Civiltà del Lavoro, n. 6/2019
Civiltà del Lavoro dicembre 2019 67 A soli 22 anni assume la responsabilità di guidare l’azien- da. Hai mai avuto il timore di non farcela? No, anche se le difficoltà ci sono state e ci sono tuttora. Avere responsabilità comporta l’essere sempre all’erta e di- sponibili, essere coinvolti anima e corpo 24 ore su 24 e con- siderare l’azienda come una seconda casa. Ora in azienda ci sono anche i nostri figli, che condividono con noi i suc- cessi ma anche le preoccupazioni. Ci supportiamo a vicenda cercando di gestire un proble- ma per volta e cercando di evitare di farci travolgere dalle situazioni. Allo stesso tempo le soddisfazioni raggiunte ne- gli anni ci incentivano a fare sempre meglio e a strutturarci sempre di più. Ma in fondo ciò che fa la differenza e che ci dà la forza di andare sempre oltre è la passione per il no- stro lavoro, la determinazione che ci contraddistingue e la tenacia, che ci permettono di superare gli ostacoli quan- do si presentano. Inoltre, anni fa abbiamo intrapreso un percorso di manage- rializzazione, inserendo figure con forti competenze speci- fiche da integrare alle nostre e con cui condividere impor- tanti progetti di crescita. Sono fermamente convinta che l’essere una squadra coesa e sinergica è un ulteriore fattore determinante e assolutamente vincente su tutti i fronti. Alla fine sono sempre le persone a fare la differenza. Quali i punti di forza di chi fa impresa nel Mezzogiorno e quali quelli di difficoltà? Nel 1986, all’inizio del nostro percorso imprenditoriale, le prime difficoltà erano rappresentate dalle lacune del tes- suto imprenditoriale del Meridione, in primis la totale man- canza di un distretto industriale, ovvero agglomerazioni di imprese di piccole e medie dimensioni nel territorio, spe- cializzate in una o più fasi di un processo produttivo e in- tegrate mediante una rete di interrelazioni. Data la forte decentralizzazione di tali aree, la mancanza di tali ecosistemi e di un tessuto imprenditoriale virtuoso, le difficoltà principali stavano nella ricerca dei fattori pro- duttivi oltre i confini locali, comportando un incremento di costi e tempi di trasporto delle materie prime, solo per fare un esempio. A questo si aggiungeva la mancanza di aree industriali strut- turate fornite di servizi. Mi riferisco alla carenza di infrastrut- ture, alla quale abbiamo sopperito attraverso investimenti e azioni mirate a poter sviluppare la nostra attività. Questo è uno dei motivi che ci ha spinto a sviluppare una quasi completa integrazione verticale dei processi produtti- vi e non solo, fattore che a oggi rappresenta uno dei nostri maggiori vantaggi competitivi. Il 97% del valore aggiunto del- la produzione, infatti, è realizzato in house, coprendo tutte le fasi che precedono la commercializzazione del prodotto: dall’analisi dei bisogni e delle opportunità del mercato alla progettazione, prototipazione e produzione dei manufatti. Ultimo, ma non per questo meno importante, le criticità che ogni giorno incontriamo per attrarre e trattenere talenti e capitale umano con competenze specifiche difficilmente rintracciabili al sud per la carenza di aziende con espertise simili alle nostre. Tuttavia, proprio queste difficoltà spesso nascondono opportunità. La consapevolezza delle mancanze del territorio e le critici- tà legate allo sviluppo di un’attività imprenditoriale al sud ci ha resi sempre più forti e pronti alle sfide quotidiane quan- to a quelle che il futuro ci riserva. Che significato ha per lei la nomina a Cavaliere del Lavoro? È, innanzitutto, un grande onore e una forte responsabili- tà nei confronti del territorio e del tessuto imprenditoriale pugliese, di cui quest’anno sono l’unica rappresentante. La nomina a Cavaliere del Lavoro è stata per me una grande soddisfazione non solo personale, ma anche un importan- te riconoscimento per tutta la mia famiglia – mio marito e mio fratello in primis – con cui ho fondato e tuttora con- duco l’azienda. Ma anche per tutti i nostri collaboratori che ogni giorno contribuiscono alla crescita e allo sviluppo del- la nostra realtà. Quando abbiamo iniziato eravamo in po- chi, ora siamo quasi 300. Questo dimostra come le persone e la squadra possono fa- re la differenza colmando il divario e le carenze di un terri- torio come il nostro, ancora molto da sviluppare.
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