Civiltà del Lavoro, n. 2/2020

21 Civiltà del Lavoro aprile • maggio 2020 dal pubblico. È la stessa presunzione di autosufficienza re- gionale, alla base delle richieste di autonomia differenziata di cui abbiamo discusso negli ultimi anni, che si sgretola di fronte ad un’emergenza che ha portato le stesse Regioni del Nord a chiedere aiuto al governo nazionale e la solida- rietà (quella solidarietà tante volte evocata come un peso per la crescita) alle altre regioni del Paese. La sanità è però solo uno dei campi dell’azione pubblica, anche se il più importante insieme all’istruzione, in cui è possibile rilevare la permanenza di divari nell’offerta di ser- vizi generalisti che rendono limitata la cittadinanza in alcu- ne aree del Paese. Il fatto nuovo descritto negli ultimi Rapporti della Svimez è proprio l’interruzione, con la crisi del 2008, di quel pro- cesso di convergenza degli indicatori sociali (a partire dell’i- struzione) che ha attraversato l’intera storia repubblicana. Ne hanno risentito le fasce più deboli della popolazione in tutto il Paese, ma è al Sud, in particolare, che si sono aper- te le ferite più profonde, in termini di reddito e di occupa- zione, con l’aggravante di un ulteriore ampliamento delle già rilevanti disuguaglianze interne. Ciò si traduce nella percezione, già prima dell’arrivo di Co- vid-19, per chi ha la sventura di nascere al di sotto del Gari- gliano di una sorta di “cittadinanza limitata”, connessa alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni (Lep); li- mitazione che incide sulla tenuta sociale dell’area e rappre- senta il primo vincolo all’espansione del tessuto produttivo e all’attrazione di nuovi investimenti. Oggi al cittadino del Sud, nonostante una pressione fisca- le pari se non superiore per effetto delle addizionali loca- li, mancano (o sono carenti) diritti fondamentali: in termi- ni di vivibilità dell’ambiente locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura per la persona adulta e per l’infanzia. Si tratta di carenze di servizi che incidono sulla vita dei cittadini e che condizio- nano decisamente anche le prospettive di crescita econo- mica, perché diventano fattori che giocano un ruolo non accessorio nel determinare l’attrazione di nuove iniziative imprenditoriali. È fondamentale nella ripartenza dopo la crisi innescata dall’epidemia coronavirus non ripetere gli errori del passa- to. C’è ancora una “fase 1” da gestire per mettere al riparo dal rischio di fallimento una fetta importante dell’apparato industriale più dinamico del Nord del Paese, messo a dura prova dal lockdown, e per supportare con adeguate immis- sioni di liquidità le imprese più fragili del Sud. Ed estendere il più possibile le tutele del lavoro in questa fase sarà essen- ziale per non ampliare le aree di disagio sociale. Bisognerà poi costruire la “fase 2” della ricostruzione del post-coronavirus intorno alla consapevolezza nuova che la lettura di un’Italia divisa in due blocchi monoliti contrap- posti, Nord e Sud, è un fattore di debolezza strutturale del Paese. Proprio la strategia per la ripartenza ha bisogno di una forte strategia nazionale che, sulla base di standard di sicurezza omogenei, identifichi le filiere nazionali più rile- vanti per la ripresa economica e del lavoro e su questa co- struisca un nuovo piano di investimenti. L’apparato produttivo del Nord va supportato per evitare che si spenga il motore della crescita italiana, per la verità da tempo meno roboante di altri motori del Nord Europa. Ma c’è un pezzo di Paese che ha il motore spento da un pezzo e va riacceso. A partire dalle fondamenta, dalla rico- struzione dei diritti di cittadinanza negati del Sud. Perciò “la fase 2” andrà costruita intorno ad una politica naziona- le orientata alla ricostruzione dei diritti di cittadinanza nei trasporti, nella sanità, nell’istruzione. Riattivare gli investimenti al Sud è il modo più produttivo per l’economia e la società italiana, di valorizzare le interdi- pendenze tra le due aree. Vuol dire mettere il Mezzogior- no nelle condizioni di rafforzare il suo apporto alla crescita nazionale, contribuendo anche all’attivazione della doman- da interna. Servirà anche al produttivo Nord ricostruire il mercato interno nei tempi incerti di un probabile ripiega- mento degli scambi mondiali che non è detto riprendano ai ritmi del passato. In conclusione, la natura simmetrica di uno choc che colpisce tutti, paesi forti e paesi indebitati, regioni leader e regioni meno sviluppate, motiva la legitti- ma richiesta italiana di una politica solidale e cooperativa in Europa. Ma prima di tutto quella cooperazione deve per- meare la nostra politica nazionale. Il patto tra Nord e Sud, già urgente in tempi di normalità, oggi diventa una condi- zione necessaria. Luca Bianchi PRIMO PIANO

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=