Civiltà del Lavoro, n. 1/2021
Civiltà del Lavoro gennaio • febbraio 2021 limitato numero di esponenti del governo che si assumono la responsabilità di fissare le strategie, le priorità e l’insieme dei progetti generali del Pnrr sulla base dell’interlocuzione con istituzioni e corpi intermedi e delle necessarie appro- vazioni democratiche da parte degli altri detentori del po- tere esecutivo e legislativo. In una situazione ideale l’Italia avrebbe dovuto pervenire a tale stadio all’inizio dello scor- so ottobre. Si tratta poi di trasformare il limitato insieme di progetti generali in pochi progetti dettagliati ed esecu- tivi. Qui il compito va, a mio avviso, affidato a una struttura tecnica composta da membri della Pubblica amministrazio- ne e da esperti esterni. Il coordinamento di tale struttura, che potrebbe articolarsi in sottogruppi per aree di com- petenza, andrebbe affidato a un nucleo di esperti che so- no nominati dalle più alte cariche dello Stato, che rispon- dono alla cabina di regia e che propongono i componenti della struttura tecnica. I coordinatori e la struttura tecni- ca dovrebbero essere in grado di selezionare e mobilitare, nel quadro legislativo definito dal governo e dal Parlamen- to, gli attori pubblici e privati necessari per attuare i pro- getti; e dovrebbero avere la responsabilità del controllo e della verifica delle varie fasi di attuazione. Tutto ciò mostra quanto sia rilevante la governance per il successo nella de- finizione e nell’esecuzione del Pnrr. Uno dei temi centrali è il monitoraggio degli investimenti e dei tempi di esecuzione e di eventuali poteri commis- sariali sostitutivi in caso di ritardi: come articolare que- sto delicato intreccio tra strutture ordinarie e struttu- re straordinarie? L’intreccio è effettivamente delicato. Ed è difficile appro- dare a proposte concrete nell’attuale vuoto di definizione della governance. Assumendo, però, che si pervenga a costruire una struttu- ra tecnica quale quella sopra delineata, credo che quest’ul- tima debba essere dotata di poteri (nel caso estremo, an- che commissariali) per garantire l’esecuzione nei tempi e nelle modalità previste e il relativo puntuale monitoraggio dei diversi progetti. Si considerino, infatti, tre aspetti. Il primo è che, essendo ottimisti, la struttura tecnica avrà un paio di mesi per concretizzare i disegni progettuali e fissar- ne l’esecuzione; dunque, la specificazione della fase di attua- zione presenterà inevitabili deficienze da colmare in corso d’opera. Il secondo aspetto è che i tempi di attuazione di ognuno dei grandi progetti, finanziati dal Rrf, sono limitatis- simi rispetto alla media nazionale: si tratta di completare, al massimo in cinque anni, investimenti e riforme che solita- mente richiedono in Italia più di un decennio. Il terzo aspetto è che, se in fase di esecuzione un paese non rispetta i tempi e i costi previsti nel Pnrr, rischia di non avere accesso ai fondi stanziati dalla Commissione. Insom- ma, l’Italia rischia di incassare, nell’estate del 2021, i circa 26 miliardi di anticipo (ossia il 13% dei 196 miliardi di euro del Rrf, disegnati nel Pnrr) e di raccogliere poi briciole rispetto ai restanti 170 miliardi. È necessario che, senza ovviamente forzare il quadro del- le regole della democrazia e dell’efficienza economico-so- ciale, si faccia di tutto per evitare che un simile rischio si concretizzi. Il tempo è, però, quasi scaduto. La speranza è di riuscire ad attivare una vera e propria mobilitazione del Paese per rendere la sfida fattibile. Le riforme e gli investimenti pubblici dovranno essere il volano per l’offerta di servizi e per processi produttivi che coinvolgano anche attori privati; inutile ribadire che questo coinvolgimento comporta complesse procedure di selezione che dovranno essere attuate in poco tempo ma in forme rigorose 19 PRIMO PIANO
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