Civiltà del Lavoro, n. 2/2020
20 Civiltà del Lavoro aprile • maggio 2020 PRIMO PIANO L a società e l’economia italiane sono at- traversate dalla più grave crisi della sto- ria repubblicana. Del tutto inattesa, di na- tura esogena, dai tempi di propagazione più rapidi tra mercati e paesi, dagli impat- ti sui livelli di attività economica e sul lavoro più profondi, più concentrati nel tempo e più pervasivi tra settori e ter- ritori rispetto all’ultima grande crisi avviatasi a fine 2008. La Svimez stima un calo del Pil italiano nel 2020 del -8,4%. Ne risentirà di più il Nord (-8,5% nel 2020), meno il Sud (-7,9%). Ma porta fuori strada osservare che la tradizionale asim- metria territoriale delle recessioni all’italiana, questa volta, penalizza le nostre aree forti. L’emergenza sociale già inve- ste il lavoro meno tutelato al Sud, dove le imprese avranno più problemi a ripartire. Il Nord sarà più pronto ad aggan- ciarsi alla ripresa globale, quando arriverà. Servirà una poli- tica nazionale di ricostruzione cooperativa capace di rian- nodare i fili spezzati tra Nord e Sud del Paese. Per lungo tempo, impigriti nel nostro benessere siamo stati ciechi nei confronti delle esigenze di modernizzare il Pae- se, sacrificando i beni pubblici nella corsa consumistica, e sordi nei confronti delle ineguaglianze sociali che ora in- deboliscono le capacità di autotutela delle parti più debo- li della popolazione. Poi, il brusco risveglio prodotto dalla diffusione della epi- demia del coronavirus e lo sgomento collettivo. Chi fino a pochi giorni prima della diffusione del virus si occupava di programmare la prossima settimana bianca o di compera- re l’ultima aspirapolvere intelligente oggi si preoccupa del- la scarsità dei posti letto nei reparti di terapia intensiva e dei tagli avvenuti nella spesa pubblica che hanno indebo- lito le istituzioni pubbliche, sanitarie, educative, a presidio degli interessi generali della collettività. In questa complessiva presa di coscienza del Paese, è emer- so in tutta la sua potenziale drammaticità il ripiegamento dello Stato in alcune aree di intervento essenziali, con un ampliamento dei divari territoriali. Quante volte nei giorni più difficili dell’epidemia abbiamo sentito esperti, giornalisti e politici dire “se il focolaio fosse avvenuto invece che in Veneto e Lombardia, in una regio- ne del Mezzogiorno sarebbe stato un disastro di propor- zioni assai maggiori”? Una cosa tanto vera quanto drammatica. Le lacrime di coc- codrillo di un’intera classe dirigente che ha ignorato gli effetti sulle disuguaglianze tra persone e territori che il susseguir- si di crisi economica e di politiche di risanamento finanzia- rio fatte di tagli orizzontali hanno determinato nel Paese. L’emergenza sanitaria di questi mesi impatta dunque su un’I- talia indebolita nelle sue difese e sempre più frammentata nelle sue disuguaglianze. Tutti ci siamo resi conto a febbraio scorso, di fronte all’arrivo del coronavirus, dell’inadeguata qualità degli ospedali meridionali, del minor numero di po- sti letto nei reparti di malattie infettive e dei posti in terapia intensiva. Abbiamo sperato che il virus rallentasse la corsa verso Sud, ci siamo affannati a cercare di compensare in pochi giorni i divari con le strutture delle regioni del Nord, anch’esse peraltro risultate inadeguate rispetto alle esigenze. Lo stesso sistema sanitario del Nord è apparso infatti me- no pronto di come era stato descritto negli anni della re- torica dell’efficienza lombardo-veneta. Abbiamo scoperto che anche in queste regioni nell’ultimo decennio si era ridotto il personale medico e infermieristi- co, erano diminuiti i posti letto negli ospedali, con un ruo- lo sempre più rilevante del settore privato, sovvenzionato Patto TRA NORD E SUD di Luca BIANCHI, Direttore Svimez L’emergenza sanitaria ha trovato un Paese indebolito e frammentato nelle sue disuguaglianze mostrando, anche nelle regioni più ricche, tutti i limiti delle scelte compiute negli ultimi anni
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