Civiltà del Lavoro, n. 3/2020
13 Civiltà del Lavoro giugno • luglio 2020 Come potremo utilizzare questi soldi? C’è chi ha propo- sto di usarli anche per ridurre le tasse. Un vincolo di obiettivo c’è sempre e dipende dal tipo di fon- do. Faccio alcuni esempi. Il Sure è un sostegno alle forme di cassa integrazione (all’Ita- lia arriverebbero 15/18 miliardi di euro nel prossimo triennio). La speciale linea del Mes va solo alle spese per l’emergenza sanitaria (per l’Italia, 35/37 miliardi, in prestito una tantum, con un risparmio sui tassi di circa 400/500 milioni l’anno su dieci anni). Il ben più capiente “Recovery and Resilien- ce Facility” (proposto di 560 miliardi, di cui per l’Italia circa 88 in sussidi e 64 in prestiti) dev’essere utilizzato per finan- ziare investimenti e riforme; da notare la congiunzione ‘e’. I primi devono vertere essenzialmente su green e digitale e favorire la coesione economica e sociale. Alle riforme si ri- chiede un carattere strutturale a vantaggio della competi- tività e di collimare con le raccomandazioni specifiche che ogni anno l’Ue rivolge agli Stati membri. Queste ultime per l’Italia evocano priorità che conosciamo bene, fra le quali: bilanci sani e sostenibilità del debito pubblico; efficienza del- la Pubblica amministrazione, incluso il pagamento dei debi- ti verso le imprese; efficacia del sistema giudiziario; stimoli all’occupazione. Si parla anche di tasse con richiami a ridur- re quelle sul lavoro, all’equità fiscale, al contrasto dell’eva- sione; dunque, non interventi congiunturali o temporanei. Per il Recovery Fund la presidente Von der Leyen ci ha esortato a preparare progetti dettagliati e a rispettarli nei tempi. Ne saremo capaci? Questo fondo Ue sarà gestito direttamente dalla Commis- sione europea che ne risponde legalmente ai sensi della puntigliosa nuova normativa europea. Dovrà quindi vagliare ex ante ciascun piano nazionale e i singoli progetti; seguirne passo dopo passo l’esecuzione; fare un’accurata verifica finale. Ogni Stato presenterà il proprio piano e i progetti concreti a partire dal 15 ottobre prossimo; dovrà specificare i detta- gli dell’investimento o della riforma (obiettivi, costi, benefi- ci) e fissare un cronoprogramma vincolante, precisando le misure già adottate per garantirne la realizzazione. Per quest’ultima, comunque, è fissato un tempo massimo di anni: quattro per le riforme, sette per gli investimenti. Il finanziamento Ue agli Stati è versato a tranche dalla Com- missione, solo dopo aver accertato il rispetto delle tappe del cronoprogramma; se no, la Commissione può sospen- derli o cancellarli, con restituzione di quanto percepito. Penso che, oltre all’individuazione di progetti adatti e di li- vello, l’osservanza di costi, spese e tempi sarà risolutiva. Ecco un’ulteriore prova del nove per la nostra Italia: la pro- gettazione dev’essere lungimirante, coerente e i controlli penetranti, ma non tali da rallentare o scoraggiare. Alle riforme si richiede un carattere strutturale a vantaggio della competitività e di collimare con le raccomandazioni speci che che ogni anno l’Ue rivolge agli Stati membri PRIMO PIANO
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