà del Lavoro dicembre 2019 57 Lei ha più volte sottolineato che l’azienda è un bene so- ciale, non un bene personale. In che senso? Questa era una frase che ripeteva spesso mio marito e che ho sempre condiviso in pieno. Significa sentirsi amministra- tori e non proprietari dei beni che ci sono stati affidati. Ci sentiamo pienamente responsabili di un territorio e respon- sabili delle persone che vivono in quel territorio. Piena re- sponsabilità significa non esercitare un potere sulle perso- ne, ma aiutarle e sostenerle nella loro crescita. È per questo motivo che sono profondamente convinta che alla crescita di un’azienda deve corrispondere la cre- scita delle persone che vi lavorano e del territorio nel quale è inserita. Solo così c’è un progresso umano e industriale. Cosa rappresenta per lei il riconoscimento di Cavalie- re del Lavoro? È un grande onore ricevere questo titolo. Credo sia allo stesso tempo un punto di arrivo e un punto di partenza. Un punto di arrivo perché è il riconoscimento del lavoro di una vita e avrei voluto che a riceverlo fosse stato mio marito, senza il quale nulla di tutto questo sarebbe stato possibile. Ma è anche un punto di partenza, perché è un titolo unico nel suo genere e aiuta a dare maggiore visibilità all’attività dell’azienda e, soprattutto, della Fondazione Angelo Affinita. Auguro ai miei figli e a tutti i dipendenti Sapa di cogliere questo titolo come stimolo per l’inizio di una nuova e ul- teriore crescita di tutto il gruppo, verso un futuro sempre più luminoso, in Italia e nel mondo. Dati Istat e Svimez certificano una crescente emigrazio- ne di giovani laureati del Sud verso il Nord o comunque all’estero. Cosa sente di suggerire a chi ha responsabili- tà di governo per arrestare questa emorragia? Occorre pensare ad amministrare il Paese come lo fareb- be un buon padre di famiglia. Un buon padre di famiglia la- scia la libertà ai propri figli di decidere per il proprio futu- ro, ma allo stesso tempo costruisce per loro opportunità per eventualmente tornare o poter restare nel territorio in cui sono nati e cresciuti: nella mia azienda succede spesso. Non mi sento di dare consigli specifici in merito, ma mi pia- ce raccontare quello che avviene in Sapa. In azienda abbia- mo molte persone, che affettuosamente chiamiamo i no- stri “cavalli di ritorno”, ovvero eccellenti persone campane che, per svariati motivi, hanno lasciato la propria terra e che, con grande piacere, abbiamo attentamente cercato e selezionato, per dare loro l’opportunità di tornare a lavo- rare nella propria terra, riavvicinandosi ai propri cari e alle proprie famiglie.
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