Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2020

12 Civiltà del Lavoro ottobre • novembre 2020 n centinaio di progetti raccolti in una ventina di cluster e in quattro grandi capitoli: sostenibilità, digitale e inno- vazione, infrastrutture, ricerca-forma- zione-coesione sociale. È questo, in estrema sintesi, il Reco- very Plan italiano che il governo sta discutendo con la Commissione eu- ropea in vista della presentazione dettagliata dei progetti entro il prossimo gennaio, sempre che i governi europei tro- vino l’intesa tra loro e con l’Europarlamento sul bilancio set- tennale Ue, cui è agganciato il programma Next Generation Ue (Ngeu) da 750 miliardi, di cui 209 per il nostro Paese. Il ministro Vincenzo Amendola, coordinatore del Comitato interministeriale per gli Affari europei che con la sovrinten- denza del premier Conte sta elaborando il Recovery Plan nazionale, è fiducioso che i contrasti europei saranno su- perati e la tabella di marcia del Ngeu sarà rispettata: appro- vazione dei piani nazionali entro la primavera; stanziamen- to dei primi fondi entro il giugno 2021 (per il nostro Paese circa 20 miliardi); impegno dei fondi entro il 2023; comple- tamento dei progetti entro il 2026; erogazione dei fondi a stati d’avanzamento dei progetti con la possibilità di attiva- re un “freno” agli stanziamenti, anche su richiesta dei sin- goli Stati, se un Paese non dovesse rispettare i programmi. È una tabella di marcia estremamente sfidante per il nostro Paese che è cronicamente in ritardo, per esempio, nell’uso dei fondi strutturali europei e nella realizzazione delle ope- re pubbliche (con l’eccezione del Ponte di Genova), col ri- schio costante di perderli o disperderli in opere pubbliche di scarso impatto sulla crescita e sulla produttività. Questo è forse il maggior rischio del Recovery Fund: cioè la nostra capacità di spendere entro il 2026 i 209 miliar- di che arriveranno dall’Europa e che non potranno esse- re utilizzati per alimentare le spese correnti, come un au- mento stabile dei sussidi o una riduzione strutturale delle tasse, ma dovranno essere impiegati per realizzare investi- menti aggiuntivi in grado di aumentare la produttività e il Pil del nostro Paese. SEMPLIFICARE PER SPENDERE Bisognerà, dunque, ac- compagnare gli investimenti con riforme che ci consentano di spendere bene i soldi europei, dalla drastica semplificazio- ne amministrativa (ben al di là delle innovazioni introdotte dal Decreto semplificazioni) fino al miglioramento della giu- stizia civile, penale e amministrativa che spesso frena l’atti- vità economica. E bisognerà affidare gli investimenti a una struttura manageriale e di monitoraggio in grado di assicu- rare la realizzazione dei progetti secondo i tempi previsti, an- che con la possibilità di trasferire le risorse da un progetto all’altro in caso di inerzie o ritardi non recuperabili. Intanto Regioni e Comuni chiedono di ottenere la loro fetta di Re- covery Plan (la sindaca Raggi ha già presentato un elenco di investimenti da 25 miliardi per Roma) e questo, se da una par- te può consentire di accelerare la spesa, dall’altra rischia di far perdere al programma la necessaria unità d’impostazio- ne. Per quel che riguarda i singoli progetti, il premier Conte ha annunciato che una settantina di miliardi saranno impie- gati per la sostenibilità ambientale e la transizione energeti- ca, con provvedimenti come la prosecuzione almeno trien- nale del Superbonus edilizio al 110% per la ristrutturazione energetica e sismica degli edifici, il programma Industria 4.0 per gli investimenti ecologici oltre che digitali delle imprese, lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dell’auto elettrica e delle tecnologie energetiche di punta come l’idrogeno e la cattu- ra della CO 2 (vedi articolo sul Green Deal). I “MAGNIFICI CENTO” U di Paolo MAZZANTI Sostenibilità, digitalizzazione, infrastrutture, ricerca e formazione per cambiare il ritmo di crescita del Paese. Ma la vera s da è spendere presto e bene i 209 miliardi che arriveranno dall’Europa PRIMO PIANO

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