Civiltà del Lavoro, n. 6/2020
Civiltà del Lavoro dicembre 2020 65 La vendita al dettaglio sta attraversando un momento di grande incertezza. Quali scenari intravede nel pros- simo futuro? Così come tutte le rivoluzioni, anche la dura prova del co- ronavirus porterà a un cambiamento radicale del consuma- tore e delle sue abitudini. Questo comporterà che chi saprà intercettare prima de- gli altri questi cambiamenti e riuscirà a organizzarsi per ca- valcarli, potrà continuare a essere un player con un futuro stabile e duraturo. Bisogna ammettere che questi cambiamenti già erano vi- vi nella nostra economia prima del Covid-19, quest’ultimo è stato solo un enorme acceleratore per il nostro Paese. Da anni, infatti, si parla di sviluppo tecnologico, del web e delle vendite online e molti vedevano questi elementi an- cora come una cosa lontana dal nostro quotidiano e forse pensavano che alcuni settori potessero sfuggire a questa onda nuova, ma così non è stato, anzi, ora il web farà da ve- ro selezionatore tra gli attori che saranno presenti nel fu- turo e quelli che, ahimè, saranno spazzati via. Lo dice una persona che nel lontano 1975 aveva organizza- to i suoi uffici con i primissimi pc e che già allora pensava che il progresso non potesse essere fermato. Ci sono grandi aspettative sull’utilizzo dei capitali del co- siddetto Recovery Fund. Quali le priorità da cui partire? La sfida a cui il Covid-19 ci ha messo di fronte richiede una energia pari solo a quella profusa nei dopoguerra di quasi un secolo fa. Come per allora non c’è stata una sola leva che ha fatto risollevare le economie mondiali, di sicuro quella principale e della quale una nazione come l’Italia non può prescindere è rappresentata dalle opere pubbliche, delle quali l’Italia ha bisogno siano esse piccole, medie o grandi. È indispensabile mettere mano a un ammodernamento e ampliamento delle autostrade, delle ferrovie e dei porti, spe- cie in zone d’Italia come il Mezzogiorno dove sono enormi i gap strutturali se li paragoniamo al Nord. Ma il Sud ha bi- sogno anche di altre infrastrutture che potranno, direi fi- nalmente, dare un cambio di passo ad una area sulla quale da decenni si è provato ma mai si è riusciti a dare il cam- bio di passo vincente. Individuare i contenuti, però, è solo una parte del lavoro, forse la più semplice; quella complicata e che richiede una diversa mentalità manageriale della macchina statale è in quale modalità e soprattutto in che tempi saranno utiliz- zate le somme messe a disposizione dal Recovery Fund; è, infatti, su questo ultimo aspetto che l’Italia si gioca la sua vera partita del XXI secolo. Cosa rappresenta per lei la nomina a Cavaliere del Lavoro? È un riconoscimento di cui sono orgoglioso perché pre- mia non solo la quantità, ma soprattutto la qualità del mio lavoro e della mia persona; è l’apoteosi di un percorso di vita fatto di impegno e dedizione in tutto ciò che ho fatto. Se guardo indietro, a quel lontano 1968, mai avrei immagi- nato di ricevere una onorificenza così importante. L’abne- gazione profusa durante questi 50 anni è stata dovuta solo alla voglia di vedere sempre crescere la mia azienda e mai per poter ambire a premi personali. Non posso nascondere, però, che quando è arrivata la no- mina è stato un momento di gioia immensa, che ovviamen- te ho condiviso con la mia famiglia che mi ha accompagna- to e sostenuto durante tutta la mia vita. Oggi sto vivendo tutto nella consapevolezza di dover continuare a essere un esempio fattivo per gli altri, in special modo in un’Italia stre- mata dalle conseguenze generate dal Covid-19.
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