Civiltà del Lavoro, n. 2/2020

12 Civiltà del Lavoro aprile • maggio 2020 PRIMO PIANO l 19 maggio, pochi giorni dopo il varo del Decreto Rilancio (che andrebbe ribattezzato Decreto Ristoro, perché è sostanzialmente un grande risar- cimento a imprese e famiglie per il blocco da coronavirus), a Francavilla Marittima, in Puglia, è stata posta la prima pietra della nuova Statale Jo- nica, opera da 1,3 miliardi che darà lavoro a 1.500 persone, connessa al Trans European Transport Network, fondamen- tale per migliorare la viabilità del Mezzogiorno. È stata una coincidenza simbolica, che ha indicato la neces- sità di avviare rapidamente, dopo la Fase 2 delle graduali e prudenti riaperture, la Fase 3 della ripresa economica. Le imprese e gli investimenti sono fondamentali per il succes- so di questa fase decisiva per evitare che l’inevitabile re- cessione si trasformi in depressione e desertificazione del sistema economico. E sarà fondamentale il rapporto delle imprese con lo Sta- to, che dovrà continuare a sostenere economicamente il sistema produttivo con garanzie sul credito, con erogazioni a fondo perduto e interventi di ricapitalizzazione, ma senza tentazioni stataliste e dirigiste che minerebbero la libertà e l’efficienza economica. Dal governo giungono a questo riguardo segnali non uni- voci: mentre il premier Conte e il ministro dell’Economia Gualtieri hanno escluso intenzioni dirigiste, il ministro del- lo Sviluppo economico Patuanelli, del M5S, in un’intervista dell’8 aprile scorso aveva ipotizzato la nascita di una “nuo- va Iri” in grado di fornire garanzie e credito e anche di “in- tervenire in caso di necessità nelle aziende e nelle filiere più sensibili”, come è stato già fatto con la statalizzazione da tre miliardi di Alitalia. C’è dunque più di un’ambiguità che il governo dovrebbe dis- sipare nei fatti per evitare che i legittimi orientamenti ge- nerali di politica industriale sulla sostenibilità, l’innovazione e la digitalizzazione, si trasformino in una nuova stagione dello “Stato imprenditore”, fonte di innumerevoli sprechi e scandali nei decenni passati, di cui non si sente proprio la mancanza. Il primo banco di prova sarà il funzionamento di “Patrimonio Rilancio” il Fondo da 50 miliardi affidato a Cassa Depositi e Prestiti, braccio operativo del Tesoro, proprio per parteci- pare alla ricapitalizzazione delle imprese medio-grandi. Per le imprese minori è invece previsto un contributo a fondo perduto pari a una percentuale dal 10 al 20% del minor fat- turato del mese di aprile, che potrà andare da un minimo di mille a un massimo di 40mila euro ad impresa. Per tutte le aziende si prevede poi una serie di incentivi fi- scali alle ricapitalizzazioni da parte degli imprenditori e dei cittadini, per far sì che il grande risparmio privato di cui sia- mo, come ha detto il ministro Gualtieri, “esportatori net- ti” (pari a oltre 4.200 miliardi) sia impiegato di più nell’eco- nomia nazionale anziché essere investito in attività estere. Anche a livello europeo si sta pensando a un intervento per ricapitalizzare le imprese ed evitare un loro sovrain- debitamento. Ne ha parlato il governatore della Banca centrale france- se Francois Villeroy de Galhau, che ha ipotizzato un fondo per le ricapitalizzazioni nell’ambito del Recovery Plan euro- peo, da affidare alla Banca europea degli investimenti (Bei). Questo fondo, insieme agli investimenti produttivi e infra- strutturali del Recovery Plan e della Bei, a quelli sanitari del Mes e al sostegno all’occupazione del Fondo Sure (di cui potremmo ottenere circa 20 miliardi), ha anche lo scopo di evitare che nella fase di rilancio si determinino troppe disparità tra i paesi dell’Unione. È stato infatti stimato che a fronte dei 300 miliardi che il nostro Paese sta stanziando complessivamente, la Germania sarebbe in grado di mobilitare almeno mille miliardi. L’inter- vento europeo dovrebbe anche mitigare queste differenze. Ma c’è un altro capitolo fondamentale per realizzare il ri- Dal ristoro AL RILANCIO I di Paolo MAZZANTI

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