Civiltà del Lavoro, n. 2/2020

2000 1% 0,5% 1,5% 2% 2,5% 3% 3,5% 2004 2002 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2017 Francia Germania Italia Regno Unito Spagna UE-28 Stati Uniti Giappone 49 Civiltà del Lavoro aprile • maggio 2020 FOCUS SPESA IN RICERCA ANCORA TROPPO BASSA In Italia la spesa per Ricerca e Sviluppo in rapporto al Prodotto in- terno lordo ha fatto registrare negli ultimi anni una lieve ri- presa, passando dall’1,0% del 2000 a circa l’1,4% del 2016, grazie anche all’interruzione del trend di diminuzione degli stanziamenti pubblici. Si tratta tuttavia di cifre ben al di sot- to di quello che ci si aspetterebbe da un paese interessato non solo ad avere un ruolo nel mercato globale ma, molto più semplicemente, interessato al suo futuro. A leggere bene i dati una prima considerazione da fare è che il lieve aumento degli investimenti potrebbe essere l’e- sito di un artificio matematico: l’aumento è dovuto più alla diminuzione del Pil, il denominatore, che a un reale aumen- to degli investimenti assoluti, il numeratore. In ogni caso, a restituire il quadro c’è il fatto che nello stesso periodo la media europea è passata dall’1,7 al 2,0%. Il gap rispetto al resto d’Europa e rispetto ai paesi più avan- zati si allarga di anno in anno e sulla scena mondiale gio- cano ormai un ruolo di primo piano nuovi attori, a partire dalle tigri asiatiche (Cina e Corea del Sud investono rispet- tivamente in R&S il 2,1% e il 4,3% del Pil). Un altro dato può aiutare a rendere il quadro ancora più chiaro. Sebbene l’approvazione del Programma nazionale della ricerca 2015-2020, il lancio di Industria 4.0, l’estensione degli incentivi fiscali per la ricerca privata e i finanziamen- ti per le università con una più elevata qualità della ricerca abbiano dato significative boccate d’ossigeno a un sistema dal respiro sempre più corto, la spesa pubblica per ricer- ca e sviluppo è diminuita in termini reali del 20% dal 2008 al 2016 e quella per le università statali è stata ridotta del 14% dal 2008 al 2014. Si dirà, è stata una scelta dettata dalle politiche di austeri- ty. E invece no. Gli investimenti pubblici in ricerca sono di- minuiti di quasi il 40% tra il 2005 e il 2017 rispetto all’inte- ra spesa dello Stato. Al contrario, in Germania gli investimenti sono passati dall’1,6 al 2,0% della spesa pubblica. Cosa se ne ricava? Che men- tre Berlino ha creduto nella scienza, il governo di Roma ha fatto cassa sulla scienza. Una buona notizia è che sono aumentati gli investimenti pri- vati. Va detto, però, che la base di partenza era molto bassa e che il sistema produttivo italiano segue, tutto sommato, un modello di sviluppo con poca ricerca. In altri termini, la specializzazione produttiva del nostro Pae- se resta nel campo delle basse e medie tecnologie. POCHI MA BUONI? (SÌ, MA NON BASTA) Nonostante la cornice di riferimento, la qualità della ricerca italiana rimane tuttavia competitiva a livello globale. I ricercatori italiani ri- escono a produrre studi giudicati di grande impatto dai SPESA IN RICERCA E SVILUPPO IN RAPPORTO AL PIL Fonte: Oced, Main Science and Technology Indicators database (maggio 2019) Nonostante la qualità dei risultati, l’Italia investe in ricerca meno dell’1,5 del Pil: una cifra ben al di sotto di quello che ci si aspetterebbe da un Paese interessato non solo ad avere un ruolo nel mercato globale ma, più semplicemente, interessato al suo futuro

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