Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2020

30 Civiltà del Lavoro ottobre • novembre 2020 La richiesta e il consumo di contenuti Tv si è impennato durante il lockdown di marzo-aprile, ciò ha reso più impe- rativa che mai la ripartenza. Noi siamo stati i primi a ripartire appena è stato possibile anticipando la cassa integrazione a coloro i quali erano ri- masti a casa durante il lockdown. Ci siamo fatti da subito promotori della necessità di proto- colli specifici per il nostro settore che permettessero di la- vorare in sicurezza senza sacrificare la qualità del risultato finale. Una volta adottati si sono dimostrati tanto efficaci da diventare un caso di eccellenza globale: ci hanno permes- so di ripartire prima dei nostri concorrenti internazionali, tornando ad essere un esempio per il resto del mondo nel settore audiovisivo. La situazione è critica e gli ostacoli sono molteplici, in pri- mis un lievitare dei costi di cui, in un settore già ad alto ri- schio d’impresa, non è facile farsi carico. Ma in ogni crisi vedo, però, sempre una opportunità: l’au- diovisivo italiano ha dimostrato una competenza e capaci- tà imbattute in questa crisi, che certamente non sono pas- sate inosservate nel resto del mondo. Abbiamo l’opportunità di essere il Paese dove produrre contenuti di altissima qualità in sicurezza. Quali nuove procedure avete introdotto e, più in gene- rale, come è cambiato il modo di lavorare dentro la sua azienda? Abbiamo investito in protocolli capillari, specifici per ogni area di produzione, dalle diverse aree del set agli uffici. Le misure iniziano dall’accesso ai nostri set, possibile solo attraverso il passaggio in uno speciale macchinario Saniti- zer all’ingresso, si estendono alla sanificazione quotidiana degli ambienti di produzione e di ufficio, lo svolgimento re- golare di test sierologici, antigenici e molecolari per perso- nale e artisti, all’utilizzo di dispositivi di protezione, come la mascherina che ormai indossiamo sempre tutti, ma anche schermi plexiglass e accesso riservato, sia nei teatri di po- sa che negli uffici, al solo personale aziendale. La struttura applicata funziona a cerchi concentrici: più ci si avvicina al “cuore” di una serie, il cast, il regista e la crew principale e più i controlli sono stretti intensi e regolari. Abbiamo modificato i piani di lavorazione per ridurre al massimo l’esposizione a rischi di contagio. Da un lato concentrandoci sulle riprese in studio, amplian- do anche le nostre strutture proprietarie: per “Leonardo”, ad esempio, abbiamo costruito un enorme backlot a For- mello, accanto ai nostri 6.000 metri quadri di studi che ci permettesse di svolgere all’interno riprese inizialmente pre- viste in esterno. Dall’altro, organizzando le riprese in doppia unità, una ge- stione che consente di accelerare i tempi di produzione e diminuire la permanenza sul set. La pandemia ci ha costretti ad interrompere anche le ripre- se di Doc, serie televisiva di successo in onda su Rai 1 che durante il lockdown ha registrato una media del 29,7% di share (otto milioni di telespettatori). Doc è stata la serie più vista su Rai 1 degli ultimi 13 anni. In che misura ha potuto fare ricorso allo smart working e qual è la sua valutazione complessiva sullo strumento? Il settore della produzione audiovisiva ha delle specificità che rendono difficoltosa l’applicazione totale dello smart working, specialmente in alcune aree di produzione mate- riale sui set. Tuttavia, lo incoraggiamo e implementiamo in ogni altra area possibile. Una foto di scena dalle riprese di Leonardo PRIMO PIANO

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