Civiltà del Lavoro, n. 2/2020
29 Civiltà del Lavoro aprile • maggio 2020 di David Quammen, pubblicato per la prima volta nel 2012. Ma potremmo anche pensare ai sempre ricorrenti fenomeni di terremoti, cicloni, tsunami, inondazioni, e calamità varie che si abbattono periodicamente in tutto il mondo. Anche nel caso del terremoto del 2009 eravamo impreparati. La nostra Protezione Civile non aveva casette di legno, né di altro materiale, immediatamente disponibili, per esempio, e ha dovuto, in piena emergenza, individuare chi avrebbe po- tuto produrle e da lì iniziare. Con inaudite perdite di tempo. Lo stesso abbiamo visto ora per ventilatori, mascherine, tam- poni e strumenti di protezione delle persone, soprattutto del personale medico. Se fossimo stati preparati il costo in termini di vite umane e di distruzione economica sarebbe stato molto minore. Un amico mi inviò tempo fa una foto di famiglia scattata nel 1920 ai tempi della “Spagnola”: tutti con la mascherina. Quindi, sia pure in un mondo completamente diverso e con tecnologie del tutto differenti, alcune lezioni avrebbero po- tuto essere imparate. Se ci fosse stato un adeguato livello di preparazione la Pro- tezione Civile avrebbe potuto contare non solo su un cer- to quantitativo di questi presidi, ma avrebbe potuto ave- re dei piani di intervento rapidi con chiari accordi con chi avrebbe rapidamente prodotto quelli in aggiunta, mentre il contagio cresceva, e avrebbe avuto accordi con chi avreb- be potuto riconvertire le sue produzioni standard per adat- tarsi alla situazione. Non solo, gli ospedali avrebbero avuto istruzioni chiare su come trattare polmoniti anomale e casi sospetti, che si è poi saputo erano stati già rilevati in Germania, e non solo, con stupore e senza capirne le motivazioni né tanto meno indagarne le cause. In caso poi di scoppio di pandemia gli ospedali avrebbero già avuto piani di intervento predeterminati e solo da im- plementare, invece che mettersi a pensare cosa fare duran- te le fasi cruciali del problema perdendo un sacco di tem- po e realizzando soluzioni non ottimali. In più ancora si sarebbe potuto discutere con tutta tran- quillità il tema della prevalenza delle decisioni del governo centrale rispetto alle decisioni regionali e concordata una catena di comando chiara e compresa da tutti, evitando le molte comunicazioni disallineate che hanno confuso gran parte dei cittadini. E soprattutto si sarebbe potuto discute- re e risolvere il dilemma tra la prevalenza della tutela della salute pubblica rispetto alla tutela della privacy, questione non risolta e ad oggi neppure affrontata. Ma che avrebbe permesso una più efficace e tempestiva tracciatura dei con- tagiati ed evitare il diffondersi del contagio stesso. Non è un caso che il paese che ha gestito di gran lunga me- Cesare Valli glio la situazione sia stato la Corea del Sud. A fine febbra- io sono stati colpiti dal Covid-19 e come tutti gli altri paesi hanno subìto l’impennata dei contagi arrivati ad oltre tremila casi in pochi giorni. Mentre, però, la curva degli infettati in tutti gli altri paesi continuava ad impennarsi, in Corea ha co- minciato a livellarsi sull’andamento che chiamano “plateau”. Sono stati capaci di contenere molto rapidamente il conta- gio basandosi sull’esperienza di pochi anni prima del conta- gio della Mers e avendone studiato le implicazioni. Nel 2015 furono incapaci di tracciare i movimenti del cosiddetto “pa- ziente 1” che, spostandosi da un ospedale all’altro per esse- re curato, cominciò l’espansione del contagio. Studiando la casistica di questa calamità evidenziarono la assoluta importanza dei test diagnostici e di misure di pre- venzione dell’infezione. Il primo caso di Covid-19 fu annun- ciato in Cina il 31 dicembre 2019 e cominciò ad espander- si nel mondo. Il 17 febbraio la Corea del Sud, pur con solo 30 casi di infe- zione conclamati mentre in Cina erano già 72.436, aveva già provveduto in precedenza ad attivare le società biotech del paese per sviluppare un nuovo test sul nuovo coronavirus. In non molti giorni furono prodotti migliaia di nuovi test sensibili alla nuova forma di coronavirus. Questi test furo- no immediatamente distribuiti a tutti gli ospedali del pae- se con precise istruzioni di utilizzo in preparazione di una ipotetica crisi di contagi. Infatti, con gli ospedali opportunamente attrezzati e dotati di test fu tempestivamente individuata la paziente n. 31 che si era recata all’ospedale con la febbre. E così sono stati tracciati i movimenti della paziente prima che fosse testata positiva, individuate e testate le persone PRIMO PIANO
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